Fotogramma da "Do Not Expect Too Much from the End of the World"

Fotogramma da "Do Not Expect Too Much from the End of the World"

“Don Not Expect Too Much Of The End Of The World” del rumeno Radu Jude è uno dei film più attesi al Torino Film Festival, in programma dal 24 novembre al 2 dicembre. Numerosi i titoli interessanti dall'Europa orientale e balcanica

17/11/2023 -  Nicola Falcinella

È tempo di Torino Film Festival, l’ultimo grande appuntamento cinematografico dell’annata italiana, la cui 41° edizione è in programma nel capoluogo piemontese dal 24 novembre al 2 dicembre.

La cerimonia d’apertura sarà condotta dall’attrice, modella e ora regista romena Catrinel Marlon (vista, tra gli altri, in “La Gomera – L’isola dei fischi” e “Loro chi?”), il cui lungometraggio d’esordio “Girasoli” con protagonista Monica Guerritore sarà presentato fuori concorso: siamo negli anni 60 in un ospedale psichiatrico.

A seguire, in diretta su Hollywood Party di RadioTre Rai, andrà in onda l’incontro “Pupi Avati, il cuore incantatore”. Dal giorno successivo via al concorso internazionale, che include il russo “Grace - Blazh” di Ilya Povolotsky, già presentato al Festival di Cannes all’interno della 55° Quinzaine des cinéastes.

Rimasti soli dopo la morte della madre, un padre e una figlia senza nome viaggiano in furgone nel sud della Russia, percorrendo un Caucaso aspro e abbandonato. Fanno proiezioni nei villaggi che attraversano e hanno il timore che il lavoro finisca quando internet arriverà ovunque. I due parlano poco, non hanno una destinazione precisa e a volte devono scappare in fretta da situazioni che diventano pericolose.

La ragazza vuole andare al mare e ogni tanto fa delle foto, entrambi leggono parecchio: da un venditore ambulante lungo la strada, il padre compra libri di Vonnegut e Dovlatov. “Questo non è un periodo per turisti” gli ripetono a un posto di blocco e il regista rende bene il senso di precarietà e inquietudine, con immagini belle ma mai cartolinesche, del resto non li vuole mostrare come luoghi ospitali. Un film che evoca e suscita suggestioni, più che spiegare, mentre le musiche danno un senso di apocalisse imminente.

Dall’Ucraina arriva in gara “La Palisiada” di Philip Sotnychenko, quasi un giallo che collega due spari, a 25 anni di distanza tra loro. In mezzo i modi in cui la storia ufficiale viene costruita.

Il Concorso documentari internazionali comprende il bosniaco “Silence of Reason” di Kumjana Novakova, che utilizzando immagini d’archivio ricostruisce violenze e stupri compiuti durante la guerra dai soldati serbo-bosniaci sulle donne nel campo di prigionia di Foča, e il georgiano “Smiling Georgia” di Luka Beradze, ovvero le conseguenze tragicomiche della promessa elettorale del presidente della Georgia di sconti per tutti sulle cure odontoiatriche che privò dei denti decine di persone.

Nel Concorso documentari italiani c’è “Anulloje liglin” di Fabrizio Bellomo, un viaggio in Albania, mettendo insieme la prima persona e il materiale d’archivio, sulle tracce del regime comunista di Enver Hoxha ancora visibili.

Fuori concorso spicca il bellissimo “Don Not Expect Too Much Of The End Of The World” di Radu Jude, presentato in agosto al 76° Locarno Film Festival dove ha ricevuto il Premio speciale della giuria e di una menzione della giuria ecumenica. La conferma, se c’era bisogno, di uno degli autori più interessanti del cinema europeo, un’opera ricchissima di spunti e stimoli, un lungometraggio fuori dagli schemi che richiama un po’ la struttura del precedente “Sesso sfortunato o follie porno”, vincitore dell’Orso d’oro a Berlino nel 2021.

La vicenda principale è quella, in bianco e nero, della trentenne Angela, che fa l’autista per Uber e lavora per produzioni cinematografiche e televisive di Bucarest. Si sveglia presto la mattina, con Proust sul comodino, e comincia a correre per la città: non ha orari, non ha pause, è così stanca da addormentarsi ai semafori. In parallelo compare un’altra Angela che fa la tassista, ma sono altri tempi e le immagini a colori appartengono al film “Angela merge mai departe” (1981) di Lucian Bratu.

Queste creano un effetto moltiplicatore dell’oggi: da notare l’impiego dei rallenti in alcuni momenti per soffermarsi sui poveri ai bordi delle strade che Bratu mostrava in contrasto con la propaganda di Ceausescu. Mentre segue la donna accompagnare la madre al cimitero, cercare vittime di incidenti sul lavoro per un servizio televisivo o fare brevi video stupidi da postare sui social, Jude scompone e incastra pezzi, criticando con la consueta acutezza e senza fare sconti la società del suo paese, ma pure il nostro modello di vita, lo sfruttamento, il capitalismo, la Russia, i nazionalismi, i pregiudizi, i temi alla moda politicamente corretta.

Il regista non salva nessuno, salvo chi ci rimette sempre, e critica il capitalismo usando i ragionamenti, l’ironia (l’attrice tedesca Nina Hoss interpreta una responsabile marketing discendente da Goethe che ammette di non averne letto i libri) e le trovate da cinema muto. Tra i tanti momenti da ricordare l’emozionante sequenza di quattro minuti senza sonoro con le immagini delle croci poste lungo una strada in ricordo dei morti negli incidenti stradali. Un film duro e umanissimo, un po’ comico e un po’ tragico, strano e in fondo lineare nel fondere materiali e stili diversi, con un gran finale che lascia un segno forte.

Altro romeno è “Tigru – Day of the Tiger di Andrei Tanase (si era fatto conoscere con il corto “Prima noapte - First Night” nel 2016), coproduzione Romania / Francia / Grecia, con Catalina Moga, un film già passato in concorso ai festival di Rotterdam, Sarajevo e Bucarest. Una veterinaria di uno zoo, inavvertitamente, causa la fuga di una tigre innescando il finimondo in una cittadina della Transilvania.

Infine la sezione Nuovimondi presenta l’originale e pregevole “Here” del belga Bas Devos, già vincitore in febbraio della sezione Encounters alla Berlinale. Dall’osservazione degli operai di un cantiere a Bruxelles, si passa a seguire l’immigrato romeno Stefan che sta per tornare a casa per le ferie. Il suo incontro con una studentessa cinese è all’insegna dello studio del muschio, suggerendo di prestare attenzione anche alle cose microscopiche.