Altripiani: le montagne delle panchine
26 may 2016
La quinta settimana di Altripiani, un viaggio a piedi attraverso i Carpazi, di cui Osservatorio Balcani e Caucaso è media partner.
Qui di seguito il diario di Giacomo Frison ed alcune fotografie:
“Quinta settimana e oltre. Dieci intensi giorni bulgari dall'ultimo aggiornamento. Glorija torna a parlare la lingua slava dopo che in Romania ci siamo divertiti entrambi con rumeno, italiano, inglese, tedesco, ungherese e spagnolo mescolato a piacere.
È sempre incredibile come stiano in piedi le conversazioni quando si viaggia. La prima notte bulgara un vero test-stress vento per la tenda, sembrava di essere in barca a vela, ma eravamo su una bellissima dorsale verde stretta nel triangolo serbo-bulgaro-rumeno.
Alla fortezza di Belogradčik nel nord-ovest del Paese siamo stati a passeggiare tra i massicci di arenaria rossa dove l'erosione ha modellato la roccia creando colonne irregolari dalle forme suggestive. A Berkovica mangiamo burek di formaggio in crosta di pane e un uovo come ciliegina ad amalgamare il tutto. A Bobo appassionato di storia hanno appena regalato due cassette di fragole, è felice di accoglierci sulla sua auto e condividere il suo dolce bottino. Ci racconta che i bulgari erano ottimi arcieri a cavallo tanto da galoppare all'indietro, che le piccole città che stiamo attraversando sono tra le più povere della Bulgaria perché create solamente a difesa di un'ipotetica invasione di Tito. Lui si occupa di programmi Erasmus per i giovani. Alla capitale Sofia ci giriamo attorno e arriviamo a Somokov ai piedi dei monti Rila. Faccio in tempo a catturare l'alta lama bianca del Musala (2925m) con il 135mm, ma "perdiamo" il monastero di Rila tra le nuvole.
Il brutto tempo costringe ancora ad altri-piani e sul camion di Costantin costeggiamo la Marica, il fiume che corre tra i Balcani e i Rodopi tagliando la Bulgaria da nord-ovest a sud-est dove poi entra in Grecia. Plovdiv sta lungo la strada che dall'Europa conduce a Levante ed è un vero complesso dell'essenza balcanica, il miscuglio di civiltà. In questa città sono passati: turchi, greci, armeni, ebrei, albanesi, zingari e pomacchi. Proprio questi ultimi mi incuriosivano.
Ho comprato una mappa dei Rodopi, che più la consulto più si strappa. Infilati nelle boschive vallate incontriamo la polizia di frontiera in tenuta verde e dal modo scherzoso, ci riconoscono esperti e ben equipaggiati, ma si raccomandano: "Be Smart!" In un paio di giorni accumuliamo più di 60 chilometri a piedi per monti e villaggi, una notte dormiamo nel fienile di Cevdar vestito da soldato russo della prima guerra mondiale. La colazione a tre chilometri in linea d'aria dalla Grecia è in compagnia dell'intero villaggio di Kesten. Ognuno vorrebbe la sua foto. Ci scrivono indirizzi e si aiutano per come scriverli in caratteri latini.
Ecco le cicogne che volano beate nella corrente d'aria con quella linea aerodinamica e zampe parallele. A Ljaskovo, chiasso slavo, operai orgogliosi ci pubblicizzano festival e avvenimenti nei Rodopi: "Dovete tornare a settembre, ma anche in marzo!" - "Ajde, ajde!" Qui la rakja è aperitivo e il SÌ è un no con la testa, cose da farti sentire ubriaco prima di esserlo. Se tirassi fuori la mappa sarei finito. Le donne danno il benvenuto, baciano Glorija e sembra una festa ogni volta che passiamo con i nostri pesanti zaini colorati.
È dai primi Carpazi che troviamo panchine lungo il nostro girovagare. Ne abbiamo trovate di tutti i tipi, con giovani, con donne, con bambini, con gatti sopra, con cani sotto, con asini o cavalli a fianco, ma anche vecchi che fumano, che giocano a carte o amici che guardano il vuoto. Gente sola o gente seduta in compagnia, qualcuno saluta ed altri giustamente aspettano la nostra parola di viandanti. Qui nei Rodopi, un posto che forse se il tempo atmosferico fosse stato più favorevole non avremmo mai raggiunto per percorrere con più lentezza altri luoghi, l'elemento "panchina" è straordinario.
Sarà il sole, sarà il bisogno di riflettere, ma questo Altripiani lo finiamo qua tra grandi spazi e generosa ospitalità. Questo è uno dei grandi piacere ricorrenti di questo genere di viaggi: la consapevolezza che nessuno al mondo può sapere dove ci troviamo, probabilmente perché nemmeno noi potremmo dirlo con chiarezza. Altripiani alla prossima”.