Trasformare il Friuli Venezia Giulia in un nodo di flussi energetici destinati all'Europa? Sembra essere questo il sogno del governatore Illy, ma per realizzarlo serve quantomeno l'accordo di Slovenia e Croazia
Autostrade, treni ad alta velocità, autoporti, ma anche terminal di rigassificazione, gasdotti, oleodotti. Il sogno di Riccardo Illy, il governatore del Friuli Venezia Giulia, sembra avviato alla propria materializzazione. Il Friuli Venezia Giulia potrebbe trasformarsi in un collettore chiave dei traffici e dei flussi energetici per mezza Europa.
Un sogno ambizioso che spiega l'attivismo del governatore alla ricerca di un circondario "amico", un' "euroregione", come la chiama lui, che sposi le sue tesi e la sua voglia di fare di Trieste e di Gorizia dei nodi strategici lungo il quinto corridoio europeo ma anche di ridisegnare la mappa europea delle vie del gas e del petrolio. Tagliare le corna alla Russia di Putin, ora fondamentale per i fabbisogni europei, ed attrarre verso il Friuli Venezia Giulia le rampanti economie dell'Europa centrale e orientale.
Il sogno di Illy, secondo alcuni osservatori, conterebbe sul sostegno americano e su quello di importanti multinazionali impegnate a gestire la liberalizzazione, fortemente incoraggiata dalla Commissione Europea, del mercato energetico, in primo luogo di quello del gas naturale. Ed è in quest'ottica che Illy punta ad un patto di ferro con la Slovenia e la Croazia, per ora ancora diffidenti e recalcitranti, ma anche prive di una visione strategica dei propri ruoli in quest'area d'Europa e indebolite da reciproci e "insuperabili" contenziosi di matrice "jugoslava" (confini, successione, infrastrutture comuni, nazionalismi), e quindi tentate a concedersi singolarmente alle lusinghe del lungimirante governatore, ognuna con l'illusione di marginalizzare i vicini cugini ex-jugoslavi.
Il caso dei contestati terminal di rigassificazione previsti nel golfo di Trieste e che hanno provocato la protesta degli ambientalisti e della società civile più direttamente interessata, è particolarmente eloquente. I verdi croati propongono, quale alternativa ai rischiosi terminal previsti sull'isola di Krk (Veglia) e nel golfo di Trieste, un uso razionale e comune delle piattaforme dismesse nel mare aperto a 30 km a sud di Pola. Ma rimangono inascoltati.
E di fronte ad una protesta che si diffonde a macchia d'olio e che vede uniti verdi ed ecologisti di tutti i tre gli stati nord-adriatici contermini, Illy cerca alleanze con i governi, facendo un'assidua corte soprattutto a quello di Lubiana. Alcuni pranzi e cene e qualche moina al ministro degli Esteri sloveno Dimitrij Rupel, particolarmente sensibile agli interessi americani - come alluso di recente da Alexander Lucu sull'edizione domenicale del (Ne)Delo - sono riusciti ad evitare una protesta formale del governo sloveno per gli invadenti progetti dei due terminal nel golfo, che nell'impatto ambientale e nelle inevitabili misure di sicurezza coinvolgeranno direttamente anche le acque territoriali slovene, modificando persino l'attuale regime di navigazione verso e dai porti dell'alto Adriatico.
Illy ha scritto anche a Janez Janša seguendo la collaudata tattica del bastone e della carota; ad una prima fase di reiterata marginalizzazione delle preoccupazioni di Lubiana è subentrato il corteggiamento, fatto di promesse, offerte di gas a prezzo modico e lusinghe, per poi lasciar intendere alla Slovenia che se dovesse porre degli ostacoli ai terminal, la regione aprirebbe tutta una serie di problemi ecologico-transfrontalieri che imbarazzerebbero Lubiana.
L'ha detto a chiare lettere Lodovico Sonego, assessore alla pianificazione di Illy, minacciando di problematizzare i serbatoi di combustibile sistemati sin dagli anni 60 a Sermino presso Capodistria. Si tratta naturalmente di un bluff, essendo tali serbatoi di lunga meno numerosi, pericolosi e problematici di quelli italiani a Dolina, presso Trieste a pochi metri dal confine, che tra l'altro furono già bersaglio di un attentato palestinese nel 1972. Ma questo dosaggio di offerte e minacce rientra nel "negoziato" con dei paesi vicini considerati ancora alla stregua di una "periferia" necessaria ai grandi progetti energetico-industriali di Illy.
E sulla polemica concernente i rigassificatori, il cui iter sta procedendo a Roma senza che Lubiana sia stata ancora invitata a dire la sua sul prevedibile impatto transfrontaliero, s'innesta il grande progetto transbalcanico dell'oleodotto, seguito forse anche da un gasdotto, Costanza-Trieste. Se i protocolli in merito dovessero essere firmati in breve tempo, con o senza la Slovenia che per il momento ha congelato il proprio sostegno alla grande opera e la concessione di 30 km lungo la propria zona carsica, i lavori tra Romania, Serbia e Croazia dovrebbero partire già alla fine di quest'anno. Il tracciato previsto ha infatti delle alternative nell'ultimo tratto. Per evitare la Slovenia l'oleodotto attraverserebbe l'Istria e affonderebbe in mare seguendo la linea di contatto tra le acque territoriali croate e quelle italiane per riaffiorare infine a Trieste.
Una soluzione questa che entrerebbe in collisione diplomatica con la Slovenia in quanto Lubiana ha di recente dichiarato una propria zona ecologica (in verità molto virtuale e in chiave anticroata) proprio lungo il fazzoletto di mare previsto per l'oleodotto. È strano ma anche indicativo che ad annunciare questo prevedibile contenzioso sia proprio "Il Piccolo" nelle sue pagine "Istriane". Un modo insomma di avvertire o di "provocare" i vicini sloveni, alludendo ad un riconoscimento tout-court della sovranità croata sul mare conteso, per ottenere una contropartita.
Insomma, un ben congeniato gioco delle parti, un pressing teso a smussare le bizze slovene e a favorire il tracciato originale ma anche i piani delle multinazionali (Endesa e Gas Natural) che a braccetto con la Friulia (l'ente finanziario della regione), prevedono la costruzione dei rigassificatori nel golfo di Trieste, uno dei quali sorgerebbe più vicino alla costa slovena che a quella italiana. Un business esorbitante, tanto più se il terminal gas in-shore di Zaule, presso Muggia, a soli 3 km dal confine sloveno, già in procedura d'arrivo, dovesse dedicarsi esclusivamente alla vendita di gas ai paesi dell'Europa orientale.
Il WWF del Friuli Venezia Giulia protesta e avverte; la valutazione dell'impatto ambientale è già in corso nonostante il progetto non preveda alcun tracciato del gasdotto che unirà l'impianto alla rete di distribuzione. Gli ambientalisti non hanno dubbi; altro che fabbisogno regionale! Per piazzare i tubi si attendono i clienti dell'Est; ecco perché Illy un giorno sì e uno no è in Slovenia a convincere i locali manager a sganciare i russi e a comprare a Trieste.
La petizione on line del settimanale sloveno "Mladina" contro i terminal di rigassificazione
http://terminal.mladina.si/index-it.php