(foto L. Zanoni)

(foto L. Zanoni)

Il golfo di Pirano resta ancora uno dei nodi confinari irrisolti tra ex repubbliche jugoslave oggi membri UE. Con tanto di legali del "campo avverso" pagati dai due governi per difendere i propri pescatori contro le multe

07/02/2018 -  Giovanni Vale Zagabria

Nel teatro dell’assurdo, i mezzi espressivi logici e razionali sono abbandonati, dando vita ad una storia che, sebbene sia paradossale ed insensata, riesce a catturare l’attenzione del pubblico fino alla fine dello spettacolo. A Pirano, Slovenia e Croazia hanno deciso di mettere in scena una pièce di cui Samuel Beckett sarebbe fiero. Al botteghino, la locandina potrebbe recitare più o meno così: “Attorno ad una linea immaginaria tracciata in mezzo al mare, pescatori di due nazionalità diverse si sfidano. Inseguiti dalle opposte squadre di polizia, vengono difesi dai propri governi, che, per battersi, usano avvocati provenienti dal campo avverso”. La parte migliore di questa storia, ovviamente, è che è tutta vera. E inoltre, è offerta da due stati membri dell’Unione europea senza bisogno di pagare il prezzo del biglietto. Vediamo di che si tratta.

Pescatori multati

L’anno nuovo, nel golfo di Pirano, è cominciato con una serie di pesantissime multe. Mancando un accordo croato-sloveno sulla frontiera marittima, la polizia di Lubiana ha infatti annunciato, sabato 27 gennaio, di aver rilasciato 14 contravvenzioni nei confronti di alcuni pescatori croati di Umago (Umag) e di Salvore (Savudrija), colpevoli di aver attraversato il confine di stato senza autorizzazione. La frontiera in questione è quella tracciata dalla Corte permanente di arbitrato nell’estate scorsa, che col suo verdetto ha assegnato alla Slovenia i tre quarti della baia. Una sentenza respinta però dalla Croazia, che aveva abbandonato il processo un anno prima considerandolo compromesso da una fuga di notizie.

Quello stesso giorno di fine gennaio, il governo di Zagabria ha reagito con una nota diplomatica di protesta, “respingendo” le multe slovene e promettendo ai vicini settentrionali di rispondere pan per focaccia. “Dati i tentativi delle autorità slovene di implementare unilateralmente la decisione arbitrale compromessa e, per noi, inaccettabile, ci vedremo costretti a rispondere allo stesso modo per proteggere il nostro territorio”, ha avvertito il ministero degli Esteri croato. Inoltre, l’associazione dei pescatori dell’Istria croata ha fatto sapere che - come convenuto con il governo croato - le multe sarebbero state trasferite al ministero dell’Interno e trattate come una questione di stato.

Passavano poche ore e Zagabria partiva all’attacco. Sempre il 27 gennaio, le forze dell’ordine croate dichiaravano infatti di aver sorpreso - grazie alle telecamere di sicurezza - otto pescatori sloveni, responsabili della maggior parte dei 235 attraversamenti illeciti del confine registrati nei sei mesi precedenti. Questa volta, il confine considerato era la linea mediana che taglia in due la baia, ovvero l’unica frontiera considerata valida dalle autorità di Zagabria. Inevitabilmente, scattavano anche le prime multe e, con esse, l’avvertimento di non solcare più le onde croate, pena un’azione di polizia.

Se il fine settimana trascorreva senza patemi d’animo, lunedì scoccava già l’ora dei conti. I pescatori croati sanzionati due giorni prima mostravano alle televisioni le contravvenzioni ricevute: Diego Makovac e la moglie spiegavano a Nova TV di aver ricevuto 14 multe da 500 euro, per un totale di 7.000 euro. Ma come promesso, il governo di Zagabria si faceva carico della faccenda sollevando la coppia da ogni preoccupazione. Sulle coste slovene, invece, fioccavano un totale di 12 notifiche d’infrazione, metà delle quali contro un certo Silvano Radin. In totale, la Croazia chiedeva a Radin 45.000 kune (6.000 euro circa), ma anche qui il governo - questa volta quello sloveno - entrava in campo.

Battaglia legale

Ad inizio febbraio, entrambe le squadre di pescatori potevano contare sull’assistenza legale offerta dal proprio esecutivo. Gli sloveni - accusati da Zagabria di aver oltrepassato la linea mediana del golfo di Pirano - incontravano l’avvocato croato Ivica Senjak, che promette di difenderli convincendo la Croazia di trattare il caso politicamente, come un incidente internazionale e sollevando i pescatori da ogni responsabilità. Il segretario di stato sloveno all’Agricoltura, Marjan Podgoršek, partecipava anch’esso all’incontro, essendo poi lui, in ultima istanza, quello che metterà mano al portafogli (o meglio alle casse pubbliche) per pagare le spese legali.

Poco più a sud, i pescatori croati stringevano la mano all’avvocato sloveno Miha Kozinc, un uomo con un passato degno di nota, essendo stato per qualche mese nel 1993 ministro della Giustizia. Kozinc, a cui spetta il compito di fare appello contro le multe slovene, non ha per il momento svelato la sua strategia. Anzi, in un’intervista rilasciata al Večernji List, ha assicurato di considerare valida la decisione del tribunale arbitrale e di essere dunque d’accordo con Lubiana sul tracciato della frontiera. “Sarebbe contrario alla mia dignità professionale se mettessi in dubbio la validità dell’accordo di arbitrato”, ha spiegato Miha Kozinc.

Quale epilogo?

È difficile immaginare quale possa essere la conclusione di una trama tanto assurda quanto affascinante. Mancando un accordo bilaterale sul confine marittimo tra i due paesi (come avviene ormai dal 1991), i pescatori sloveni e croati sono entrambi nel giusto, perlomeno stando ai rispettivi ordinamenti. E il punto esatto in cui la ragione degli uni diventa il torto degli altri deve trovarsi da qualche parte nei 17,8 km2 di onde che costituiscono la baia di Pirano. Ma come fare ad individuare quel punto, se nemmeno la Corte permanente di arbitrato ci è riuscita?

Quel che è certo è che gli studi legali chiamati alla riscossa dai governi di Lubiana e Zagabria stanno probabilmente festeggiando l’apertura di un caso che si annuncia lungo ed irrisolvibile. I pescatori continueranno a sconfinare, la polizia emetterà continue contravvenzioni e i ricorsi si accumuleranno nei tribunali con ragioni opposte, giuste, creative o volutamente arzigogolate che siano. Ma, attenzione, data l’assurdità della vicenda, chi può escludere che, al calare del sipario, i colpevoli non siano proprio gli avvocati, piegatisi a tradire la patria per aiutare il nemico?