Bulgaria, l'elettricità fulmina il governo Borisov
19 february 2013
“Boyko Borisov, dove sei? Scendi in strada con noi!”. In una sera uggiosa di metà febbraio, la folla che ha circondato il parlamento di Sofia chiama il suo primo ministro. Ma l'invito scandito alla luce dei lampioni ha il suono della minaccia. E sembra segnare la fine di un ciclo politico, a pochi mesi dalle prossime elezioni generali.
Da giorni la Bulgaria è scossa da violente proteste, nate dalla rabbia popolare contro le bollette dell'elettricità, che quest'anno a gennaio sono raddoppiate rispetto al 2012. Sul banco degli imputati all'inizio siedono le compagnie di distribuzione (le ceche CEZ ed Energo-Pro e l'austriaca EVN) che operano in Bulgaria dal 2004, dopo un processo di privatizzazione: accusate dai dimostranti di aver creato un cartello monopolista e di falsificare i conti per garantirsi alti margini di guadagno.
La collera collettiva, nel paese UE con stipendi e pensioni più basse, in cui le “spese fisse” rappresentano parte centrale delle uscite mensili, si è però inevitabilmente rivolta all'élite politica: cioè Boyko Borisov e il partito di governo GERB.
Dalle palle di neve contro il ministro dell'Economia Delyan Dobrev, si è passati a manifestazioni di massa, che hanno raggiunto il culmine domenica scorsa, quando decine di migliaia di bulgari hanno occupato le strade di numerose città: le dimostrazioni più grandi degli ultimi quindici anni.
Borisov, vezzeggiato ed espansivo sui media, stavolta ha scelto la via del silenzio: da giorni si aspetta, inutilmente, un suo commento su quanto accade nel paese. Una sua conferenza stampa è stata però annunciata soltanto per oggi a ora di pranzo.
Lunedì il premier ha tentato una mossa, forse disperata, licenziando in tronco il ministro delle Finanze Simeon Dyankov. Il premier ha poi ordinato che venissero pagati d'urgenza sussidi per 500 milioni di euro agli agricoltori, che già minacciavano di marciare coi trattori sulla capitale.
Rimpasto di governo e promesse di controlli nel settore energetico non hanno però fermato la protesta. Ieri pomeriggio alcune migliaia di persone si sono date nuovamente appuntamento nel centro di Sofia, nello strategico incrocio del “ponte delle aquile” (Orlov most).
La manifestazione, non autorizzata, ha bloccato le vie del centro, si è diretta verso il parlamento, dove ha incontrato forze di polizia (in realtà poco nutrite). Dopo essere stata respinta, la folla ha continuato a muoversi, mandando in tilt la città per quasi quattro ore. Alcuni feriti e cassonetti rovesciati e dati alle fiamme è il bilancio finale della serata.
“Dyankov se n'è andato, ora tocca a Boyko!” gridavano ieri i manifestanti. Ora si parla apertamente di possibili elezioni anticipate, sono già state annunciate nuove proteste e il governo traballa: la luna di miele tra Borisov e l'elettorato bulgaro sembra davvero definitivamente tramontata.