Dopo più di otto anni di governo ininterrotto di Saakashvili, caratterizzato da luci e ombre, le elezioni politiche del primo ottobre potrebbero essere l'inizio di una nuova fase per la Georgia. In cui l'opposizione sogna di vincere alle urne e non di fare la rivoluzione
Il prossimo lunedì 1 ottobre avranno luogo le elezioni parlamentari in Georgia, forse le elezioni più competitive che il paese abbia mai avuto nei suoi vent'anni di indipendenza. I sondaggi continuano a dare in deciso vantaggio il Movimento Nazionale Unito, partito del presidente Mikheil Saakashvili al potere sin dalla “rivoluzione delle rose” del 2003, ma con la discesa in campo del miliardario Bidzina Ivanishvili l'opposizione georgiana ha trovato coesione e un leader noto al pubblico.
Fino all'autunno scorso, Ivanishvili era noto più che altro per la sua riservatezza e per l'entità del suo impero finanziario. Un capitale stimato da Forbes in 6,4 miliardi di dollari, superiore alla spesa pubblica annuale del governo georgiano, fa infatti di lui la 153° persona più ricca del mondo e di gran lunga l'uomo più ricco della Georgia. Nella classifica dei ricchi del pianeta stilata dalla nota rivista americana, Bidzina Ivanishvili precede di 16 posizioni un altro miliardario noto per essere sceso in politica, Silvio Berlusconi. Le analogie tra i due però finiscono qui: diverso lo stile e l'approccio, completamente differente il contesto in cui l'ingresso in politica dei due uomini è avvenuto.
Nell'Italia del 1994, Berlusconi ha approfittato del vuoto lasciato da una classe politica allo sbando e del crollo del partito che per decenni aveva guidato il paese, nonché della proprietà di alcuni tra i canali televisivi più importanti in Italia. Nella Georgia del 2012, invece, il partito di governo è una macchina oliata e funzionante in tutto il paese e a vario livello. I media privati più importanti del paese sono filo-governativi , mentre quelli più vicini all'opposizione (incluso Canale 9, recentemente fondato dallo stesso Ivanishvili) sono visibili quasi esclusivamente nella capitale o ai possessori di antenne paraboliche e abbonamenti alla TV via cavo. Il presidente Mikheil Saakashvili gode tuttora di un grande sostegno, grazie anche all'ampio piano di riforme che ha implementato nei suoi ormai oltre otto anni di governo.
Saakashvili, più di otto anni al potere
Saakashvili è arrivato alla presidenza della Georgia nel gennaio del 2004 vincendo con oltre il 96% dei consensi il voto anticipato che è seguito a un'ondata di manifestazioni (nota come "rivoluzione delle rose") che avevano portato alle affrettate dimissioni dell'allora presidente Eduard Shevardnadze. Gli slogan del giovane Saakashvili (all'epoca, 37 anni), erano democrazia, riforme e una forte spinta a favore dell'integrazione euro-atlantica del paese. Promesse che lo resero immediatamente un beniamino dell'Occidente.
Negli anni seguenti molti progressi sono effettivamente arrivati, alcuni dei quali riconosciuti anche dagli oppositori di Saakashvili. Ad esempio, la corruzione ha smesso di essere un problema affrontato quotidianamente da chiunque debba spostarsi in macchina o richiedere servizi a un ufficio pubblico. È cresciuta in modo determinante la capacità dello stato di raccogliere tasse: nel 2003, solo 600 milioni di dollari erano entrati nelle casse dello stato, mentre nel 2011 il dato corrispondente ha superato i 4 miliardi.
La ritrovata forza dello stato dopo anni di impotenza delle autorità centrali ha sicuramente avuto ricadute positive a vari livelli in Georgia, ma le credenziali democratiche di Saakashvili con il passare degli anni sono diventate sempre meno convincenti. Per garantirsi il potere necessario a implementare il suo piano di riforme, infatti, non ha esitato a fare un uso spregiudicato della macchina statale al suo servizio.
Proteste e violenze
Nel 2007, Saakashvili ha reagito a un'intensa ondata di manifestazioni reprimendo brutalmente le proteste (oltre 500 i feriti), chiudendo i canali televisivi vicini all'opposizione e dichiarando lo “stato di emergenza”, vietando quindi manifestazioni e ponendo restrizioni alle trasmissioni televisive. In quell'occasione, la leadership georgiana dichiarò che erano misure necessarie per evitare un colpo di stato architettato dalla Russia, ma, come si legge in una risoluzione del Parlamento europeo di quei giorni , lo fece “senza provare le proprie affermazioni”.
