A novembre si terrà a Firenze l'European Social Forum. Ecco la proposta di lavoro dell'Osservatorio per una conferenza e dei gruppi di lavoro specifici sui Balcani.
"Eppure i Balcani non sono sostanzialmente diversi dall'Europa, di cui sono una regione: sono il suo rimosso, il suo inconscio, il suo specchio e, in un certo senso, la sua interiorità e la sua verità"
(Rada Ivekovic, Autopsia dei Balcani)
Giustificazione della proposta
Nel corso degli ultimi dieci anni - dal crollo del blocco socialista e dall'inizio dei conflitti in ex-Jugoslavia - i Balcani si sono ricavati uno spazio autonomo sia tra le analisi sia tra gli interventi di cooperazione, anche rispetto agli altri paesi dell'Europa orientale. Questo significa che la regione Balcanica è stata in qualche modo considerata per dieci anni qualcosa di "altro" dall'Europa - occidentale come orientale - sia in termini scientifici sia politici sia di intervento umanitario. Tale alterità è dovuta da un lato ad una reale specificità storica e sociale dell'area - che è stata riconosciuta anche nella recente riunione preparatoria dell' ESF a Vienna, dove è stato istituito un gruppo di lavoro sui Balcani nell'ambito della più generale sessione di lavoro dei delegati dell'Europa Centro-orientale - dall'altro per la difficoltà di lettura dei fenomeni di dissoluzione della ex-Jugoslavia.
Indicatori interessanti di questa anomalia - tra gli altri - sono la presenza massiccia di interventi di cooperazione internazionale di tutti i tipi (inter- e sovra-governativa, governativa, non-governativa, decentrata) ma condotti per lo più - e specialmente nella cooperazione non-governativa - da personale formato ad esperienze extra-europee (a differenza dal personale impegnato negli altri paesi in transizione); o ancora dalla difficoltà di definizione geografica di Balcani: Romania e Bulgaria sono spesso considerati "Europa orientale" e non Balcani, come se la vicenda balcanica dovesse e potesse essere definita solo dal conflitto (tra gruppi etnici in ex-Jugoslavia, sociale estremo in Albania).
Le chiavi di lettura che hanno definito questo "mondo a parte" - tendenzialmente limitate ad un'analisi regionale non integrata all'analisi dei processi mondiali della globalizzazione neo-liberista e della modernità - sono state essenzialmente due:
1. Quella della irrimediabile violenza etnica, frutto di odio atavico e secolare, sulla quale eventualmente intervenire solo militarmente
2. Quella del luogo di conquista militar-imperialista della U.E e/o di alcuni paesi membri: della "guerra importata" al fine dell'occupazione militare ed economica dell'area (con la variante buonista che affermerebbe che siccome "la gente comune soffre e non vuole la guerra" la soluzione è solo quella dell'interposizione o della condivisione)
E' ora di cambiare entrambe questi approcci - nella teoria come nell'azione - valorizzando anche l'apporto dei nascenti movimenti per un altra globalizzazione, che anche nei Balcani cominciano ad emergere.
Questo può essere il ruolo del Social Forum Europeo.
I Balcani e l'Europa
Le vicende balcaniche di questi anni non sono lo specchio del peggiore passato dell'Europa, ma potrebbero essere quello del suo futuro; non espressione di barbarico passato, ma retriva modernità.
La dissoluzione della ex-Jugoslavia nasce in seno alla Federazione stessa e non è prodotta/promossa dai paesi dell'Unione Europea. Semmai è il risultato di un' esplosione internazionale della FRSY seguita alla caduta del ruolo di paese cuscinetto tra est e ovest e di capofila dei "non allineati", dei conflitti interni tra elite politico-militari ed economiche che strumentalizzano vecchi rancori etno-nazionali per consolidare il proprio potere.
La logica e conseguente trasformazione dell'area in free-trade zone "naturale" quella sì, è interesse delle mire economiche occidentali: un'ampia zona nel "cortile di casa" funzionale al riciclo di denaro e ad ogni tipo di commercio più o meno clandestino, serbatoio di mano d'opera qualificata e a basso costo, valvola di sfogo delle tensioni interne all'Unione Europea. Non è un caso che guardando una qualsiasi cartina che illustri i processi e le prospettive di allargamento della U.E. (e in parte anche del Consiglio d'Europa) si materializzi un buco nero sull'Europa Sud-orientale, mentre tutt'attorno si immaginano adesioni più o meno a breve termine.
Questo è il ruolo che la politica Europea - e in particolare i governi di destra - attribuiscono oggi ai Balcani: come mai il governo Berlusconi si oppone ad ogni dibattito sull' allargamento ai Balcani mentre si entusiasma ad una prossima adesione della Russia? E sarebbe ingeneroso e strategicamente sbagliato non riconoscere - in seno alle stesse istituzioni europee - isolate e minoritarie contro-tendenze: lo stesso presidente Prodi, pur con un background politico e culturale chiaramente diverso da quello del movimento globale, cerca di promuovere un approccio alternativo e positivo alla questione balcanica.
Una conferenza sui Balcani allo ESF
Il gruppo di lavoro sui Balcani costituitosi a Vienna - composto di una quindicina di persone provenienti da Jugoslavia, Croazia, Macedonia, Grecia e Italia - ha avanzato la richiesta che a Firenze si realizzi una conferenza mattutina sui Balcani.
Tale conferenza non deve essere concepita come luogo di riflessione dei balcanici per i balcanici, ma come proposta per i movimenti europei ad uscire dagli schemi interpretativi più grezzi e come invito a problematizzare la propria militanza rispetto alle dinamiche di politica estera europea. Scopo della conferenza deve essere quella di identificare le caratteristiche specifiche dei Balcani che fanno di quest'area un tema fondamentale di identità europea.
Per questo motivo non deve assolutamente essere collocata all'interno di un'area tematica su Guerra e Pace, ma all'interno di quella che si occupa di Europa, allargamento della U.E., ecc.
Temi della conferenza potrebbero essere:
- Il mito del conflitto etnico vs. il mito dell'imperialismo europeo
- I Balcani come luogo dei flussi (finanziari, degli esseri umani, della droga, delle armi,...)
- Balcani e U.E.: l'Europa che c'è e l'Europa che volgiamo (integrare i Balcani serve a cambiare l'Europa).
- Autogoverno e autosviluppo nei Balcani (con riferimento alla Carta dei Municipi di Porto Alegre), anche come risposta alla crisi della cooperazione.
Laboratori
La conferenza potrebbe essere accompagnata da una serie di workshop tematici - a cura delle organizzazioni balcaniche presenti a Firenze o delle organizzazioni che si occupano di cooperazione con l'area - e che potrebbero riguardare temi più classici del dibattito interno al movimento dei social forum o approfondire in maniera più analitica e precisa alcune questioni aperte nella conferenza (così come identificati dal gruppo di lavoro):
- trafficking e prostituzione
- migrazioni e rifugiati (Schengen e diritto all'asilo)
- presenza militare della NATO
- presenza e ruolo della comunità internazionale
- cooperazione internazionale e cooperazione decentrata: luci e ombre
- economia liberista e lavoro
- militarizzazione della società
- condizione della donna
- ambiente: rifiuti europei e privatizzazione delle acque (il Danubio)
- media indipendenti.