Da dove ripartire se anche i più convinti europeisti temono per la salute e il futuro dell'Unione europea? Giuliano Amato invoca la necessità di ritornare al cuore del progetto politico dell'integrazione. Una nostra recensione
“Partirò dalla premessa che l'Europa è malata e che è un errore attribuire alla sua malattia una mera natura economica”. Basterebbero queste parole di apertura per capire che le preoccupazioni sul futuro dell’Europa toccano anche i più convinti europeisti come Giuliano Amato, che non usa giri di parole per affrontare e definire la crisi dell’Europa. Da questa “dura” presa di coscienza parte una profonda e sottile riflessione sul significato dell’Unione europea, sui valori, sull’identità europea e sul processo di integrazione che coinvolge i paesi dei Balcani, riflessione che è sviluppata da Giuliano Amato a partire dal volume di Jacques Maritain "L'uomo e lo Stato", nel corso della prima edizione delle Jacques Maritain Lectures, e raccolta come breve saggio nel libro “Il Futuro dell’Europa – Tra politica, sovranità e cittadinanza”, edito da Meudon (€ 5,00 – 36 pagg. – introduzione di Francesco Russo, presidente dell’Istituto Jacques Maritain).
Una riflessione su una comunità che è cresciuta nei decenni sulla base di valori e principi condivisi, una costruzione dal basso perché coinvolge tutti nel momento in cui viene agevolata la formazione di un consenso comune intorno ai diritti, ai valori e ai principi europei. “Questa è stata la costruzione della storia dell'Unione europea e della democrazia in cui per la prima volta si è vista l'affermazione dei diritti umani, della persona e non degli individui, come direbbe Maritain”.
Cosa significa dunque oggi essere europei - o meglio sentirsi europei - è la questione di fondo. L’idea di Europa nasceva con un obiettivo chiaro, condiviso, che si è mantenuto a lungo come collante solido dei popoli europei: progredire insieme in una società coesa e pacificata. “La finalità ultima dell’Unione Europea è, dunque, la pace tra gli europei. Ed è una finalità che nasce da un orrore della guerra che non è esterno ma tutto interno alle coscienze della generazione che la guerra l'ha vissuta e che, soprattutto, ha sentito sulle sue spalle la responsabilità” dice ancora Amato.
L’autore, mantenendo come base del suo saggio l’indicazione che l’economia non deve essere il fine ma un elemento strumentale alla coesione sociale e culturale dei popoli europei, affronta il difficile tema dell’identità, che gli permette di fare emergere difficoltà e contraddizioni nel rapporto tra Europa e Balcani. Occorre forse tornare ad individuare, o meglio, recuperare, un obiettivo condiviso, ricomponendo i frammenti delle comunità chiuse, delle piccole patrie, dei nazionalismi che definiscono identità usate come strumento di contrapposizione invece che di scambio. Per usare ancora le parole di Amato “…Creare un'identità di interessi attorno a cui cominciare a costruire un’identità di molti, creare conseguentemente le premesse di una comune cittadinanza europea all'interno della quale le differenze permangono ma come connotati di ciascuno in quanto – lo dico con Maritain – membro di una comunità, ma con una proiezione in una società politica – sempre per citare Maritain – che è quella che conferisce la cittadinanza che diviene europea”.
Allora l’Europa che guarda ai Balcani dovrebbe avere più coraggio ed essere più coerente con i propri principi fondanti, che di fronte alla complessità dei conflitti recenti e alle difficoltà delle crisi attuali, sono invece stati indeboliti e resi spesso bei proclami ma privi di contenuto. Pace, democratizzazione, cooperazione, integrazione devono essere parole praticate e non solo proclamate o imposte a chi sta fuori dall’Unione. Giuliano Amato lo sottolinea chiaramente: “Noi abbiamo preteso dai Balcani l’avvio di questi processi e la fine di queste situazioni drammatiche ma paradossalmente, appena abbiamo avuto qualche difficoltà al nostro interno, abbiamo rinnegato il cuore dei nostri princìpi e la nostra idea di cittadinanza.”
L’Europa è cresciuta ed è prosperata attraverso il riconoscimento della cittadinanza come valore della piena realizzazione della persona, indifferentemente dalla provenienza o dalle caratteristiche individuali. La nozione essenziale è quella di un modello di cittadinanza fondato e strutturato sul rifiuto di qualunque discriminazione.
Ai paesi dei Balcani e del sud-est Europa che guardano all’Unione Europea e che hanno iniziato un percorso per la piena adesione, Amato consegna questa lezione: la cittadinanza prescinde dall’essere croato, serbo o bosniaco, dall’essere cristiano o musulmano, dall’essere ortodosso o cattolico. Uniti nella diversità è dunque il giusto motto dell’Unione Europea, che l’Europa tutta deve saper riscoprire e rafforzare.
Giuliano Amato è professore ordinario di Diritto Costituzionale Comparato. Ha insegnato in prestigiose università italiane ed estere, tra cui l’Università “La Sapienza” di Roma, la New York University Law School e l’Istituto Universitario Europeo di Firenze. Già Presidente del Consiglio dei Ministri, ha rivestito il ruolo di Vicepresidente della Convenzione Europea per la stesura della Costituzione dell’Unione Europea. Attualmente presiede l’Istituto Treccani dell’Enciclopedia Italiana.