Una replica dello scrittore Diego Zandel ad un commento di Franco Juri che abbiamo recentemente pubblicato. L'ideologia, l'atteggiamento della dirigenza jugoslava, le foibe
In parte sono d'accordo con l’intervento di Franco Juri. L'elemento ideologico era importante. Franco Juri lo sa bene per dolorose vicende famigliari: suo padre Vittorio, italiano, faceva parte della formazione di partigiani comunisti, filojugoslavi, autori di quell'azione che è passata alla storia come la strage di Porzus, nel corso della quale furono uccisi 22 partigiani non comunisti, che al pari dei loro assassini combattevano contro i nazifascisti, ma per liberare l'Italia, non per consegnare la Venezia Giulia alla Jugoslavia.
In questo quadro, sul filo dello jugoslavismo, appunto, rientra poi l'elemento etnico, cioè quando e quanto esso costituisca un elemento di rischio - anche in chiave di possibile referendum per l'autodeterminazione dei popoli - del passaggio della Venezia Giulia alla Jugoslavia.
Vale a riguardo quanto scritto da Milovan Gilas: “Nel 1945 io e Kardelj fummo mandati da Tito in Istria. Era nostro compito indurre tutti gli italiani ad andar via con pressioni di ogni tipo. E così fu fatto”.
Ancora: ritengo riduttivo, o per lo meno non sufficiente, dire, come fa l'amico Franco: "Sono d'accordo con chi sostiene che un'angheria avvenuta prima non giustifica in alcun modo un'angheria nel dopo", e lo è, riduttivo o non sufficiente, nella misura in cui, come uomo di sinistra, credo che chi si ispira a un ideale di libertà e liberazione dell'uomo quale è per me il socialismo deve comportarsi di conseguenza e non come i fascisti, per i quali vale solo la libertà di alcuni uomini su altri, della propria nazione o razza sulle altre, della propria supremazia culturale, linguistica, religiosa su quella di altre.
Il socialismo abolisce queste disuguaglianze. Il regime filojugoslavo, da chiunque sostenuto, cioè anche dal PCI, le ha invece allora cavalcate.
Ciò non toglie verità, ovviamente, a quanto affermato dallo storico Gianni Oliva in un'intervista al Piccolo rilasciata in occasione dell'uscita del suo ultimo libro "Esuli": "Non per giustificare le foibe come reazione alla violenza fascista. Ma perché credo che, nella Storia, quello che è accaduto prima e dopo aiuti a inquadrare meglio il problema. E' ovvio che senza fascismo, la violenza, la guerra d'aggressione, tutto sarebbe andato diversamente".
Nello stesso tempo però io ritengo anche che se Tito e i partigiani filojugoslavi avessero sempre tenuto presenti, nel loro agire, i principi di uguaglianza e di libertà, di fraternità e di unità tra i popoli - che era il loro slogan - tutto sarebbe andato diversamente.