La crisi Ue-Turchia sulle trivellazioni a Cipro
17 july 2019
Il Consiglio dell’Ue ha deciso il 15 luglio scorso una serie di sanzioni e misure restrittive nei confronti della Turchia per le sue operazioni di perforazione ed esplorazione di idrocarburi nel Mediterraneo orientale al largo dell'isola di Cipro.
Il Consiglio ha anche approvato la proposta della Commissione di ridurre l'assistenza finanziaria alla Turchia per il 2020 e ha invitato la Banca europea per gli investimenti a riesaminare le sue attività di prestito in Turchia.
La Turchia ha replicato con una nota del ministero degli Esteri che le sanzioni non influenzeranno "in nessun modo la determinazione della Turchia" che anzi intensificherà le sue attività di perforazione offshore, inviando una quarta nave nel Mediterraneo orientale, la Oruc Reis, impegnata finora nel mar Nero e nell'Egeo.
Ankara accusa l'Ue di essere "prevenuta e faziosa" nell'ignorare la comunità turca di Cipro Nord e di avere un "comportamento non costruttivo" sulla vicenda.
Le tensioni fra la Repubblica di Cipro e la Turchia erano aumentate già nel 2018 quando delle navi da guerra turche avevano bloccato la nave di prospezione Saipem 12000 appartenente al colosso italiano degli idrocarburi Eni, mentre si dirigeva verso giacimenti di gas situati nel blocco 3 della zona economica esclusiva della Repubblica di Cipro. In seguito alle provocazioni turche le prospezioni nel blocco 3 sono state sospese e rinviate. Nicosia ha accusato la Turchia di aver violato il diritto internazionale e di voler mantenere il suo programma di sfruttamento e di esplorazione.
L’isola è divisa dal 1974 quando la Turchia invase la parte nord di Cipro in seguito a un colpo di stato della giunta militare greca. La parte a sud, greco cipriota, è riconosciuta dalla comunità internazionale, mentre un'altra territorialmente più piccola a nord, turco-cipriota, è riconosciuta solo dal governo turco.