In Croazia quando al governo c’è una coalizione di sinistra si ha la percezione che il paese svolti bruscamente a destra. Un’analisi a partire da recenti fatti di cronaca: il caso Šimunić, Vukovar e il bilinguismo, il referendum contro i matrimoni omosessuali
E' con la forza che la destra radicale, a Vukovar, già da mesi toglie le targhe bilingui dagli edifici delle istituzioni statali, contrastando l’uso di diritto della lingua serba, cioè delle scritte in cirillico in città. Dopo la partita di calcio della scorsa settimana tra Croazia e Islanda, il titolare della nazionale Joe Šimunić ha incitato il pubblico con il saluto ustascia “Za dom spremni” (per la patria pronti). Domenica primo dicembre si terrà inoltre un referendum per modificare la Costituzione: i promotori chiedono che il "matrimonio" venga definito come unione esclusiva tra uomo e donna, così che sia costituzionalmente impossibile contrarre matrimoni omosessuali. Infine in tutta la Croazia da giorni si sta firmando una petizione per indire un ulteriore referendum con cui si vuole modificare una legge costituzionale per diminuire i diritti delle minoranze nazionali.
E' evidente che la Croazia sta marciando a destra, anche se ha un governo di sinistra.
I trascorsi
Una situazione analoga si era verificata nel 2000, quando l’Unione democratica croata (HDZ) per la prima volta dopo le elezioni pluripartitiche del 1990, perdette il potere. Dopo la morte del primo presidente croato FranjoTuđman, avvenuta nel dicembre 1999, salì al potere a seguito delle politiche del 3 gennaio del 2000, una coalizione di centrosinistra.
Solo un anno dopo, nel febbraio 2001, a Spalato, la seconda città della Croazia, 150.000 persone scesero in piazza per chiedere le dimissioni del governo e del presidente della Repubblica (all’epoca era Stipe Mesić), usando epiteti offensivi.
Il motivo formale era stato la messa in stato d'accusa del generale Mirko Norac, il cui processo per crimini di guerra sarebbe poi iniziato a breve. Uno dei più accesi relatori sul lungomare di Spalato era Ivo Sanader, che vincerà alle successive elezioni politiche e alla fine del 2003 diventerà premier. Sanader alle manifestazioni di Spalato, riferendosi alle accuse contro Norac, aveva definito il governo di centrosinistra "traditore", incontrando l’euforica reazione dei manifestanti, decisi a far cadere il governo con le proteste di strada.
Paradossalmente, due mesi dopo esser giunto a capo del governo, durante un ricevimento di Natale presso il Consiglio popolare serbo, istituzione che raccoglie la minoranza serba in Croazia, Sanader pronunciò la frase “Hristos se rodi” (Cristo è nato), che è il modo serbo per fare gli auguri di Natale: si avviò una fase di scongelamento delle relazioni con la minoranza serba. Non si fermò il processo contro il generale Norac (condannato poi a 12 anni di prigione) e in seguito Sanader – su pressione della comunità internazionale, che premeva sulla Croazia per l'arresto dell'allora latitante Ante Gotovina, accusato di crimini di guerra – freddamente suggerì, attraverso il vicepresidente del Parlamento croato Vladimir Šeks, che il generale Gotovina andava “localizzato, identificato, arrestato e estradato”. In effetti, subito dopo Gotovina fu arrestato e trasferito all’Aja.
Nel frattempo, durante il governo Sanader, fu tolto il divieto agli esercizi commerciali di lavorare la domenica, cosa alla quale aveva invece rinunciato il precedente governo di centrosinistra a causa delle forti pressioni della Chiesa cattolica. Per questo, ma anche per le altre iniziative prese in due mandati (dal 2003 fino alla fine del 2011) dal governo di destra di Sanader, non ci sono mai state proteste. Se fossero state fatte dal governo di sinistra, sicuramente sarebbe caduto.
Attualità
L’attuale governo di centrosinistra guidato dal socialdemocratico Zoran Milanović è alla metà del suo mandato, ma i colpi della destra sono così forti che ci si chiede se riuscirà a resistere altri due anni. Il colpo più forte è stato inflitto al governo (ma anche ai vertici dello stato) lo scorso 18 novembre, proprio a Vukovar, città in cui da mesi la destra radicale mette in scena tutto il suo potere.
Il governo di Milanović è risoluto nella volontà di applicare la legge costituzionale secondo la quale le minoranze nazionali, là dove compongono il 30 percento della popolazione, hanno il diritto di usare ufficialmente la propria lingua e il proprio alfabeto. A Vukovar, città che ha avuto numerose vittime durante l’aggressione serba nel 1991, secondo il recente censimento i cittadini della minoranza serba superano il 30 percento. Ecco perché il governo deve applicare la legge e vanno affisse presso tutte le istituzioni statali (tribunali, polizia, dogana e simili) targhe bilingui, dove le denominazioni delle istituzioni devono essere riportate in alfabeto latino e cirillico. Nei mesi scorsi queste targhe sono state tolte con la forza. Appena il governo ne metteva di nuove, i contrari al bilinguismo le toglievano.
Il culmine delle proteste per l’introduzione delle targhe bilingui si è verificato a Vukovar lo scorso 18 novembre, in occasione della commemorazione con la quale, ogni anno, per le vie della città si rende omaggio ai difensori caduti in guerra. Quest’anno i gruppi di destra hanno addirittura bloccato il passaggio della delegazione composta dalle più alte cariche dello stato: presidente della Repubblica, premier, tutti i ministri, presidente del Parlamento, seguiti da un gruppo di diplomatici di Zagabria.
Per evitare lo scontro e possibili incidenti i vertici statali, impossibilitati a portare gli onori alle vittime di Vukovar, hanno preferito rientrare a Zagabria. In Croazia molti hanno definito quanto accaduto come una sorta di colpo di stato.
La destra in Croazia, aiutata parecchio anche dalla Chiesa cattolica, non riesce ad accettare che vi sia un governo di sinistra alla guida del paese e difficilmente aspetterà le elezioni per poter cambiare il corso attuale. Quando arriva al potere, la destra però mette spesso in pratica tutto quello su cui la sinistra fallirebbe.
Si tratta di un tipo di fenomeno che a quanto pare non è precipuo solo della Croazia. Simile è anche in Serbia: i democratici di Boris Tadić non sarebbero mai riusciti – senza sollevare proteste di massa guidate dalla destra – ad accettare le condizioni poste dalla comunità internazionale sul Kosovo, come fa invece ora il Partito progressista serbo di Tomislav Nikolić.
Un diplomatico straniero a suo tempo disse che nei Balcani è molto più facile collaborare coi governi di destra che con quelli di sinistra. Evidentemente in Croazia, così come in Serbia, la destra può riuscire in ciò su cui la sinistra ha timore d'agire e riscontra solo avversione.
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