Il primo ministro croato Andrej Plenković si è incontrato ieri col presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker: al centro del dialogo le questioni confinarie irrisolte tra Zagabria e Lubiana e la strategia di allargamento
“Quello che ci vuole ora è soprattutto un po’ di flessibilità”.
È arrivato agitando un ramoscello d’ulivo, Andrej Plenković, al suo incontro con il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, che la settimana scorsa aveva criticato il rifiuto di Zagabria di accettare le decisioni arbitrali sulla delimitazione della frontiera sloveno-croata, parlando anche di un segnale negativo per il resto dei Balcani.
Plenković ha definito “irrealistico” che Zagabria possa accettare la decisione oggi, dopo che nel 2015 il Sabor aveva deciso di ritirarsi dal processo arbitrale in seguito alle irregolarità scoperte. Ma ha rilanciato l’offerta di un protocollo per definire la frontiera terrestre e marittima, stabilire il regime di navigazione e formare una commissione che risolva le questioni aperte.
“Siamo pronti a negoziare con i nostri amici sloveni, e se c’è un buon consiglio che viene dalla Commissione europea, siamo pronti ad ascoltarlo”.
D’altro canto Plenković ha definito “la peggiore evoluzione possibile” la degenerazione delle ultime settimane, con le reiterate multe della Polizia slovena ai pescatori croati nel golfo di Pirano (una famiglia ha collezionato un totale di oltre 15mila euro di ammende). Le autorità croate hanno invitato i pescatori a non pagarle, ma ad inoltrarle alla Polizia croata, la quale – dal canto suo – denuncia l’operato illegale delle pattuglie di Lubiana in quelle che considera acque croate.
Sulla questione, Jean-Claude Juncker ha pronunciato poche, misurate parole: “Siamo qui per aiutare, vogliamo essere utili e penso che saremo in grado di farlo”.
Lo spettacolo di due paesi membri, usciti contemporaneamente dalla ex-Jugoslavia, che litigano per questioni territoriali di modesta entità è diventato un imbarazzo per la Commissione, in un momento in cui Bruxelles cerca di rilanciare il proprio impegno nei Balcani.
Di fronte allo stallo bilaterale, l’esecutivo comunitario avrebbe deciso di impegnarsi con una propria mediazione o quanto meno offrendo i propri buoni uffici, secondo insistenti voci di corridoio.
Tra due settimane Juncker si imbarcherà in un inedito tour delle capitali balcaniche, prologo del vertice di Sofia del prossimo 17 maggio con i paesi della regione, uno degli eventi cardine del semestre di presidenza bulgaro.
La scorsa settimana, davanti al Parlamento di Strasburgo, il presidente della Commissione ha indicato il 2025 come orizzonte temporale indicativo per l’adesione dei Balcani all’UE, ma solo se tutte le questioni territoriali verranno prima risolte.
La Croazia, ha ribadito Plenković, sostiene l’allargamento e gli sforzi dei paesi vicini: “Quello di Juncker è un messaggio incoraggiante”. Il sostegno si estende alla Serbia, dove Zagabria è il quarto investitore estero diretto, a prescindere dalle difficoltà del passato che ancora sussistono.
Le parole di Juncker a Strasburgo sono state interpretate da molti come una correzione di rotta rispetto a quando – all’inizio del mandato, e parlando sempre a Strasburgo – il presidente della Commissione aveva escluso ogni ulteriore allargamento durante il suo quinquennio.
La Croazia si sta già preparando alla sua prima presidenza UE, che avverrà nel primo semestre del 2020 e che promette un focus particolare sui Balcani, come la Bulgaria. Vent’anni fa, proprio in un vertice a Zagabria, ai paesi della regione venne data per la prima volta una prospettiva di adesione.
Nel frattempo l’obbiettivo è di entrare quanto prima nella zona Schengen e nell’Euro. L’ingresso nella moneta unica potrebbe diventare realtà nel 2023-2024. Il governatore della banca centrale di Zagabria ha recentemente definito quella croata la più allineata con l’Eurozona tra le economie UE che ancora non ne fanno parte.
Questo articolo è basato sulla trascrizione originale di interviste che le persone citate hanno dato all’autore per un servizio della Televisione svizzera (RSI)