foto Pixabay

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La recente visita del presidente kosovaro Hashim Thaçi al lago di Gazivode, nel nord del Kosovo, ha aumentato la tensione con Belgrado, scatenando una “piccola guerra del weekend” che per fortuna è rimasta solo a livello mediatico

04/10/2018 -  Dragan Janjić Belgrado

Lo scorso fine settimana il presidente kosovaro Hashim Thaçi ha deciso di fare un giro in barca sul lago di Gazivode, situato nell’enclave serba al nord del Kosovo. Il fatto che Thaçi, durante la sua visita al lago, sia stato accompagnato dai membri delle unità speciali della polizia kosovara ROSU ha suscitato forti reazioni a Belgrado. I media serbi hanno parlato di un attacco albanese a Gazivode, mentre il presidente serbo Aleksandar Vučić ha reagito pronunciando un drammatico discorso, rivolto all’opinione pubblica locale, e decidendo di innalzare il livello di allerta operativa delle forze armate.

Thaçi ha trascorso circa 15 minuti sul lago di Gazivode, e l’intera “operazione”, compresi l’arrivo e il dispiegamento delle forze speciali della polizia, è durata qualche ora. La vicenda si è trasformata in una sorta di “piccola guerra del fine settimana” che, per fortuna, è rimasta limitata ai media. In realtà, la visita di Thaçi è trascorsa senza particolari tensioni e incidenti, e non è stato registrato nessun caso di arresto o di fermo di serbi del Kosovo. Stando alle testimonianze delle persone presenti, l’entourage di Thaçi ha chiesto agli addetti alla sicurezza di alzare la sbarra posta all’ingresso del lago, la loro richiesta è stata esaudita e tutto si è svolto senza tensioni.

Stando invece alle parole del presidente Vučić, all’operazione avrebbero preso parte tra 110 e 130 membri delle forze di polizia kosovara provenienti da tre diverse unità, i quali, armati di fucili, avrebbero bloccato le strade di accesso al lago e brutalmente maltrattato quattro persone, ponendo in stato di fermo molti cittadini, nonostante non avessero alcun motivo né il diritto di farlo. La polizia kosovara, dal canto suo, ha fatto sapere di aver garantito la sicurezza del presidente Thaçi durante la sua visita al lago, svoltasi senza incidenti, mentre i media di Pristina hanno riportato che all’intervento avevano preso parte circa 60 membri delle unità speciali della polizia kosovara ROSU.

A quanto pare, l’unica vittima dell’intera vicenda è stato Goran Dražević, di nazionalità serba, proprietario di una kafana situata nel villaggio di Banjska, nel comune di Zubin Potok (uno dei comuni a maggioranza serba nel nord del Kosovo), la cui casa è stata presa di mira con colpi d’arma da fuoco dopo la visita di Thaçi. Dražević ha detto che crede di essere stato preso di mira perché Thaçi si era recato nel suo locale per bere un caffè e un bicchierino di grappa. Questa affermazione lascia intendere che Dražević ritiene di essere stato attaccato dai serbi. In una dichiarazione rilasciata al portale di Pristina Insajderi , Dražević ha affermato che l’attacco è avvenuto alle 3 del mattino e che nessuno era rimasto ferito, precisando che la sua casa è stata raggiunta da una raffica di colpi d’arma da fuoco.

Gazivode

Nonostante i toni drammatici con cui i media serbi ne hanno parlato, e nonostante le dichiarazioni, ancora più drammatiche, con cui hanno reagito le autorità di Belgrado, i cittadini della Serbia e i serbi del Kosovo non si sono mostrati particolarmente sconvolti né preoccupati per la visita di Thaçi al lago di Gazivode. La vita ha continuato a scorrere come al solito, e la popolazione, a quanto pare, si sta pian piano abituando al sensazionalismo a cui i media e i politici ricorrono costantemente. I cittadini sono presi dai propri problemi e seguono le notizie senza approfondirle.

Gli avversari politici di Vučić e Thaçi hanno definito l’intera vicenda come una tempesta in un bicchiere d’acqua e come parte integrante di un’intesa tra il presidente kosovaro e quello serbo. Stando ai loro oppositori, i due presidenti hanno voluto mostrarsi davanti ai propri elettori come tenaci difensori degli interessi nazionali, pronti e capaci di proteggerli. Thaçi ha deciso di visitare il lago di Gazivode nello stesso giorno in cui i partiti di opposizione hanno organizzato a Pristina una manifestazione di protesta contro la sua proposta di demarcazione territoriale, ovvero uno scambio di territori tra Kosovo e Serbia, considerata dall’opposizione kosovara un tradimento degli interessi nazionali.

