Sarajevo, 5 aprile 2012, Piero Del Giudice e Nicole Corritore - (Foto © Tullio Bugari)

Sarajevo, 5 aprile 2012, Piero Del Giudice e Nicole Corritore (Foto © Tullio Bugari )

Dopo una breve malattia, il 30 agosto è morto a Milano Piero Del Giudice. Docente, giornalista e scrittore, inviato nei paesi della ex Jugoslavia, curatore di edizioni italiane dell’opera di diversi poeti e scrittori del sudest europeo è stato anche collaboratore di OBC Transeuropa. Un ricordo

19/09/2018 -  Melita Richter*

Era uno dei grandi. Un appassionato, collerico, visionario, schierato dalla parte delle vittime e della ragione, competente e pronto sempre ad approfondire, a conoscere, a dedicarsi alla ricerca. I Balcani nel cuore, la Bosnia, la sua Sarajevo. Era e rimane un partigiano.

L’ultima volta che lo vidi a Trieste si muoveva con difficoltà, ma con l’eterno spirito giovanile. E tanti progetti ancora. Abbiamo collaborato in diverse occasioni, chiedeva l’aiuto, anche quello “alla Piero”, immediato, di contatti balcanici, di traduzioni istantanee… Si accaldava se le cose stentavano a partire, critico e severo. Un fiuto fine a riconoscere i nazionalismi anche camuffati da posizioni dotte degli intellettuali su misura del nuovo corso, ma vecchie ideologie.

Ha promosso voci di altri, quelli dallo sguardo critico, autonomo, quelli che osano denunciare la fascistizzazione della società, la chiesa, prima di tutto quella cattolica di Zagabria, “un gran bordello”, scriveva proprio nell’articolo dedicato alla lingua, "Našim jezikom. Nella nostra lingua " uscito su Alfabeta. In tempi di rinascita di egoismi nazionalisti, vale la pena di leggerlo.

È stato convinto europeista, ha sofferto vedendo il crollo dell’Europa proprio nel cuore della Bosnia, a Sarajevo. Alla città assediata ha dedicato uno straordinario libro-testimonianza "Sarajevo! Il libro dell'assedio" (ADV edizioni, Lugano, marzo 2012) antologia di testi di Dževad Karahasan, Tvrtko Kulenović, Abdulah Sidran, Izet Sarajlić, Marko Vešović. Una raccolta di voci dei protagonisti, dei cittadini intrappolati nella valle della Miljacka esposti alla mattanza e alla distruzione della memoria. La sua voce nell'ombra, molta fotografia e molta letteratura per restituire alla città, alla Bosnia, alla Jugoslavia, quella componente culturale così ricca che molti dimenticano citando frasi convenienti sul buio balcanico, krčme e coltelli. La sua testimonianza è altra, attenta sempre ai volti della resistenza.

Ho collaborato alla sua “Galatea ”, rivista europea di informazione con sede nel Canton Ticino, al libro enciclopedico "Romanzo balcanico" (Aliberti Editore, 2009) in cui Piero ha raccolto l'opera omnia di Abdulah Sidran per il teatro e il cinema.

Non tutti i testi la passavano liscia. Era un maestro esigente, severo. Troncavamo la comunicazione per poi riprenderla sapendo che l’amicizia contava di più. Teneva alla qualità, anche alla forma. Esperto nell’ambito dell’arte, della letteratura, ha portato a Trieste un evento di altissimo livello, una grande rassegna di opere d'arte sulla Grande Guerra , nell’ambito delle iniziative nazionali per il Centenario: quadri, sculture, disegni, incisioni, documenti, testi letterari e scritture anonime. Opere di Dix, Grosz, Kollwitz, Leger, Sironi, Balla, Sartorio e molti altri. Questa città è in debito con lui.

Penso giusto citare anche il ricordo scritto da Mario Boccia, fotogiornalista conosciuto da tutti coloro che hanno avuto e hanno ancora oggi la Bosnia nel cuore, appena avuta la notizia della morte di Piero: "Ho conosciuto Piero del Giudice a Sarajevo, durante l’assedio. I nostri caratteri ci impedirono di fraternizzare a prima vista. Per questo la stima che è nata negli anni seguenti vale di più. Ricordo la prima volta che lo vidi, a Falconara, aeroporto militare da dove partivano i cargo militari dei voli organizzati dall'UNHCR che portavano anche giornalisti accomodati tra i pallet degli aiuti umanitari. Era il 1993."

E poi Mario conclude: "Di sicuro condividevo con lui l’imbarazzo dell’obbligo di indossare giubbotti antiproiettile ed elmetti militari per essere imbarcati. Ce li toglievamo appena atterrati, per non sentirci privilegiati di fronte al primo bambino che incontravamo per strada. Notai Piero (che non conoscevo di persona) perché oltre a un borsone portava un mazzo di rose rosse. La sua espressione mi dissuase dallo scattare foto. Seppi dopo, che quelle rose erano per il compleanno di una signora, un’amica comune. Non si trattava di un corteggiamento, ma di un omaggio voluto. Portare rose ad un’amica in una città assediata. Piero del Giudice era anche questo."

L’ultimo testo che Piero Del Giudice mi ha mandato in lettura era dedicato a Fenoglio, al suo romanzo della resistenza italiana, “scrittore e partigiano” come inciso sulla sua lapide. Aveva dei progetti, avevamo dei progetti comuni. Senza di lui mi sarà difficile proseguire. Grazie Piero per il tuo impegno, per l’umanità, per l’amicizia, per la passione con cui affrontavi il mondo.

*sociologa, saggista, poeta e docente universitaria