Come già avveniva prima che la guerra dilaniasse l'ex-Jugoslavia sono molti i cacciatori che si trasferiscono oltre confine per cacciare specie protette. Bastano una manciata di milioni.
Non di rado accade che ai confini con la Croazia o con la Bosnia la polizia ti guardi in faccia, osservi il passaporto italiano e poi chieda: "cacciatore?". Sono infatti molti quelli che, per sfuggire a vincoli sempre più rigidi in Italia, si concedono delle "vacanze venatorie" in luoghi dove un rilevante patrimonio ambientale è poco controllato o può essere facilmente "comperato" ad autorità locali compiacenti.
Lo denuncia l'ufficio TRAFFIC del WWF che dichiara come i Paesi siano diventati un terreno di caccia privilegiato per specie protette. Il traffico illegale di animali è un business internazionale, che alimenta mercati clandestini e criminalità organizzata. In questi ultimi 5 anni in Ungheria ad esempio i cacciatori italiani si sono resi più volte responsabili di violazioni gravi alle norme sulla caccia. Il WWF aggiunge che questo fenomeno non è più tollerabile perché la fauna protetta andrebbe difesa come patrimonio di tutta l'Europa.
Le organizzazioni criminali si alimentano purtroppo anche con i viaggi venatori organizzati. Il rapporto dell'Ufficio TRAFFIC del WWF sul turismo venatorio all'estero evidenzia che le mete preferite di molti cacciatori italiani sono infatti Paesi quali l'Ungheria, l'Albania, la Bulgaria, la Polonia, la Romania; spendendo cifre che variano tra 1 milione e mezzo fino ai 3 milioni, viaggio compreso, le agenzie promettono bottini straordinari in 3-4 giorni di viaggio.
Questi viaggi comprendono anche la caccia grossa in Sud America e in Africa con un giro d'affari annuo di oltre 600.000 dollari. Viaggi che possono costare da 4.000 a 8.000 dollari (per l'Orso in Russia o per l'alce in Kamciakta si può arrivare ai 10.600 dollari, per la caccia alla cosiddetta pecora di Marco Polo sul Pamir ai 26.400 dollari).
Di pochi giorni fa l'ultimo maxi sequestro ai confini italiani. "Il numero impressionante di uccelli e altri animali sequestrati e la loro origine est-europea è la conferma che dietro al commercio illegale di fauna protetta esiste un vero e proprio crimine organizzato che si alimenta, purtroppo, con un malcostume venatorio italiano che suscita continue proteste negli altri paesi" denunciano i rappresentanti del WWF. E proprio quest'ultimo sequestro (12.000 uccelli congelati appartenenti a specie protette) ha sollevato l'indignazione di centinaia di cittadini ungheresi che hanno protestato a Budapest insieme al WWF davanti all'Ambasciata italiana.
L'ultima operazione del CFS ai confini italiani è la risposta alla richiesta del WWF di indagare a fondo sulle continue stragi di fauna protetta nei territori balcanici.
"Appena ieri avevamo denunciato il sequestro effettuato in Ungheria come la punta di un iceberg - continua il responsabile WWF - la brillantissima operazione svoltasi venerdì notte da questi nuclei del Corpo Forestale Nazionale e Regionale conferma la nostra tesi: il traffico illegale di specie protette va gestito come quello della droga o delle armi poiché solo organizzazioni specializzate possono gestire un numero così alto di animali uccisi".