L’obiettivo della visita di Thaçi al lago di Gazivode – che il presidente kosovaro ha definito una visita ordinaria, precisando di poter visitare in ogni momento qualsiasi parte del Kosovo e di avere intenzione di continuare a farlo – era quello di mettere a tacere le accuse di tradimento degli interessi nazionali e di sminuire l’importanza e il senso della manifestazione di protesta organizzata a Pristina. Si è trattato di un’abile manovra con la quale il presidente kosovaro è riuscito, almeno in parte, ad alleviare le pressioni a cui è costantemente sottoposto, ormai da settimane, da parte dell’opposizione. Dopo questo episodio le pressioni di certo non cesseranno (potrebbero persino aumentare), ma Thaçi ha dimostrato di essere in grado di “rimanere in sella” e di non avere alcuna intenzione di arrendersi così facilmente.

Il lago artificiale di Gazivode è uno dei principali punti di contesa nel negoziato tra Pristina e Belgrado. La diga che lo forma è situata nel territorio dell’enclave serba al nord del Kosovo, mentre il lago si estende in gran parte in territorio serbo. La realizzazione di questo sistema idroelettrico, che fornisce un terzo del fabbisogno idrico del Kosovo e produce notevoli quantità di energia elettrica, è stata interamente finanziata dalla Serbia. Pristina chiede che il lago di Gazivode passi sotto la competenza esclusiva delle autorità kosovare, ma Belgrado si oppone a tale idea, insistendo sulla necessità di trovare un compromesso.

Rischi

La visita di Thaçi al lago di Gazivode è stata valutata come potenzialmente rischiosa, ma gli analisti di Belgrado e di Pristina ritengono che il rischio di disordini fosse minimo e che nessuna delle due parti avrebbe osato avventurarsi in un serio conflitto. Vučić ha ordinato che venisse innalzata l'allerta operativa dell’esercito serbo, ma le autorità di Belgrado sono ben consapevoli che un eventuale invio dell’esercito in Kosovo potrebbe sfociare in uno scontro con le forze della Nato presenti sul territorio kosovaro.

Le autorità kosovare potrebbero mobilitare le forze dell’ordine e provocare scontri con la popolazione serba, ma un conflitto aperto non giova nemmeno a Thaçi. Un’eventuale azione armata avrebbe senz’altro suscitato una forte opposizione da parte di Bruxelles e Washington; i negoziati bilaterali, già molto lenti e difficoltosi, sarebbero stati bloccati, e la stabilità dell’intera regione sarebbe stata seriamente minacciata. Di conseguenza, la retorica imperniata sull’impegno per raggiungere la normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina attraverso il processo negoziale, a cui ricorrono i presidenti dei due paesi, ne sarebbe uscita svuotata di ogni significato.

“Anche oggi, da questo bel posto, che è una grande risorsa energetica e agricola della Repubblica del Kosovo, rivolgo un invito a tutti i cittadini del Kosovo a lavorare insieme per un Kosovo nuovo ed europeo, un Kosovo membro della Nato e dell’Ue. Il Kosovo è un paese multietnico, indipendente e sovrano. I colloqui che si terranno a Bruxelles nei prossimi giorni e mesi saranno finalizzati al raggiungimento della pace, della stabilità e del riconoscimento reciproco”, ha dichiarato Thaçi a Gazivode. Questa dichiarazione è stata interpretata a Belgrado come una provocazione e un segnale che Pristina non è disposta ad accettare un compromesso sul lago di Gazivode.

Per quanto le sporadiche provocazioni possano rivelarsi politicamente vantaggiose per entrambe le parti, sia Pristina che Belgrado devono concentrarsi sui negoziati. Thaçi e Vučić si sono dimostrati incapaci di portare a termine il processo negoziale aperto con la firma dell’Accordo di Bruxelles, e ora si sono impegnati in negoziati su una ridefinizione del confine tra i due paesi.

I messaggi che arrivano da Washington e Bruxelles incoraggiano i due presidenti a trovare un compromesso da soli, ma questo non sarà facile. Episodi come la recente visita del presidente kosovaro a Gazivode mettono a repentaglio il processo negoziale e dimostrano che, in un clima di crescente nervosismo, la situazione potrebbe facilmente sfuggire di mano.