Sloveno, croato e italiano? Non solo. L'Istria e il Quarnero sono un vero e proprio crogiolo linguistico e culturale. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

05/07/2016 -  Marco Mosca

L’Istria, Fiume, le isole del golfo del Quarnero sono a due passi da Trieste e ogni anno 1.200.000 italiani varcano il confine diretti alle località balneari di Slovenia e Croazia, attratti dalla bellezza del mare, dai prezzi competitivi, dalla genuinità della cucina locale. Ma probabilmente è la storia a rendere uniche queste regioni: il susseguirsi e il mescolarsi di popoli e dominazioni - romani, bizantini e slavi, veneziani e austriaci, fino al passaggio al Regno d’Italia dopo la Prima guerra mondiale e alla Jugoslavia socialista dopo la Seconda - non hanno lasciato tracce solo nelle strutture urbanistiche o nelle innumerevoli testimonianze artistiche e architettoniche, ma restano ancora vivi attraverso il crogiolo linguistico e culturale peculiare di questa area a lungo contesa, un’evidenza che può cogliere anche il turista più frettoloso ascoltando la gente del posto davanti ai caffè all’aperto, chiedendo informazioni, osservando i pannelli stradali.

Se oggi lo sloveno è lingua ufficiale nella fascia litoranea da Ancarano a Portorose, passando per Capodistria, Isola e Pirano, e il croato lo è nella Regione/contea (županija) istriana e nella Primorsko-Goranska (la regione di Fiume), l’italiano le affianca entrambe laddove la presenza della minoranza rimane consistente.

Al censimento 2011, il 6,83% della popolazione dell’Istria croata si è dichiarato di madrelingua italiana e il 6,03% di appartenenza nazionale italiana, ma queste percentuali salgono considerevolmente nella parte occidentale della regione, soprattutto nei piccoli borghi collinari in cui durante il socialismo l’afflusso di immigrati dall’interno della Croazia e dalle altre repubbliche jugoslave è stato minore: a Grisignana si arriva addirittura al 56% di madrelingua italiana, a Verteneglio al 40%, a Buie e a Portole ci si attesta intorno al 30%, a Valle e a Torre-Abrega al 20%. Anche grandi comuni come Umago e Dignano registrano valori elevati, tra il 15% e il 20%.

In termini assoluti, hanno indicato l’italiano come lingua materna 14.205 abitanti della Regione istriana e 3.373 della Primorsko-Goranska. A Umago, Pola e Fiume si superano le 2.000 unità. Dati in ascesa rispetto all’epoca jugoslava, quando il timore di dichiararsi “etnicamente diversi” costituiva un freno non indifferente. La Slovenia ha invece deciso, dal censimento 2011, di non rilevare più lingua e nazionalità dei suoi cittadini; nel 2002 nella repubblica alpina erano 3.762 i residenti di madrelingua italiana e il comune che registrava la percentuale maggiore era quello di Pirano (7%).

Solitamente la maggioranza di chi si dichiara discepolo della lingua di Dante in realtà utilizza, nella vita quotidiana, il dialetto istroveneto, vero canale di comunicazione e di trasmissione delle tradizioni culturali italofone

Oggi sul territorio croato e sloveno ci sono oltre 50 sezioni della Comunità Italiana, decine di scuole materne, primarie e superiori con l’italiano come lingua veicolare, case editrici tra cui primeggia, nonostante la crisi attuale, la Edit di Fiume che pubblica il quotidiano La Voce del Popolo, riferimento per tutta la minoranza. L’italiano è spesso conosciuto anche dalle altre componenti linguistiche della popolazione, grazie al rapporto continuo con turisti e imprenditori provenienti dall’altra sponda dell’Adriatico.

Questo quadro, che fotografa la presenza italiana a fianco di quelle prevalenti slovena e croata, sarebbe però incompleto senza considerare la complessità dell’Istria e del Fiumano, che va ben oltre le lingue ufficialmente riconosciute. Solitamente la maggioranza di chi si dichiara discepolo della lingua di Dante in realtà utilizza, nella vita quotidiana, il dialetto istroveneto, vero canale di comunicazione e di trasmissione delle tradizioni culturali italofone, mentre tra gli anziani di Rovigno, Valle, Dignano, Gallesano, Fasana e Sissano sopravvive l’antico istrioto, lingua romanza autoctona derivata direttamente dal latino, ritenuta ormai a forte rischio di estinzione, così come l’istrorumeno, parlato da poche centinaia di persone nei villaggi di Žejane (in Cicceria), Šušnjevica (ai piedi del Monte Maggiore/Učka) e altri limitrofi, discendenti di gruppi di valacchi già menzionati nel Medioevo.

Ma lo stesso croato parlato in Quarnero e in Istria, così come nelle tante isole della costa dalmata, è ben diverso da quello standard, poiché si tratta del čakavo, uno dei tre gruppi dialettali del croato, insieme al kajkavo parlato nel nord e allo štokavo che sta alla base della lingua moderna. C’è molto orgoglio per il čakavo, con numerose “katedre” a livello locale riunite nel “Čakavski sabor”, a tutela del dialetto e della cultura di cui esso è portatore. Esclusivamente in čakavo sono scritte anche le canzoni dei festival musicali locali.

Presenta molte differenze rispetto allo sloveno letterario anche il dialetto parlato nel Litorale sloveno, che ha subìto influenze dal veneto e dal čakavo.

Nell’Istria croata, in particolare, questa sensibilità verso un contesto storico e linguistico plurale e così distintivo ha prodotto una percezione di identità propria che si esprime anche a livello istituzionale. Al contrario di quanto accade nel resto della Croazia, etnicamente sempre più omogenea e dove la definizione di “appartenenza regionale” raccoglie pochissimi consensi, nella “penisola della capra” (emblema dell’Istria) il 12% della popolazione al censimento 2011 ha scelto come propria identificazione semplicemente quella “istriana”, con punte superiori al 20% in diversi comuni, tanto da risultare la seconda voce più indicata dopo quella croata. Una specificità che si riflette nelle cabine elettorali: in un paese che oscilla da sempre tra il centro-destra dell’HDZ e il centro-sinistra dell’SDP, l’Istria si distingue fin dal raggiungimento dell’indipendenza croata per il massiccio e costante sostegno all’IDS (in italiano DDI - Dieta Democratica Istriana), lista che da vent’anni governa la regione, rappresentata dal 2014 da un proprio membro nel Parlamento Europeo. La vicina Primorsko-Goranska, nonostante abbia dato i natali alla presidente Kolinda Grabar-Kitarović (HDZ), rimane uno dei pochi bastioni socialdemocratici, e in generale l’Istria e il Quarnero sono viste come le regioni più aperte e progressiste del paese.

Un passato travagliato che non si può dimenticare pare avere insegnato la lezione, lasciando spazio a un presente di convivenza pacifica, di comune riconoscimento nelle differenze e di modello possibile per tutta l’Euroregione adriatico-ionica.