La incredibile vicenda di un giornalista condannato al carcere per diffamazione, fermato all'ingresso del penitenziario dall'intervento del Ministro della Giustizia che ne paga la cauzione. La solidarietà dei colleghi, la corruzione del sistema.
Quando ieri mattina, 19 luglio, il giornalista croato Miroslav Jurić, 56enne dottore in scienze di Slavonski Brod, si è presentato ai cancelli del carcere di Požega (cittadina della Croazia centro settentrionale, a 150 km circa da Zagabria), per scontare una sentenza a 70 giorni di carcere, il poliziotto gli ha detto che non doveva entrare perché qualcuno aveva pagato la sua cauzione.
Jurić era stato condannato ad una sanzione di 12.600 kune (circa 1.700 €), corrispondente a più di due mesi del suo stipendio perché, secondo il verdetto, aveva calunniato due funzionari giudiziari. Jurić, considerando iniqua la sentenza, si era rifiutato di pagare, e il Tribunale gli aveva commutato la sentenza in 70 giorni di carcere.
La soluzione del mistero di chi ne aveva pagato la cauzione è stata sorprendente. Il Ministro della Giustizia Croato, Vesna Škare Ožbolt, in veste di privata cittadina, ha pagato le 12.600 kune mezz'ora prima che Jurić, accompagnato da numerosi giornalisti, apparisse di fronte al carcere. "Nel corso del mio mandato, nessun giornalista andrà in carcere per calunnia", ha dichiarato più tardi nel corso di una telefonata privata con Jurić. "Mi vergognerei a vivere in un Paese dove i giornalisti dovessero andare in galera per tali accuse."
Jurić sarebbe stato il primo giornalista croato ad andare in carcere per diffamazione. La sua partenza per la prigione è avvenuta solo una settimana dopo che, nel corso di un altro processo, un Tribunale di Spalato aveva condannato Ljubica Lentinić, una giornalista della Radio Croata, a due mesi di carcere, anche lei per diffamazione. La giornalista non dovrà tuttavia entrare in cella, dal momento che è stata condannata con la condizionale: se non verrà accusata per lo stesso reato nel corso del prossimo anno, la condanna al carcere verrà tolta.
Il fatto che un giornalista dovesse finire in carcere per diffamazione, e che un altro sia stato condannato alla stessa pena con la condizionale, ha causato un grande malcontento all'interno dell'opinione pubblica croata. Molte organizzazioni non governative di tutela dei diritti umani hanno manifestato la propria contrarietà, insieme alla organizzazione dei giornalisti. Anche la Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) ha espresso la propria opposizione: "E' inaccettabile che giornalisti che stanno facendo il proprio dovere siano condannati ad una pena detentiva. Condanne al carcere per i giornalisti possono avere un effetto molto negativo sulla libertà dei media", ha dichiarato Fracassetti, portavoce della Missione dell'OSCE in Croazia.
La Missione dell'OSCE si è rivolta al governo croato chiedendo la cancellazione degli articoli del codice penale relativi alla calunnia e alla diffamazione, per evitare la possibilità di condanne al carcere per questo tipo di reati. L'OSCE ha suggerito che la questione venga affrontata da un Tribunale civile. La risposta era stata molto rapida. Il 16 luglio, il Ministro della Giustizia Vesna Škare Ožbolt aveva dato assicurazione che i giornalisti non avrebbero dovuto andare in prigione per diffamazione. Secondo il Ministro, i cambiamenti nel Codice Penale eviteranno in futuro la possibilità di una incarcerazione per calunnia.
"E' inaccettabile che dei giornalisti finiscano in carcere per il proprio lavoro", ha dichiarato il Ministro della Giustizia, utilizzando le stesse argomentazioni addotte dall'OSCE. "Si tratta di un fenomeno molto negativo per la libertà dei media in Croazia." In base alle leggi attuali, i giornalisti possono essere condannati fino a tre anni di carcere per diffamazione.
Jurić è stato condannato a 70 giorni di carcere perché un piccolo quindicinale locale, il "Novi Brodski List", di cui Jurić era capo redattore, aveva ripubblicato un articolo del settimanale di Zagabria "Imperijal", base per la accusa nei confronti del giornalista. L'articolo del settimanale zagrebese parlava delle azioni criminali di due funzionari giudiziari - il procuratore distrettuale e il presidente della Corte distrettuale di Slavonski Brod. Nessuno dei due ha querelato il settimanale di Zagabria, ma il processo è stato intentato contro il "Novi Brodski List" che aveva ripubblicato l'articolo dieci giorni più tardi.
L'articolo in questione affermava che il presidente del Tribunale distrettuale di Slavonski Brod aveva emesso diverse sentenze che avevano permesso ad un uomo d'affari locale di acquisire illegalmente proprietà per diversi milioni di kune. La Corte Suprema della Croazia aveva annullato quelle sentenze. Poi era arrivato il procuratore distrettuale che, per proteggere il presidente del Tribunale, aveva accusato una impiegata del Tribunale, sostenendo che la donna aveva chiesto la firma del presidente senza mostrargli le sentenze. La impiegata era stata subito licenziata e solo dopo un lungo processo era stata finalmente prosciolta da tutte le accuse e reintegrata nel suo posto di lavoro.
"Avevo forti motivi di ritenere - e alla fine la mia intuizione si era dimostrata corretta - che le informazioni contenute nell'articolo pubblicato dall'"Imperijal" erano vere, e per questo lo avevo ripubblicato sul "Novi Brodski List". Se il procuratore distrettuale e il presidente del Tribunale avessero realmente ritenuto di essere stati calunniati e avessero subito una sofferenza psicologica, come hanno sostenuto nella querela, avrebbero accusato l'"Imperijal" senza aspettare che l'articolo venisse ripubblicato dalla piccola stampa locale. Ma sapevano bene che non avrebbero mai vinto la causa a Zagabria, dove è pubblicato l'"Imperijal", mentre avrebbero potuto usare la propria influenza a Slavonski Brod, dove risiedono e dove pubblichiamo il "Novi Brodski List", ha dichiarato Jurić."
"Alla fine infatti risulta, continua Jurić, che la donna che volevano presentare come colpevole era in realtà innocente, dal momento che il presidente del Tribunale deve leggere i documenti che sono sottoposti alla sua firma. Lui, però, non viene considerato responsabile per la svista, e così io dovrò andare in galera al posto suo. Il mio andare in carcere non rappresenta solamente una protesta contro una legge ingiusta, ma anche contro la decisione di un Tribunale che rifiuta di riconoscere il fatto che la parte cruciale dell'articolo, ripubblicato dal mio giornale, era assolutamente accurata."
Malgrado questo caso sia terminato con un lieto fine, Jurić non era per nulla soddisfatto. "La decisione e la scelta di andare in carcere erano mie. Volevo esprimere in questo modo il mio profondo disaccordo e la mia protesta nei confronti di una sentenza di questo tipo. Il procuratore distrettuale e il presidente del Tribunale di Slavonski Brod sono corrotti. Invece di loro, la Corte voleva me in cella", ha dichiarato ai giornalisti.
Vedi anche:
Croazia: corruzione e arresti nell'alta società
Corruzione ai vertici del sistema giudiziario croato