A dieci anni dalla guerra russo-georgiana, l’indipendenza delle due regioni secessioniste è stata formalmente riconosciuta dalla Siria. Plauso di Mosca, critiche dall'Unione europea
"La decisione del regime di Assad non è stata per noi una sorpresa; alcuni segni erano visibili già da un po' di tempo, soprattutto dopo il 2015, quando la Russia ha lanciato la sua operazione militare in Siria e la posizione di Bashar al-Assad si è rinforzata grazie all’intervento di Mosca. Da allora sono cominciate le minacce che il regime di Assad avrebbe riconosciuto la cosiddetta indipendenza dell’Abkhazia e della regione di Tskhnvali, e per questo c’eravamo attivati sia a livello bilaterale con la Siria, sia presso i nostri partners e le organizzazioni internazionali. Ma man mano che il tempo passava il regime di Assad rimaneva sempre più isolato il grado di influenza dei nostri partner americani ed europei [su Damasco] diminuiva", così il vice Ministro degli Esteri David Dondua il 5 giugno ha esposto alla commissione parlamentare Affari Esteri del Parlamento georgiano quanto accaduto nella settimana precedente, quella del duplice riconoscimento da parte della Siria dell'indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud.
I fatti
Il 28 maggio scorso si è tenuto a Mosca un incontro trilaterale. Vi hanno preso parte gli ambasciatori della Repubblica Araba di Siria, dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud, accreditati presso il Cremlino. Il giorno seguente il ministero degli Affari Esteri siriano ha pubblicato una dichiarazione in cui si stabilivano rapporti bilaterali con le due regioni secessioniste georgiane. Oltre a Russia, Nauru, Nicaragua e Venezuela ora quindi le due sono riconosciute anche dalla Siria, a data 29 maggio. Il tutto mentre si avvicina sempre di più il decennale della guerra russo-georgiana del 2008.
Vi ha fatto tra l'altro riferimento anche il presidente sudossetino Anatolij Bibilov che intervistato dall’agenzia di stampa russa Tass ha pre-annunciato un ulteriore riconoscimento prima della fine dell’anno, ed ha confermato che già ad aprile il presidente Assad era stato formalmente invitato alle celebrazioni per il decennale dell’indipendenza. L’invito sarebbe stato consegnato al ministro siriano dell’Economia e del Commercio estero a Yalta, in Crimea. La lista degli invitati include quindi una delegazione siriana capeggiata da Assad, una russa con Vladimir Putin, all’epoca della guerra Primo Ministro, Dmitrij Medvedev, vice versa all’epoca presidente e oggi primo ministro, il ministro della Difesa Sergej Shoigu, e il presidente della Republika Srpska, una delle due entità costitutive della Bosnia Erzegovina, Milorad Dodik.
Le reazioni dei protagonisti
Da Mosca il presidente abkhazo Raul Khajimba ha commentato soddisfatto precisando che il riconoscimento è frutto del lavoro del ministero degli Esteri russo e dell’ambasciata abkhaza in Russia. A Sukhumi le autorità hanno organizzato una manifestazione a sostegno della Siria, cui hanno preso parte anche cinquecento dei siriani che dall’inizio del conflitto sono rientrati in Caucaso, dove avevano remote radici. Altrettanta soddisfazione da parte di Tskhinvali, che ha appunto annunciato anche visite bilaterali e l’apertura di un’ambasciata sudossetina a Damasco quest’autunno.
Il riconoscimento delle due secessioniste decreta d’altro canto la fine delle relazioni diplomatiche siriano-georgiane. I rapporti fra i due paesi erano stati stabiliti il 18 maggio 1993 e sono durati 25 anni e un paio di settimane. Il 31 maggio la Georgia ha dichiarato terminato l’Accordo sullo Stabilimento di Relazioni Diplomatiche fra la Repubblica di Georgia e la Repubblica Araba di Siria, come conseguenza della scelta di Damasco di non riconoscerne più piena sovranità e integrità territoriale.
Un accordo quello gerogiano-siriano firmato da due paesi molto diversi da quelli che sono oggi. Nel maggio 1993 la Georgia era devastata dalle guerre di secessione e dalla guerra civile che aveva accompagnato la fuga del primo presidente eletto, Zviad Gamsakhurdia. Invece la Siria dal 1970 era governata da Hafez al-Assad, che sarebbe rimasto in carica 30 anni, fino al 2000, dopo aver imposto come successore alla guida della Repubblica il proprio figlio Bashar.
Il venticinquennale accordo, nato in un periodo di guerra, affonda in un altro.
Le reazioni internazionali
Le parole del vice-ministro degli Esteri georgiano Dondua hanno aperto il capitolo delle reazioni della comunità internazionale. Il 29 maggio ha reagito l’Unione Europea , che ha condannato il riconoscimento e ha incoraggiato il proseguimento della negoziazione per una soluzione pacifica del conflitto attraverso gli strumenti già in campo. Nei giorni seguenti si sono aggiunte altre diplomazie, ribadendo il supporto all'integrità territoriale georgiana, da Washington ad Ankara.
La questione georgiana è tornata inoltre fra i banchi del Parlamento europeo il 12 giugno scorso. L’Alto Rappresentante e vice Presidente della Commissione Federica Mogherini, intervenutavi, ha ricordato il ruolo giocato dall’Unione all’epoca del conflitto e che ancora adesso è tenuta a giocare, commentando: "Recentemente, anche la Repubblica Araba di Siria ha annunciato che stabilirà relazioni diplomatiche con Abkhazia e Ossezia del Sud. Abbiamo immediatamente condannato questa scelta, insieme all’intera comunità internazionale. È una violazione del diritto internazionale il cui unico effetto sarà quello di rendere più difficile il raggiungimento di una soluzione del conflitto. Denunciamo altresì le misure adottate da Mosca per consolidare quello che chiama “le nuove realtà”. Fra l’altro non accettiamo la militarizzazione delle regioni secessioniste operata dalla Russia e la sua costruzione di barriere fisiche lungo le linee di demarcazione". Il dibattito precede la proposta di una nuova risoluzione votata il 14 giugno.
Di avviso chiaramente differente Mosca , protettrice dei due de facto. Il Presidente della Commissione Affari Esteri del Consiglio Federale Russo ha affermato che questo è solo l’inizio del processo di riconoscimento delle due repubbliche da parte del mondo intero”. Secondo Dondua, invece, il “rischio contagio” presso altre cancellerie del mondo arabo non sussisterebbe, essendo la scelta siriana il prodotto dei rapporti che si sono creati tra Mosca e Damasco.
La guerra, tomba dei diritti
Non c’è fine alla lista delle vittime del conflitto siriano. E non c’è limite al numero di diritti che sono stati violati durante il conflitto. Diritti umani, legalità nazionale, diritto internazionale. Questo riconoscimento si accoda come effetto collaterale del declino di quest’ultimo, con Damasco ormai gravemente indebitata con i propri salvatori, che sono ora in condizione di dettare la nuova politica estera alla Repubblica Araba.
Abkhazia e Ossezia del Sud sono solo due titoli nel libro della claudicante – per usare un eufemismo – sovranità siriana che emerge non sulle ma ancora nelle ceneri del conflitto. Difficile immaginare un riconoscimento se non nel contesto del grosso credito che Mosca può riscuotere presso Assad, e ancora più difficile ipotizzare che l’avvicinamento ai due secessionisti georgiani possa apportare un qualsiasi beneficio al mare magnum delle priorità della Siria di oggi.
Parlamento europeo
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