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Luca Rastello, Sarajevo 14 giugno 2014 - foto © Mario Boccia

Nel terzo anniversario della sua morte, esce per Chiarelettere un libro postumo di Luca Rastello. Giornalista e scrittore, attivista nel movimento di solidarietà italiano con le popolazioni della ex Jugoslavia in guerra, è stato anche il primo direttore della testata online 'Osservatorio Balcani'

06/07/2018 -  Nicole Corritore

Dalla prima mattina sapevo che quel lunedì 6 luglio avrebbe decretato la fine – o "un altro inizio", come lui avrebbe amato dire – della vita di Luca Rastello. Mario Boccia, caro amico comune che era in partenza da Roma verso Srebrenica, dove ci saremmo trovati pochi giorni dopo per realizzare riprese video per un documentario sulla cooperativa "Zajedno-Insieme ", mi scrisse: "Luca ci sta lasciando, vado a Torino, ti faccio sapere".

E così davanti al PC di redazione attendevo ogni minuto i suoi messaggi, mentre le lacrime trattenute si mischiavano a ricordi di tutto ciò che Luca aveva rappresentato per la sottoscritta e per i tanti che lo avevano conosciuto dal lontano 1993 in ambito "ex jugoslavo", così come per i lettori dei suoi graffianti articoli e libri e per noi della prima testata online "Osservatorio sui Balcani " di cui nel 2004 era diventato direttore.

Luca Rastello, giornalista, scrittore, instancabile combattente e attivista. Morto nel pomeriggio del 6 luglio del 2015 , a soli 54 anni, dopo una lunga malattia che aveva - oserei dire - "preso per il bavero", in una sfida che ha affrontato con ironia e testardaggine deciso a vincere la battaglia.

Luca Rastello è stato inviato del settimanale Diario, ha diretto le riviste L'Indice e Narcomafie, è poi entrato a L'Espresso, a D Donna e infine nella redazione di Repubblica. Ma Luca è stato anche uno delle migliaia di italiani che con lo scoppio, a partire dal 1991, dei conflitti di dissoluzione della Federazione Jugoslava ha intrecciato il suo lavoro di giornalista con quello di attivista/volontario in azioni di solidarietà con le popolazioni che fuggivano dalla guerra.

È così divenuto uno degli importanti nodi della rete solidale italiana attiva dagli anni '90 e riunita nel cappello nazionale del Consorzio Italiano di Solidarietà, organizzando l'accoglienza di bosniaci profughi, la raccolta di aiuti umanitari e l'organizzazione di molteplici iniziative pubbliche con il "Comitato accoglienza profughi ex Jugoslavia di Torino" da lui fondato con un gruppo di amici.

Questa esperienza pubblica, intrecciata con quella privata e le testimonianze raccolte nei continui viaggi tra Italia e Balcani, lo ha portato a scrivere nel 1998 il suo primo libro, La guerra in casa (Einaudi). È poi seguita, nonostante la malattia "incontrata" ad un certo punto della sua vita, una corposa produzione letteraria: Piove all'insù (Bollati Borghieri, 2006); Io sono il mercato (Chiarelettere, 2009); Undici buone ragioni per una pausa (Bollati Boringhieri, 2009); La Frontiera addosso . Così si deportano i diritti umani (Laterza, 2010); Democrazia: cosa può fare uno scrittore?, scritto a due mani con Antonio Pascale (Libri di Biennale Democrazia, 2011); Binario morto. Lisbona-Kiev. Alla scoperta del Corridoio 5 e dell'alta velocità che non c'è (Chiarelettere, 2013); I buoni (Chiarelettere, 2014).

L'8 luglio del 2015, al suo funerale a Torino eravamo decine e decine, provenienti da ogni dove. Siamo stati accolti dalla lettura del testo "Lettera alle pulci piccole in forma di testamento", che Luca aveva scritto per le due figlie ma con il quale ha lasciato un forte messaggio a tutti noi che lo avevamo conosciuto. Tra le frasi di quel testamento che sono rimaste scolpite nella nostra memoria vi è sicuramente "Se potevo restavo". Perché è una frase con cui Luca ha ribadito, testardamente, il suo attaccamento alla vita, spingendoci nei tre anni dalla sua morte ad usarla spesso in articoli, incontri di dialogo e riflessione a lui dedicati.

Nel terzo anniversario di questo vuoto-pieno lasciato da Luca Rastello, eccolo riapparire con un libro postumo. Sua moglie Monica Bardi, che ne ha curato l'edizione, nell'incontro dedicato a Luca nell'ambito del Festival "Balcani d'Europa. Lo specchio di noi " tenutosi a Modena e provincia nel maggio scorso, ci ha raccontato com'è nato il titolo: "Quasi sapesse, direi profetico, il giorno prima di morire ha aperto il file del suo nuovo romanzo che stava scrivendo e ha cambiato il titolo da La luce a Dopodomani non ci sarà".

Un romanzo incompiuto, come ha poi raccontato Monica durante l'incontro, di cui Luca aveva cominciato a leggerle dei passaggi, dedicato alle sue esperienze e riflessioni filosofiche sulla vita d'ospedale. Dedicato a ciò che accade al malato una volta entrato dentro questo spazio isolato dal "mondo dei sani", come scrive Monica nell'introduzione: "Abbiamo raccolto in questo libro le parti più compiute del romanzo, nella certezza che la visione del mondo che esprimono e le riflessioni (spesso urticanti e feroci) che contengono possano essere utili a sani e malati".

Oggi esce quindi Dopodomani non ci sará - sull'esperienza delle cose ultime per Chiarelettere. È la raccolta di tutto ciò che Monica Bardi ha trovato nel computer di Luca nella cartella "Progetto Grande Ospedale", come ha raccontato nell'intervista del 4 luglio uscita su Repubblica : "L’ho letto, riordinato, ho valutato che cosa avesse consistenza, ho assegnato i titoli ai capitoli... Ho tagliato poco, il meno possibile, cercando di capire che cosa gli stava a cuore. La storia è rimasta solo abbozzata, perché non ha fatto in tempo a scriverla".

Un libro che alla fine riporta il testo integrale della lettera, commovente e ironica al contempo, dedicata alle figlie ma anche a coloro che hanno fatto un pezzo di strada con lui. Persone che Luca ha deciso di non "lasciare in pace" nemmeno dopo quel 6 luglio, come ha scritto in chiusura di testamento: "E gli amici non posso nominarli tutti, sarebbe una lettura di ore, ricordo - ma se lo ricordano tutti - banalmente un motivo della mia lunga e sorprendente sopravvivenza, così come lo chiarì Dina Grisenti: «Non puoi morire: quando sei caduto, intorno a te si sono alzati così tanti e tanto fitti cerchi di lance che la morte farà fatica a passare». Io dico che erano anche cannoni, mica solo lance: grazie artiglieri! Mi mancherete. O forse no, se riesco a vagare un po' da fantasma. Infesterò le mie case senz'altro, ma spero mi lascino anche girare un po', non riesco proprio a farne a meno. Per esempio, aspetta un po', vado solo a vedere cosa c'è dietro la curva...".