In quell'occasione venne sospesa la licenza di trasmissione anche ad Imedi, al tempo il principale canale critico del governo. Proprietario del pacchetto di maggioranza del canale televisivo era Badri Patarkatsishvili, che con una fortuna di 12 miliardi di dollari era all'epoca l'uomo più ricco di Georgia. Patarkatsishvili già da mesi aveva iniziato ad opporsi esplicitamente a Saakashvili e a finanziare l'opposizione. Alle elezioni presidenziali del gennaio 2008 lui stesso si presentò come candidato (ottenne il 7%), ma il voto avvenne solo dopo che una serie di scandali avevano fortemente indebolito la sua posizione, marginalizzandolo e spingendolo ad abbandonare il paese. Patarkatsishvili morì a Londra due mesi più tardi, all'età di 52 anni, apparentemente per infarto. I suoi beni, incluso lo stesso canale televisivo Imedi, non rimasero però alla sua famiglia, ma attraverso una serie di passaggi poco trasparenti (e a lungo contestati in sedi di arbitrato internazionale) finirono a fondi di investimento che portarono a un cambiamento profondo del management e della linea politica del canale, ora filo-governativo.
Pochi mesi più tardi, nell'agosto 2008, scoppiò la guerra in Ossezia del Sud che portò allo scontro diretto tra esercito georgiano e truppe russe e alla morte di circa 850 persone. La domanda su chi debba effettivamente essere ritenuto responsabile per l'esplodere di quel conflitto rimane una questione aspramente dibattuta, tanto da diventare oggetto non solo di uno studio commissionato appositamente dall'UE, ma anche al centro di film d'azione che esplicitamente sostengono il punto di vista georgiano o quello russo. Mentre Saakashvili ha sempre insistito di aver agito in risposta ad un attacco russo per difendere la sovranità del proprio paese, non vi possono essere dubbi riguardo al fatto che la leadership georgiana abbia pesanti responsabilità per aver fatto avanzare le proprie truppe verso Tskhinvali, senza aver debitamente valutato le conseguenze umane e politiche di quell'azione, al di là delle violazioni dei diritti umani (e del diritto internazionale) commesse da Mosca e da formazioni ossete in quei giorni di agosto.
Una nuova ondata di proteste contro il governo Saakashvili bloccò il centro della città da aprile a giugno del 2009. La manifestazione si concluse definitivamente nel giugno 2009, dopo aver perso l'iniziale vigore. Anche in quel periodo vi furono episodi di eccessivo uso della forza da parte della polizia (in particolare quelli del 15 giugno 2009), ma intimidazioni, maltrattamenti e violenze ai danni di attivisti dell'opposizione, anche da parte di uomini non in divisa, sono state ripetutamente denunciate dall'allora ombdusman Sozar Subari e descritte anche in testimonianze raccolte da Osservatorio all'epoca.
In alcune circostanze, è evidente che la stessa opposizione ha cercato di inasprire lo scontro e provocare reazioni violente da parte della polizia, una tendenza particolarmente evidente durante le manifestazioni organizzate nel maggio del 2011. In ogni caso, provocazioni di manifestanti non possono certo giustificare la violenza con cui le forze dell'ordine hanno posto fine a quelle proteste.
Infine, proprio in queste settimane e a pochi giorni dal voto di lunedì prossimo, in seguito alla diffusione sui media di video che mostrano episodi di violenza nelle carceri georgiane, nelle strade di Tbilisi si sono riversate migliaia di persone in azioni di indignazione e protesta (non sostenute da Ivanishvili).
Secondo Saakashvili, i video sarebbero in parte stati prodotti ad arte e al centro di un complotto ordito da Mosca per minacciare la sovranità della Georgia. In ogni caso, i video hanno contribuito a portare l'attenzione pubblica sulle condizioni inumane in cui si ritrovano a vivere i carcerati in Georgia, problema ben noto e denunciato regolarmente da anni nelle relazioni del difensore civico georgiano e nei report di organizzazioni internazionali per la tutela dei diritti umani quali Human Rights Watch. D'altra parte, la Georgia può fregiarsi del titolo non certo invidiabile di paese con il più alto tasso di carcerazione in Europa.
La tempistica delle rivelazioni e le reazioni che hanno sollevato in Georgia forniscono quindi ai sostenitori dell'opposizione un ennesimo esempio di come il processo di democratizzazione sostenuto da Saakashvili sia caratterizzato da molte zone d'ombra. Difficile prevedere quanto questo scandalo potrà effettivamente influenzare le sorti del voto. D'altra parte, anche in questi giorni la reazione delle autorità alle proteste ha destato critiche, in particolare per quanto riguarda l'abuso di misure di detenzione amministrativa dei manifestanti denunciato anche da Human Rights Watch.
