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Una conversazione di viaggio, un racconto che gioca su luoghi comuni, tra Italia ed Albania

30/04/2020 -  Dardo Veleno

(Questo racconto è stato pubblicato originariamente in albanese sul blog di Dardo Veleno )

Appena seduto capì subito che la signora di fronte aveva voglia di parlare. Sentiva il suo sguardo curioso che inseguiva i suoi movimenti mentre prendeva posto e si accomodava. Il cortese invito della donna di poggiare il giubbotto sulla poltrona libera, con voce dolce e sorriso simpatico, non fece altro che confermargli la prima impressione. Ma non gli dispiacque, aveva anche lui bisogno di scambiare due parole.

– Scusi, forse sono indiscreta, ma lei di dov’è? – gli chiese dopo i primi convenevoli.

– Perché me lo chiede? – sorrise l’uomo di mezza età non senza interesse.

– Beh, ho sentito un accento strano mentre parlava, come se fosse straniero… – lasciò cadere il discorso con un po’ di imbarazzo.

– Ottima osservatrice signora! – si complimentò lui sinceramente, – È vero, sono straniero.

– E di dov’è? – domandò lei senza nascondere la curiosità.

– Albania. Sono albanese.

– Albanese? – ripeté con un misto di sorpresa ed entusiasmo - Che bello! In Albania non ci sono mai stata ed è la prima volta che incontro un albanese. Mi ricordo, quando ero giovane, di Radio Tirana che mandava in onda notiziari in italiano. Molto interessante.

– Eh sì, erano altri tempi – rispose pensieroso l’uomo.

– Comunque – aggiunse lei – ho visto su internet che l’Albania è meravigliosa: il mare, la natura, la montagna, le persone. Tutto stupendo.

– Sì, concordo. Ma anche l’Italia non scherza – rispose l’uomo ricambiando con gentilezza.

– Dicono che gli albanesi parlano perfettamente l’italiano. L’hanno imparato dalla televisione.

– Non è certamente il mio caso. Ma forse perché non guardo troppa TV, il che fa male – ribatté autoironicamente l’uomo.

– È da molto in Italia?

– Abbastanza, saranno… – cercò di ricordare.

– Mi lasci indovinare – lo interruppe la signora piuttosto incuriosita. – Lei è arrivato con le navi in Puglia tanti anni fa, quando c’è stato quell’esodo. Tanti film su quelle navi… Quante sofferenze.

– Molti miei connazionali sono arrivati con le navi. Una vera odissea. Ma non io – affermò l’uomo per nulla stizzito.

– È arrivato con i gommoni? Clandestino? – chiese la signora. – Ho visto in TV tanti casi.

– No, no. Quali gommoni! Quale clandestino! Sono venuto con un visto turistico, regolare. In aereo per giunta.

– Davvero? – chiese incredula. – Ma sicuramente avrà sofferto tantissimo all’inizio. Poi proveniva dalla povertà estrema di allora.

– Non particolarmente. La vita del migrante non è mai semplice, ma ho fatto del mio meglio. Diciamo che mi è andata bene. Comunque, all’epoca di quel regime disumano molte persone sono morte di persecuzioni e di fame. Devo ammettere francamente che me la sono scampata, per puro caso.

– Adesso, scommetto che lei è un uomo di successo. La vedo così distinto, con questo bel vestito… Complimenti! – disse la signora senza malizia.

– Magari signora! – rise lui. Me lo sono comprato per un’occasione speciale. Mica mi vesto così ogni giorno.

– Lei mi sembra un artista. Musicista, cantante o ballerino? – azzardò la signora. – Ho sentito in TV che avete una tradizione educativa straordinaria in questi campi, con scuole serie e durissime.

– Grazie signora, per me è un complimento. Per la verità non conosco una nota musicale, sono stonato come un asino e non ho ballato neanche al mio matrimonio, con la mia sposa.

– Allora è un pittore. So che la fantasia non vi manca, avete colorato anche Tirana, ho letto sui giornali.

– Non sono pittore, signora. Sono totalmente negato, tra l’altro anche daltonico.

– Strano, sapevo che gli albanesi fossero famosi in queste arti. Ma lei forse è più portato per gli sport. Calciatore? – insistette la signora.

– Ho giocato a pallone fino alle superiori. Gli amici all’inizio mi hanno messo in porta, poi in panchina, per dimenticare infine il mio numero telefonico. La verità, signora, è che sono molto pigro. – le confessò sinceramente.

– Quindi in quale campo ha avuto successo dopo tanto duro lavoro? Vive ancora qui o è rientrato in Albania grazie alla ripresa fantastica del paese? Ho visto certe foto di Tirana, piene di luci, bar, ristoranti, giovani. – disse la signora con ammirazione.

– Successo? Ma no! Faccio una vita normale, con una famiglia normale e ho deciso di vivere qui, sempre lontano dagli sfarzi del centro – rispose con serenità.

– Ha menzionato il suo matrimonio. Ma anche sua moglie è albanese? – la domanda della signora non suonò invadente.

– Sì, anche lei è albanese.

– Sicuramente è bellissima, come tutte le albanesi. Cosa fa, la presentatrice televisiva? È bionda? So che una volta da voi le bionde le guardavano male.

– Non so se è bellissima. Per me lo è. Comunque odia le telecamere. Ed è bruna – affermò con una certa rassegnazione.

– Scusi, non voglio importunarla, ma è giusto per parlare, per passare il tempo. Sicuramente sarà abituato ad ascoltare la gente. È un medico, vero? L’Albania ha tanti dottori bravi. Oppure è un politico? So che l’Albania ha dei politici visionari – disse guardandolo fisso negli occhi.

– Non mi disturba affatto. Comunque non sono un medico, purtroppo, tanto meno un politico. Poi a me il sangue fa impressione e parlare in pubblico mi dà ansia. – rispose l’uomo aprendo le braccia.

– Ho letto che gli albanesi sono ospitali, generosi e riconoscenti. Un bel popolo.

– Certamente è così – confermò seriamente. Poi sorridendo aggiunse: – Ma se sentisse mia moglie, quando arrivano i suoi parenti a casa mia, le direbbe che sono un burbero egoista. Ma anche loro mica si comportano da riconoscenti. Lasciamo stare…

– Insomma, lei non mi vuole dire cosa fa nella vita – disse rassegnata la signora.

– Volentieri signora, ma rimarrebbe delusa. Comunque faccio una vita modesta, da persona semplice. – ribadì serenamente mentre fissava gli occhi perplessi dell’interlocutrice.

Dopo alcuni attimi di silenzio e di esitazione, la signora prese coraggio e gli disse convinta: – Lei non sembra albanese.

L’uomo ebbe la sensazione di un chiaro déjà-vu, ma una specie di immagine in negativo, a colori invertiti. Sprazzi dal passato: scena, dialoghi, personaggi, espressioni, gesti… tutto uguale, stesso schema ma connotazioni opposte. Dopo qualche istante, abbozzò un leggero sorriso e rispose assorto: – Eh sì… Non è la prima volta che me lo dicono. E probabilmente neanche l’ultima.