Dinko Šakić nel 1944

Critiche alla Croazia per i funerali di Dinko Šakić, responsabile del campo di concentramento ustaša di Jasenovac. Scandalosa omelìa del sacerdote durante il rito funebre. Silenzio della Chiesa, condanna di Mesić

07/08/2008 -  Drago Hedl Osijek

Nel giro di una settimana la Croazia è stata di nuovo investita da critiche internazionali per le modalità con cui si sono svolti i funerali di Dinko Šakić, ex responsabile del campo di detenzione degli ustaša a Jasenovac, e per il benvenuto euforico tributato a Zvonko Bušić, dopo 32 anni passati in carcere negli Stati Uniti a causa di atti terroristici.

Efraim Zuroff, direttore del Centro Simon Wiesenthal di Gerusalemme, ha espresso la propria amarezza al presidente croato Stjepan Mesić per il modo in cui sono stati organizzati i funerali di Dinko Šakić, il responsabile del campo di Jasenovac.

"L'idea che l'ex capo di Jasenovac, indubbiamente uno dei peggiori campi di concentramento attivi in Europa durante la Seconda guerra mondiale, dove sistematicamente venivano uccisi molti innocenti (serbi, ebrei, croati antifascisti e rom) possa essere sepolto in divisa ustaša, nonché lodato da un prete come modello per tutti i croati, è un'offesa a tutte le vittime degli ustaša e alle persone di coscienza in tutto il mondo", ha affermato Zuroff nella sua lettera a Mesić.

La reazione di Zuroff si è concentrata sullo scandaloso discorso del sacerdote Vjekoslav Lasić, che ha parlato di Šakić come di un eroe nazionale. Lasić ha dichiarato che la corte che ha condannato Dinko Šakić ha condannato anche la Croazia e il suo popolo, e inoltre ha aggiunto che "ogni croato onesto dovrebbe onorare il nome di Šakić".

L'associazione dei giovani antifascisti di Zagabria ha inviato una lettera aperta al cardinale Josip Bozanić, protestando contro il discorso del padre Lasić sulla tomba di Šakić, e chiedendo inoltre il ritiro del suo permesso a svolgere le funzioni pastorali. "La Chiesa cattolica dovrebbe dimostrare che si è davvero liberata degli oneri del passato, e che non tollera più sacerdoti che celebrano i crimini commessi dagli ustaša, né la cosiddetta NDH (Nezavisna Država Hrvatska, Stato Indipendente della Croazia) di Ante Pavelić", riporta la lettera, che non ha ricevuto alcuna risposta.

L'ufficio del presidente Mesić ha diramato un messaggio che ricorda "la netta condanna da parte del presidente dei crimini degli ustaša, espressa già innumerevoli volte, e la sua condanna del regime ustaša come criminale". Il messaggio del presidente ricorda poi che "poiché i preti durante i servizi religiosi non si presentano come semplici privati cittadini, è impossibile interpretare le parole enunciate ai funerali di Šakić come un'opinione personale del sacerdote che ha svolto il servizio".

Šakić (87 anni) è morto il 20 luglio scorso in un ospedale di Zagabria, nel quale è stato trasportato, a causa della sua salute precaria, dal carcere dove scontava una condanna a 20 anni. Fino al 1998 Šakić si nascondeva in Argentina. E' stato poi estradato in Croazia e processato per crimini di guerra e in seguito, nell'ottobre del 1999, il Tribunale circoscrizionale di Zagabria l'ha giudicato colpevole e l'ha condannato al massimo della pena prevista.

Il Tribunale ha accertato che Šakić ha commesso violazioni, torture e omicidi nel periodo in cui era a capo del campo di Jasenovac, e che inoltre non aveva fatto nulla per impedire tali violazioni e punirne i responsabili, ma aveva ucciso di persona, a colpi di pistola, quattro detenuti del campo oltre ad aver ordinato l'impiccagione di altre 22 persone.

Un altro scandalo è stato provocato dal ritorno in Croazia di Zvonko Bušić, l'uomo che, insieme ad un gruppo di immigrati croati negli Stati Uniti, nel settembre del 1976 aveva dirottato un aereo sulla linea New York - Chicago che trasportava 76 passeggeri. In precedenza, Bušić aveva collocato una bomba nella metropolitana di New York che aveva ucciso un poliziotto e ne aveva ferito un altro. Per questi reati nel 1977 Bušić è stato condannato all'ergastolo, ma nel luglio di quest'anno è stato graziato e rilasciato dalle carceri americane.

In Croazia una parte della popolazione lo considera un eroe. Di conseguenza, alcuni media si sono lasciati andare definendolo come "una persona che ha lottato per l'indipendenza e la libertà della Croazia" oppure chiamandolo il "Mandela croato". Al pubblico Bušić è stato presentato come uomo che con i sui atti voleva attirare l'attenzione del mondo sulla difficile posizione della Croazia e dei croati all'interno dell'ex Jugoslavia, perché intendeva, sorvolando Londra e Parigi, lanciare dall'aereo dirottato manifesti che rivendicavano l'indipendenza della Croazia.

Anche se questa spiegazione è tanto ridicola quanto inaccettabile, ancor oggi una parte della popolazione ne rimane convinta. All'aeroporto di Zagabria Bušić è stato accolto da circa cinquecento persone, tra le quali Dražen Budiša, ex vicepresidente del governo e segretario del Partito social-liberale croato (Hrvatsko socijalno liberalna stranka, HSLS). All'aeroporto si è presentato anche il controverso cantante Marko Petrović Thompson, contro il quale nelle passate settimane alcune ONG hanno sollevato una denuncia, con l'accusa di incitare i giovani a glorificare il nazismo e il movimento ustaša in Croazia durante i suoi concerti. Era presente anche Ivić Pašalić, ex consigliere per la sicurezza nazionale durante la presidenza di Tuđman.

A spingersi ancora più in là sono stati i rappresentanti delle associazioni dei veterani di guerra di Zagabria, che hanno chiesto per Bušić lo status di difensore della Croazia, titolo assegnato a chi ha combattuto nella guerra croata dell'indipendenza (1991-1995). "Yasser Arafat ha ottenuto il premio Nobel per la pace, i membri del gruppo Bader Meinhof sono stati rilasciati, Che Guevara viene tutt'oggi glorificato. Perché sarebbero diversi o migliori, grazie alle loro convinzioni e ideologie, rispetto a chi ha lottato per la Croazia?", ha chiesto il presidente della suddetta associazione, Ivan Pandža.

Il vertice dell'HDZ di Sanader (Hrvatska demokratska zajednica, Unione democratica croata), partito attualmente al potere, non si è espresso sulla vicenda e, quando l'ha fatto, ha usato parole molto caute, visto che condannare gli atti di Bušić come terroristici avrebbe potuto danneggiare il proprio consenso tra gli elettori. La reazione più dura è stata quella del segretario generale dell'HDZ, Iva Jarnjak, che ha dichiarato che Bušić lottava sì per la Croazia, ma, parafrasando Machiavelli, ha aggiunto: "Il fine non giustifica ogni mezzo".