Elezioni 2012-2013
Nel complesso, sono quindi molti i fattori che hanno permesso a Saakashvili di rimanere al potere per tanti anni. In primo luogo, un forte consenso che è riuscito raccogliere in questi anni di riforma e rafforzamento dello stato, rinsaldato da media favorevoli. A questo si aggiunge un'opposizione cronicamente frammentata, in buona parte composta da ex-collaboratori di Saakashvili, che non è mai riuscita a proporre un'alternativa politica reale e convincente a quella del presidente in carica. Personalismi e lotte di potere interne, non solo misure repressive da parte del governo, hanno quindi contribuito in misura fondamentale a indebolire l'opposizione.
Infine, la retorica del nemico estero, ovvero la Russia, è ormai da anni costantemente presente negli interventi di Saakashvili. Anche in questi mesi e settimane, Saakashvili ha accusato infatti ripetutamente i propri oppositori di essere al soldo dei servizi segreti russi, denunciando (quasi sempre senza sostanziare in alcun modo le accuse) complotti, tentativi di colpi di stato e minacce di invasione da parte di Mosca. Quella di richiamare all'unità nazionale contro una minaccia esterna o l'eventualità di un conflitto è peraltro una tendenza che contamina il dibattito politico anche negli altri paesi del Caucaso meridionale, così come nei territori de facto indipendenti della regione, ed è uno dei modi più evidenti in cui la presenza di conflitti irrisolti compromette gravemente la qualità della democrazia nella regione.
Nel contesto attuale, il sistema elettorale misto georgiano che distribuisce 73 seggi su 150 in collegi maggioritari a turno unico sembra destinato a premiare fortemente il Movimento Nazionale Unito di Saakashvili, come avvenuto nelle scorse tornate elettorali. Per scalfire il predominio di Saakashvili, Ivanishvili cerca di reagire facendo affidamento ad alcuni dei suoi alleati più noti, come l'ex-calciatore Kaka Kaladze o l'ex ambasciatore all'Onu Irakli Alasania. Difficilmente però la sua coalizione Sogno Georgiano riuscirà ad imporsi come forza politica di maggioranza in parlamento. Attualmente, il partito di governo controlla 119 dei 150 seggi in parlamento. Alle elezioni amministrative del 2010, il Movimento Nazionale Unito ho ottenuto in media il 60% dei consensi.
L'obiettivo principale di Ivanishvili per l'1 ottobre è in realtà quello di dimostrare di essere un uomo politico affidabile, sostenuto da una squadra di persone effettivamente in grado di prendere in mano il paese. La prossima sfida sarà infatti quella delle elezioni presidenziali previste per l'autunno 2013. Saakashvili ha promesso che non si ricandiderà. Molti osservatori sospettano che abbia intenzione di seguire l'esempio dell'arcinemico Vladimir Putin, passando dall'incarico di presidente a quello di primo ministro (che, in seguito a emendamenti costituzionali già approvati, proprio dal 2013 vedrà aumentate le proprie prerogative). Un impegno costante sul territorio e in parlamento da parte dei neo-eletti nelle liste di Ivanishvili potrebbero permettere al miliardario entrato in politica di rafforzare le proprie credenziali e di presentarsi come una persona realmente in grado di guidare la Georgia. I toni moderati che Ivanishvili ha tenuto in queste settimane fanno credere che, in caso di vittoria di Saakashvili, non sceglierà di scendere in strada richiedendo a oltranza le dimissioni del presidente (come l'opposizione georgiana ha fatto ripetutamente in passato), e cercherà invece di sfruttare l'occasione per presentarsi come una persona responsabile ed equilibrata.
In Georgia sta per iniziare un ciclo elettorale (2012-2013) non scontato. Il voto di lunedì è solo un primo passo. Il risultato delle urne e l'evolversi della situazione nei giorni seguenti saranno comunque fondamentali per capire se nei prossimi anni sarà proprio Bidzina Ivanishvili a inaugurare in Georgia una tradizione di transizione del potere da governo a opposizione attraverso normali procedure elettorali, un evento ancora inedito nella tumultuosa storia politica contemporanea del paese.
Giorgio Comai, ricercatore, si interessa di società e politica dei Paesi dello spazio post-sovietico e della regione caucasica in particolare. Lavora per Osservatorio Balcani e Caucaso dal 2009. Twitta @giocomai ed è attivo su Google+