Immagine di copertina de "La distrazione"

L’agente segreto Peter Jarković, d'origine dalmata, ci accompagna dalla Mosca di Stalin alla vigilia della guerra civile spagnola. Una recensione dell'ultimo libro di Enzo Bettiza

28/05/2013 -  Diego Zandel

Se ho capito bene, l’ultimo romanzo di Enzo Bettiza “La distrazione”, edito da Mondadori, è la prima parte di un dittico che vede come protagonista il dalmata Peter Jarković, un uomo che alle soglie del terzo millennio, per la precisione il 31 dicembre del 2000, compie 90 anni e, ritiratosi nell’isola di Brazza, Brac in croato, si mette a scrivere le sue memorie. Non tanto memorie generiche, biografiche, che pure ci sono – la famiglia Jarković di armatori caduti in disgrazia per la crisi del ‘29, il padre suicidatosi, la madre inquieta e fragile, il giovane Peter studente al Politecnico di Vienna – quanto di prospettiva, nel taglio storico-politico che l’autore, vestiti i panni del suo protagonista, ha voluto imporre alla narrazione in prima persona.

Il trucco c’è, e si vede. Bettiza, grande conservatore, anticomunista, ha regalato al suo personaggio un profilo autobiografico, completo di dati propri, molti dei quali sono già rintracciabili nel suo libro di maggior successo, “Esilio”: ovvero l’identità dalmata, la natia città di Spalato, la famiglia borghese, le serve morlacche, la promiscuità etnica, il bilinguismo. Ma ha rivestito il tutto addosso a un suo opposto, se non, forse, nel carattere e in certi ricordi personali, certamente nella figura politica.

Peter Jarković, infatti, non solo è un comunista, bensì addirittura un agente dell’Oms, la sezione di spionaggio del Komintern, abituato quindi a muoversi sul filo del rasoio della doppiezza e del tradimento, in una dimensione di grande discrezione, al limite nella parte di un uomo ombra. A questo punto, il racconto che egli farà degli eventi, da testimone, non potrà che nutrirsi del cinismo che il suo ruolo gli impone: una visione che, inevitabilmente, nei giudizi politici e in quelli della natura umana, così come questa nel mondo comunista si è espressa nelle sorde lotte di potere, combacerà con quella del conservatore Bettiza.

Ora, questo romanzo, come prima parte di un dittico, racconta il periodo che va dalla crisi dell’austromarxismo alla vigilia della guerra civile in Spagna. Ed è molto interessante entrare negli avvenimenti quasi dall’interno, da dietro le quinte, appunto, com’è la chiave narrativa scelta dall’autore.

Con l’agente segreto Peter Jarković , assunto il nome di Petr Jarkov, in codice 808, siamo all’hotel Lux di Mosca dove i dirigenti comunisti (incontreremo brevemente anche l’italiano Ercoli, alias Palmiro Togliatti) vengono istruiti alla lotta di classe sotto il ferreo controllo degli uomini di Stalin. L’atmosfera è cupa, di sospetto, che comunque, a un certo momento, vedremo stemperarsi quando tra Jarković e la dežurnaja, la donna che era la governante-spia presente ad ogni piano, assisteremo a un incontro erotico nel silenzio più assoluto in nome della sicurezza di entrambi. A riguardo, c’è da dire che l’incontro erotico con la dežurnaja, che poi scopriremo essere un capitano dei servizi segreti, non sarà l’unico nel romanzo né lei l’unica donna, visto che queste negli anni si succederanno a iosa fino alla fine, quando il novantenne Peter non esiterà a mettere le mani sui seni della bella e procace Delkica che ogni giorno lo raggiunge nella sua casa nell’isola di Brazza per accudirlo.

Anzi, il romanzo comincia proprio da questi passi e si estende quando, sempre a Brazza, Peter vede scendere dal piroscafo una donna che assomiglia a una sua amante, cassiera alla storica Konditorei dell’Hotel Sacher (dove nacque l’omonima torta), quando lui venne in pratica reclutato dall’Oms, da parte del comunista fiumano Bruno Amok. Il ritorno in patria poi - nella Jugoslavia all’epoca ancora Regno dei serbi, dei croati e degli sloveni - lo porterà ad assistere, con premonizione di quanto vedremo all’inizio dell’ultimo decennio del secolo scorso, alla grande contesa etnica tra serbi e croati sul filo, straordinariamente raccontato da Bettiza, del cabaret e della figura e le opere del grande scrittore croato Miroslav Krleža.

Immaginiamo che la seconda parte del dittico prenderà gli anni che vanno dalla guerra di Spagna alla dissoluzione della Jugoslavia di Tito, visto che già in questo romanzo, per lo meno all’inizio, ci sono riferimenti al nuovo stato croato e alle vicende che hanno portato alla sua costituzione. Ed è certo che se il titolo di questo romanzo “La distrazione” richiama una sindrome di cui sembra affetto il protagonista (per cui sarà curato in una clinica di Vienna), di questa sicuramente non è affetto lo scrittore Enzo Bettiza, che non sembra affatto distratto, bensì più presente che mai.