(foto Kossev)

(foto Kossev )

In Kosovo la vittoria dei partiti che erano all’opposizione, Vetëvendosje e LDK, avrà sicure ripercussioni sul dialogo tra Belgrado e Pristina. La linea del nuovo premier Albin Kurti sarà più dura rispetto a quanto avvenuto nel recente passato

10/10/2019 -  Dragan Janjić Belgrado

La vittoria dell’opposizione alle elezioni parlamentari in Kosovo, tenutesi domenica 6 ottobre, segna una grande svolta politica, destinata a incidere fortemente sui rapporti di forza sulla scena politica kosovara, ma anche sulle relazioni bilaterali nella regione.

Il nuovo esecutivo kosovaro sarà probabilmente formato da due partiti, Vetëvendosje (Autodeterminazione) e Lega democratica del Kosovo (LDK), un tempo il più forte partito degli albanesi del Kosovo. I partiti del governo uscente, guidati dagli ex comandanti dell’Esercito di liberazione del Kosovo (UÇK), passano all’opposizione. Secondo dati non ancora ufficiali, Vetëvendosje e LDK otterranno la maggioranza di 61 seggi su 120 nel nuovo parlamento, necessaria per formare un governo.

Il governo uscente, formato da una coalizione di più partiti, ha faticato non poco a garantire una maggioranza parlamentare. La sopravvivenza del governo dipendeva dai voti dei partiti della minoranza serba, e a volte è stato difficile trovare una linea comune su determinate questioni.

Dei 120 seggi dell’assemblea parlamentare 10 sono riservati ai rappresentanti della minoranza serba e altrettanti ai rappresentanti di altre minoranze nazionali. Un’eventuale nuova coalizione di governo composta da Vetëvendosje e LDK sarà meno frammentata e avrà un più ampio spazio di manovra. I due principali partiti che erano all’opposizione hanno infatti ottenuto voti sufficienti per garantire la maggioranza assoluta - seppur risicata di un solo seggio - e c’è da aspettarsi che ottengano anche il sostegno di alcuni rappresentanti delle minoranze nazionali.

Il nuovo premier sarà con ogni probabilità Albin Kurti, leader di Vetëvendosje, che in campagna elettorale aveva promesso di impegnarsi nella lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione e nel garantire lo stato di diritto.

I risultati delle elezioni parlamentari in Kosovo rispecchiano quindi in buona parte la volontà della maggioranza di cittadini, che vogliono che le istituzioni e lo stato di diritto vengano rafforzati e che la lotta alla corruzione venga intensificata. I partiti usciti vincitori dalle elezioni hanno inoltre promesso che avrebbero adottato una linea più dura nei confronti di Belgrado, e Albin Kurti ha dichiarato che, se dovesse essere nominato primo ministro, la sua priorità sarà la difesa degli interessi del Kosovo, anziché la riapertura del dialogo con la Serbia, volendo così sottolineare il fatto che il Kosovo è a tutti gli effetti uno stato indipendente.

Con affermazioni di questo tipo le forze politiche uscite vincitrici dalle elezioni stanno cercando di accattivarsi le simpatie della maggioranza della popolazione, facendo leva sui sentimenti nazionalisti.

È chiaro che, se Vetëvendosje e LDK dovessero riuscire a formare un nuovo governo, dovranno essere molti cauti nelle loro prese di posizione nei confronti di Belgrado, ma anche su altri argomenti, per evitare di compromettere la propria reputazione a livello internazionale.

Albin Kurti è apertamente favorevole alla creazione di un’unione tra Kosovo e Albania e nel suo ufficio, stando a quanto riportato dai media kosovari, non è esposta la bandiera del Kosovo, bensì quella dell’Albania. Ed è per questo che gli ambasciatori degli Stati Uniti e della Germania a Pristina, incontrati dal leader di Vetëvendosje dopo le elezioni, non hanno voluto farsi fotografare con Kurti nel suo ufficio, bensì davanti alla sede del suo partito. Così facendo, gli ambasciatori statunitense e tedesco hanno voluto inviare un chiaro messaggio: le potenze occidentali non sono favorevoli all’idea di un’unione tra Kosovo e Albania.

