Trentuno maggio, per non dimenticare
30 may 2016
Oggi nelle strade di Prijedor, ma anche in altre città del paese, si commemora la Giornata delle fasce bianche. In memoria delle migliaia di civili non-serbi deportati e uccisi nei primi mesi di guerra dopo che vennero obbligati, a partire dal 31 maggio del 1992, a portare una fascia bianca al braccio.
Il 31 maggio del 1992 le autorità di Prijedor obbligarono tutti i cittadini non serbi ad appendere uno straccio bianco o un lenzuolo ad una finestra delle proprie case. Fuori di casa furono obbligati a portare al braccio una fascia bianca. Nei mesi che seguirono 31.000 civili di Prijedor vennero rinchiusi nei lager, 53.000 persone furono vittime di persecuzione e deportazione. Di questi, 3.173 vennero uccisi e tra di loro c'erano 102 bambini.
Nel ventennale, le autorità di Prijedor negarono alle associazioni di vittime civili di guerra della città il diritto a organizzare una commemorazione pubblica. Per protesta, il 31 maggio del 2012 un ragazzo di Prijedor, Emir Hodžić, decise di mettersi da solo in piedi nella piazza principale della città con una fascia bianca al braccio: “L'ultimo ricordo che mi era rimasto da piccolo, quando sono dovuto scappare da Prijedor per finire profugo in Nuova Zelanda, era di terrore... ci ho messo due anni, ad esempio, a smettere di avere paura a dire il mio nome. Quando ho deciso di mettermi in mezzo alla piazza, da solo con la fascia bianca, volevo dimostrare che ogni singolo può fare qualcosa per protestare e cambiare le cose.”
Sono le prime parole di Emir, uno degli intervistati nel documentario “Trideset prvi maj” (Trentuno maggio) realizzato nel 2015 dal movimento “Jer me se tiče”. “E mentre ero lì da solo in mezzo alla piazza, avevo sperato che qualcuno si fermasse per chiedermi 'Tu che ci fa qui?'. Invece non è successo... la gente passava ignorandomi o sogghignando. E' stato sconvolgente e allo stesso tempo mi ha dato maggior forza per continuare nella lotta, assieme ad altri, nella difesa di basilari diritti umani negati”.
Il gesto di Emir non passò inosservato. Il fatto che nonostante il divieto di manifestare, da solo avesse deciso un'azione di questa forza, uscì sui giornali e arrivò alle orecchie di altri giovani.
Tijana Cvjetićanin racconta nel documentario che letta la notizia rimase scioccata perché scoprì un fatto, accaduto nel 1992, di cui non sapeva nulla: “Scoprii che quella di Emir era stata una protesta personale alla negazione del diritto alla memoria delle vittime civili di Prijedor. Cominciai a cercare più informazioni possibili perché non ne sapevo assolutamente nulla e rimasi scioccata. Così decisi di attivarmi anch'io”. Un altro giovane intervistato, Nikola Kuridža, sentì parlare dell'iniziativa avviata da alcune persone a Prijedor affinché si istituisse la Giornata internazionale delle fasce bianche: “Allora, per solidarietà, appesi un lenzuolo alla finestra e indossai per tutto il giorno la fascia al braccio. Ma solo dopo, per caso, conobbi Emir il quale mi spiegò nel dettaglio il senso profondo dell'iniziativa e cioè che non aveva a che fare con una posizione 'nazionalista' a sostegno dei soli bosgnacchi, ma per tutte le vittime civili della guerra”.
Dopo il gesto solitario di Emir Hodžić ripreso dai media, attivisti e attiviste di tutta la Bosnia Erzegovina cominciarono ad esprimere sostegno all'iniziativa e formarono il movimento dal basso “ Jer me se tiče” (Perché mi riguarda) spontaneo e senza alcuna struttura di potere coinvolta. L'obiettivo del movimento era organizzare eventi e momenti in memoria di tutte le vittime civili della guerra. Il lancio ufficiale del movimento avvenne a Sarajevo all'Art Kino Kriterion il 16 aprile del 2013, con una serata alla quale parteciparono duecento giovani di giovani e sostenuta pubblicamente dal gruppo musicale Dubioza Kolektiv.
Il 31 maggio di quell'anno si tenne la prima manifestazione pacifica per le vie di Prijedor alla quale parteciparono decine di persone provenienti da molte città del paese, mentre il sindaco Marko Pavić commentò: “Il Comune non ha nulla a che fare con questa commemorazione. E' una semplice parata gay”. I parenti dei 102 bambini uccisi a Prijedor fecero la richiesta di erigere in città un monumento in memoria di quei bambini e nel 2014 venne lanciata una petizione, firmata da 1175 cittadini di Prijedor oltre a 242 di altre città, poi presentata al Comune di Prijedor. Una richiesta ad oggi rimasta lettera morta.
Così oggi, 31 maggio 2016, con partenza alle ore 13.00 all'inizio della zona pedonale, il movimento “ Jer me se tiče” porterà di nuovo i manifestanti per le strade di Prijedor con la fascia bianca al braccio e, come fatto i due anni passati, nella piazza principale lascerà a terrà un cerchio di 102 rose bianche: ognuna avrà un bigliettino bianco attorno al gambo, con scritto il nome e l'età di ciascun bambino ucciso ventiquattro anni fa. Come accaduto l'anno scorso, in diverse città del paese si terranno iniziative legate alla Giornata internazionale delle Fasce bianche.
“E' semplicemente venuto il momento” conclude Emir Hodžić nel documentario, “di occuparci una volta per tutte di un tema tabù con cui l'intera Bosnia Erzegovina viene tenuta in ostaggio dalla politica 'monoetnica' che fa solo gli interessi delle élite politiche e che viene usata per tenere alto il livello della tensione e continuare a saccheggiare il paese”.
Guarda il documentario “Trideset prvi maj”