La scorsa primavera il governo bulgaro ha annunciato di voler riavviare un progetto di costruzione di un impianto nucleare nei pressi della città di Belene, in passato campo di prigionia per dissidenti politici. Continua anche in questi ultimi mesi la protesta di associazioni ambientaliste ed economisti che la considerano una scelta rischiosa non solo per la tutela ambientale e la salute pubblica ma anche per l'economia del Paese.
Il 29 aprile scorso il governo bulgaro ha preso la decisione di riavviare la costruzione di quella che diverrebbe la seconda centrale nucleare del Paese nei pressi della città di Belene, lungo il Danubio. "Si tratta del più grosso investimento degli ultimi due decenni - ha con orgoglio ricordato il Primo ministro Simeone di Sassonia Coburgo Gotha agli abitanti di Belene - abbiamo tutte le capacità per costruire un impianto che rispetti le più rigide norme sulla sicurezza. Garantirà energia stabile per i cittadini per i prossimi 50 anni e grazie a quest'ultima la Bulgaria manterrà un ruolo predominante nel mercato energetico dell'intera area".
Questa decisione del governo è stata immediatamente contestata non solo dalle associazioni ambientaliste ma anche da numerosi economisti secondo i quali difficilmente i 2,5 miliardi di euro che dovranno essere investiti nella centrale di Belene verrebbero recuperati. In seguito alla presa di posizione dell'esecutivo bulgaro si realizzò anche uno studio di impatto ambientale che è stato però criticato aspramente da Greenpeace che lo ha definito "di bassissima qualità" e che ha messo in luce come le varie opinioni espresse dagli esperti interrogati per la realizzazione dello studio sarebbero state manipolate.
Vantaggi economici?
"L'affermazione presente nella valutazione tecnico-economica che il costo dell'energia del nuovo impianto di Belene si attesterà sui 3-4 centesimi kilowattora sono irrealistiche - ha ricordato Georgi Kasciev, consulente dell'Università di Vienna ed ex direttore della Agenzia Nucleare bulgara, durante un incontro promosso all'associazione "Ecoglasnost". "L'elettricità costerà attorno ai 5.5 centesimi di euro kilowattora" ha aggiunto "e si trasformerà in una vera e propria minaccia alla sicurezza nazionale perché sarà un peso non indifferente che dovrà sopportare la nostra economia". Altri fattori di rischio sono stati elencati da Ivan Varbanov, professore presso l'Accademia economica di Sofia: la tecnologia russa, l'alta probabilità di terremoti nell'area e la possibilità di attacchi terroristici.
"Vi è una mancanza di trasparenza sulle condizioni di realizzazione del progetto, sull'apporto che garantirà direttamente lo Stato, sui contenuti del contratto, su come l'energia del nuovo impianto nucleare verrà commercializzata" ha affermato Krassen Stanchev, Direttore dell'Istituto per l'economia di mercato della capitale Bulgara. Secondo quest'ultimo a fronte della chiusura dei reattori 3 e 4 dell'impianto nucleare di "Kozloduy" e la modernizzazione delle unità 5 e 6 dello stesso l'economia bulgara si trova di fronte a due alternative: importare energia o costruire un nuovo impianto nucleare. Ed a suo avviso non è ancora provato che l'importazione di energia sarebbe eccessivamente costosa per il Paese.
Si lamentano della poca trasparenza anche coloro i quali potrebbero essere possibili candidati alla costruzione dell'impianto. Lo fa ad esempio Ala Alizade, vice-presidente dell'ufficio per l'Europa della multinazionale canadese AECL che assieme all'italiana Ansaldo, alla statunitense Betel ed alla giapponese Hitachi Corp costituisce uno dei tre consorzi in gara. Gli altri due sono quelli costituiti dalla russa Atomstroyexport, dalla tedesca Siemens e dalla francese Framatome e quello che vede capofila la ceca Skoda sostenuta da Unicredit, Citybank e dalla ceca Komerchna Banka. Entro fine 2004 il governo dovrebbe decretare chi avrà vinto l'appalto.
Nella finanziaria 2004 erano stati inseriti 21 milioni di euro per la costruzione della centrale. Circa 8 di questi sono già stati spesi per la sola consulenza sull'impatto ambientale realizzata dalla compagnia USA Parsons e dal suo partner bulgaro Risk Engineering. Le due compagnie hanno inoltre definito i criteri che dovrebbero portare alla definizione di quale sarà il consorzio che investirà e costruirà al centrale.
Ambientalisti: no a Belene!
