Morire a causa dei confini chiusi
24 march 2021
Il 22 marzo, alle 3 del mattino, un camion con targa della Serbia si è ribaltato sull’autostrada A3 Belgrado-Zagabria nei pressi di Okučani in Croazia. Nel tir vi erano nascosti 24 cittadini siriani, tra i quali anche dei minori. Quattro sono morti, 19 sono rimasti feriti, sei sono in gravi condizioni.
L’autostrada è stata chiusa a lungo al traffico per le operazioni di soccorso, che hanno visto il coinvolgimento di diversi automezzi. Tra i migranti che si nascondevano nel vano del tir, pieno di balle di carta da una tonnellata ciascuna, quattro persone hanno perso la vita e 19 ferite sono state portate agli ospedali di Nova Gradiška, Slavonski Brod e Pakrac. Ferito anche l'autista, cittadino serbo.
Come riporta la HRT , tv di stato croata, il primario dell’ospedale di Nova Gradiška Josip Kolodziej ha dichiarato che uno dei feriti gravi è ricoverato in terapia intensiva e un altro, a causa dell'entità delle ferite, ha dovuto subire l’amputazione di un braccio.
Kolodziej ha aggiunto che le persone assistite hanno dichiarato di essere cittadini siriani. Tra di loro ci sono anche due minorenni di circa 10 e 12 anni, come dichiarato dal portavoce dei vigili del fuoco della città di Novksa: “Uno scenario terribile. Alcuni sono volati fuori dal tetto del camion, altri sono rimasti intrappolati dentro, altri sotto al tir. Tra di loro anche due bambini, portati in ospedale. Sono tutti giovani, secondo la mia valutazione tutte queste persone non hanno più di 30 anni di età”.
L’unica possibilità per migliaia di cittadini di Siria, Afghanistan, Iraq, Iran e Pakistan per fuggire da paesi in conflitto o in cui rischiano di subire violazioni dei diritti umani e per cercare una vita dignitosa è percorrere la rotta balcanica, nascondendosi su camion o treni, a piedi o su mezzi privati pagando tariffe salate ai trafficanti di esseri umani. Un flusso di persone che non si è mai fermato, nemmeno dopo la firma dell’accordo UE-Turchia del marzo 2016.
Lo dimostrano anche gli ultimi dati resi pubblici dal Commissariato dei rifugiati e migranti della Serbia per i mesi di gennaio e febbraio 2021: sono stati rispettivamente 3.180 e 2.273 i nuovi rifugiati registrati, con un sensibile aumento rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente (rispettivamente 1.695 e 2.633). Secondo il rapporto, la maggior parte è entrata dalla Macedonia del Nord e i primi tre paesi di origine di queste persone sono Afghanistan, Siria e Somalia. Nei primi due mesi del 2021 c’è stato anche un forte incremento dei cosiddetti “pushback” (respingimenti) dei migranti che hanno tentato di uscire dal paese attraverso i paesi confinanti e sono stati però respinti verso la Serbia. Sono stati 5.956 i respingimenti, attuati in maggioranza dalla polizia ungherese ( 53%) e rumena (44%). Tra i respinti il 62% è costituito da cittadini siriani.
Negli ultimi anni i respingimenti sono diventati sempre più numerosi e violenti in tutti i paesi della rotta balcanica. Il rapporto 2020 dell'ECRE (European Council on Refugees and Exiles) sulla Serbia indica che l'anno scorso sono state rimandate indietro nel paese 25mila persone.