La Commissione europea punta il dito sull'esecutivo di Zagabria con riferimento alla recente legge sui veterani di guerra, i cui "privilegi", pensioni comprese, secondo Bruxelles renderebbero il welfare croato poco equo
Troppi diritti ai veterani di guerra croati, parola dell’Unione europea. Nel suo ultimo rapporto sulla situazione economica nel paese, la Commissione europea ha infatti notato "l’esistenza di categorie privilegiate come quella dei reduci di guerra" e ha chiesto a Zagabria di intervenire per rendere il proprio welfare più equo nei confronti degli altri cittadini.
La scorsa settimana, l’esecutivo europeo ha pubblicato un documento di 73 pagine relativo all’andamento economico della Croazia nell’ambito del cosiddetto Semestre europeo. Nel commentare la ripresa "che dovrebbe continuare nei prossimi due anni" e al tempo stesso il fatto che il paese "ha realizzato pochi progressi nell’affrontare le raccomandazioni specifiche rivoltegli nel 2017", la Commissione torna a concentrarsi sul tema dei branitelji, ovvero dei «difensori» della «guerra patriottica croata» (così com’è ufficialmente chiamata in Croazia la guerra degli anni '90). Diciamo che «torna» ad intervenire sull’argomento perché, come fa notare il portale Index.hr , Bruxelles aveva già evidenziato, nel suo rapporto del 2016 , che "i criteri di eleggibilità per i sussidi di protezione sociale sono inconsistenti (in Croazia, nda.)", dato che a lato di uno schema generale rigido, coesistono "altri schemi che si applicano a precise categorie, come quella dei reduci di guerra e delle loro famiglie". Questa volta, tuttavia, l’intervento dell’Ue è decisamente più netto, colpevole anche l’iniziativa del governo Plenković che nel frattempo ha proposto di estendere, invece che limitare, questi privilegi.
Più diritti ai veterani
Che i branitelji, i «difensori» della guerra di indipendenza croata, godessero di uno status speciale all’interno della società non c’erano dubbi. Numerosissimi e spesso rappresentati da leader molto presenti nei media, i veterani di guerra sono in effetti una presenza immancabile nel dibattito politico in Croazia. Ma che il loro trattamento - «privilegiato» per citare il documento comunitario - fosse tale da preoccupare l’esecutivo europeo, questa è una novità rilevante. La Commissione europea, come detto, mette nero su bianco che "le autorità (croate, nda.) hanno proposto di estendere ulteriormente i benefici assicurati agli ex combattenti e alle loro famiglie, provocando così un aumento dei loro plafonds pensionistici". Ma non solo, l’iniziativa legislativa di Andrej Plenković avviene mentre "pochi progressi sono stati fatti per facilitare il reinserimento dei veterani di guerra nel mercato del lavoro" e in un momento in cui "le pensioni dei veterani sono generalmente più del doppio di quelle previste dallo schema ordinario".
Il riferimento fatto dall’esecutivo europeo è "alla legge adottata dal governo nel novembre del 2017" e che "riapre la possibilità di registrarsi come ex combattenti, riduce il limite di età per andare in pensione ed estende ai famigliari il diritto di ereditare le pensioni dei veterani". La misura che il governo conservatore croato propone va insomma in controcorrente rispetto alla velata osservazione dell’Ue fatta già nel 2016, al punto da introdurre "anche un numero supplementare di privilegi sociali per i reduci di guerra" e da imporre "l’obbligo di finanziare le associazioni di veterani (tra lo 0,3% e l’1% del budget dei governi locali)". Ed è interessante notare che Bruxelles non avanza ragioni economiche per criticare l’iniziativa della squadra di Plenković - si potrebbe ad esempio pensare all’elevato debito pubblico, che seppur in calo, si mantiene comunque al disopra dell’80% del Pil - ma denuncia un peggioramento del sistema di welfare croato, già "afflitto da una scarsa individuazione di chi ha davvero bisogno e dall’esistenza di categorie privilegiate come quella degli ex combattenti".
Un elettorato indispensabile
Se c’è un motivo per cui Andrej Plenković non soltanto disattende le raccomandazioni europee in questo ambito ma va apertamente contro il parere di Bruxelles, quel motivo è politico. In Croazia, i branitelji rappresentano una fetta di elettorato fondamentale e, grazie a dei leader noti a livello nazionale, sono in grado di pesare molto sulla bilancia politica. I dati rendono un’idea dell’ampiezza del fenomeno. Nella primavera del 2016, il registro dei veterani di guerra presso il ministero degli Ex Combattenti contava più di 505mila persone, in crescita rispetto agli anni precedenti. In percentuale, si tratta di oltre il 12% della popolazione croata. È chiaro che si tratta di un segmento sociale ampio e dunque non riconducibile ad un solo pensiero o orientamento politico, ma i gruppi più rumorosi sono tradizionalmente schierati a destra ed in grado di influenzare pesantemente l’Unione democratica croata (Hdz), il partito del premier Plenković, all’interno del quale contano non pochi sostenitori tra i più intransigenti.
A dimostrazione dell’importanza dei veterani di guerra, si pensi al gesto della presidente Kolinda Grabar-Kitarović, che nel giorno stesso della sua elezione a capo di Stato nel gennaio del 2015, decise di andare ad incontrare proprio i branitelji. A loro, che accampavano da mesi nel centro di Zagabria per protestare contro l’allora governo socialdemocratico di Zoran Milanović, la neoeletta presidente assicurò il proprio sostegno incondizionato. Ad un appuntamento elettorale successivo, quando nel settembre 2016 l’attuale premier Plenković sfidò l’ex capo dell’Sdp Milanović, fu quest’ultimo a recarsi proprio dai veterani, nel tentativo (vano) di convincerli a non votare per i conservatori. Le frasi del leader socialdemocratico, registrate e diffuse con o senza il suo consenso, gli valsero non soltanto la sconfitta alle urne ma pure la carica da segretario dell’Sdp. Per convincere gli ex combattenti a votare per lui, Milanović si era lasciato andare a dichiarazioni contro i serbi, che a detta del socialdemocratico "vorrebbero essere i padroni dei Balcani, ma sono solo una manciata di miserabili".
Più di recente ancora, gli ex combattenti delle Forze croate di difesa (Hos) hanno protestato contro la decisione di una commissione governativa di dichiarare incostituzionale il saluto ustascia «Za dom spremni!» (Per la patria, pronti!), che loro regolarmente usano in pubblico durante le loro commemorazioni. La commissione, nominata proprio dall’esecutivo Plenković per risolvere le questioni legate ai regimi del passato, aveva pertanto autorizzato delle eccezioni al divieto all’uso del saluto, proprio per permettere all’Hos di continuare con le proprie commemorazioni. Ma i veterani hanno comunque deciso di protestare.