Immediatamente dopo la decisione del governo di lanciare il progetto Belene le ONG bulgare hanno risposto con una campagna contro la costruzione della centrale: "No a BeleNE" ("ne" in bulgaro significa "no"), lo slogan. L'obiettivo era quello di coinvolgere l'opinione pubblica nella presa di decisioni in merito alla nuova centrale nucleare. Sino ad ora sono state coinvolte nella campagna sette associazioni ambientaliste: "Per la terra", "Ecoglasnost", "Ecoglasnost Montana", "Centro per l'educazione e l'informazione ambientale", "InfoECOclub", "Centro per le leggi ambientali", "EkoSouthWest".
Secondo gli ambientalisti l'impianto di Belene verrebbe costruito su un territorio altamente sismico, con tutti i rischi che ne conseguono. Inoltre il governo bulgaro viene accusato di tacere delle conseguenze sulla salute dei cittadini di tutto il nord-ovest della Bulgaria che avrebbe avuto l'impianto nucleare già attivo in Bulgaria, quello di Kozloduy. E' stato inoltre ricordato che nonostante il piano governativo "Salute ed ambiente" del 1998 richiedesse uno studio sull'impatto della produzione di energia nucleare sulla salute pubblica quest'ultimo non sia mai stato realizzato. Le associazioni ambientaliste sono inoltre preoccupate del fatto che la centrale venga costruita in prossimità del Danubio. A loro avviso infatti verrebbe inquinato il sottosuolo, le falde e lo stesso fiume con conseguenze disastrose sulla pesca e sull'agricoltura dell'intera regione.
Sviluppo sostenibile? Non con il nucleare
Altro appunto mosso dalle associazioni ambientaliste è che la centrale, impiegando esclusivamente personale altamente specializzato, non garantirebbe nemmeno posti di lavoro per i cittadini di Belene ed invece causerebbe la distruzione delle potenziali attrattive turistiche della regione. "La scelta di optare per una centrale nucleare vanifica le prospettive per uno sviluppo sostabile, bilanciato e diversificato" ricordano molti ambientalisti "nessuno investe in una bomba potenziale! Trasformeremo presto l'intera area in un immondezzaio per scorie radioattive! Trasformeremo Belene in un possibile obiettivo per attacchi terroristici!".
Petar Pechev, presidente della sezione Montana di "Ecoglasnost", Ivan Sungarski, ex parlamentare ed a capo di "Ecoglasnost" e Jan Haverkamp di "Greenpeace" hanno fatto appello alla Suprema Corte Amministrativa della Bulgaria affinché quest'ultima blocchi la decisione presa dal governo lo scorso 29 aprile. A loro avviso sarebbe in contrasto con l'articolo 45 della legge sull'utilizzo dell'energia nucleare secondo il quale non si può procedere alla costruzione di un impianto prima che si sia sviluppata una discussione "sociale" nella quale emerga la questione della sicurezza e la protezione dalle radiazioni, la valutazione di impatto ambientale e la valutazione dell'impatto sociale. Secondo Pechev non è sufficiente a rispondere a quest'obbligo di legge il rapporto già redatto dal Ministero per l'energia e le risorse energetiche. La Corte però ha rigettato la risposta con la motivazione che la decisione del governo non è quella definitiva ed assomigliava più ad una dichiarazone di intenti e quindi sussiterebbero ancora i tempi per adempiere alle prescrizioni di legge.
"E' una vittoria constatare che la decisione su Belene non sia ancora stata presa ufficialmente" ha affermato in risposta Jan Haverkamp, di Greenpeace e WISE "ciononostante riteniamo che la decisione presa quest'estate rappresenti un dato di fatto che ha poi trasformato la valutazione di impatto ambientale in una farsa. Riteniamo quindi necessario ricorrere in appello a questa decisione della Corte".
Il progetto di costruire una centrale nucleare a Belene è stato ereditato dal periodo comunista. Alla fine degli anni '80 era stata avviata la sua costruzione poi bloccata nel 1990. Il progetto è stato poi accantonato nel 1992. Sul terreno sono rimaste le fondamenta. Belene evoca alla memoria dei bulgari ricordi non certo piacevoli. Un isolotto sul Danubio a pochi chilometri di distanza era utilizzato negli anni '50 e '60 come carcere per dissidenti politici: si ritiene che migliaia di persone vi abbiano trovato la morte.
Vedi anche:
Il sito della campagna contro la centrale nucleare di Belene
Bulgaria in Europa col nucleare?
Bulgaria: il nucleare allontana l'UE
Allargamento UE: 7 le centrali nucleari ad est