Negoziati

La vittoria di Vetëvendosje alle elezioni del 6 ottobre non è una buona notizia per Belgrado, non solo perché le forze politiche con le quali il governo serbo per diversi anni ha condotto i negoziati sulla normalizzazione dei rapporti bilaterali, firmando l’Accordo di Bruxelles, sono state sconfitte, ma anche perché il nuovo governo kosovaro probabilmente adotterà un approccio diverso nei confronti della Serbia.

La gestione del dialogo con Belgrado passerà nelle mani del nuovo premier, che con tutta probabilità sarà Kurti, il quale ha già annunciato che adotterà una linea più dura nei confronti di Belgrado e che il presidente Hashim Thaçi potrà avere solo un ruolo consultivo nei negoziati con Belgrado, come stabilito dalla Corte costituzionale del Kosovo.

Kurti sostiene fermamente che il dialogo tra Kosovo e Serbia debba essere inteso come dialogo tra due stati indipendenti, chiede la piena reciprocità nei rapporti tra Pristina e Belgrado, è contrario a qualsiasi proposta di uno scambio di territori tra i due paesi, e insiste sulla piena applicazione delle leggi kosovare sull’intero territorio del Kosovo, compresa l’enclave serba al nord del Kosovo.

Kurti ha più volte fatto sapere di essere disposto a revocare i dazi imposti dal governo Haradinaj sui prodotti provenienti dalla Serbia e dalla Bosnia Erzegovina, una misura che aveva spinto il governo di Belgrado a interrompere i negoziati sulla normalizzazione delle relazioni con Pristina. Tuttavia, dopo le elezioni, Kurti ha in parte cambiato la sua posizione, dichiarando che al posto dei dazi bisogna introdurre un principio di reciprocità.

In pratica, ciò significa che se il Kosovo accetta che sul suo territorio vengano importati prodotti con l’indicazione di origine “Repubblica della Serbia”, allora la Serbia deve accettare i prodotti con l’indicazione di origine “Repubblica del Kosovo”. Lo stesso vale per i passaporti e altri documenti di identità, nonché per le targhe con la dicitura “Repubblica del Kosovo”, che Belgrado non accetta in quanto non riconosce l’indipendenza del Kosovo.

C’è da aspettarsi che il nuovo governo kosovaro si impegni maggiormente per migliorare l’applicazione delle leggi kosovare nelle enclavi serbe, soprattutto nell’enclave al nord del Kosovo, e questo potrebbe provocare tensioni e proteste della popolazione serba. La Serbia non ha alcuna possibilità di intervenire in caso di disordini nel nord del Kosovo, pertanto un’eventuale radicalizzazione della resistenza dei serbi del Kosovo nei confronti delle autorità di Pristina comporterebbe rischi per la popolazione serba.

Dopo le elezioni il leader di Vetëvendosje ha inoltre fatto sapere di non voler collaborare con la Srpska Lista, che ha vinto in tutti i comuni a maggioranza serba, assicurandosi tutti e dieci i seggi riservati ai partiti serbi. Nel governo kosovaro un rappresentante è riservato alla minoranza serba, e Vetëvendosje, che ha già messo in chiaro di non voler entrare in coalizione con la Srpska Lista, sta valutando la possibilità di nominare come rappresentante della minoranza serba un esponente di un altro partito dei serbi del Kosovo.

Kurti sostiene che tale decisione trova fondamento nella Costituzione kosovara, mentre la Srpska Lista e Belgrado protestano, affermando che il nuovo governo kosovaro sarà illegittimo se non dovesse esserci un rappresentante della Srpska Lista.

Tensioni

Le forze politiche uscite vincitrici dalle elezioni kosovare non vogliono collaborare con la Srpska Lista perché ritengono che questo partito sia controllato dal governo di Belgrado che lo sta usando per mantenere sotto controllo il territorio del nord del Kosovo, lungo il confine con la Serbia.

Pristina vede in questa strategia il seme di una potenziale secessione del nord del Kosovo e un tentativo di preparare il terreno per una correzione del confine tra i due paesi. Il presidente serbo Aleksandar Vučić e il suo omologo kosovaro Hashim Thaçi avevano discusso in precedenza l’idea di uno scambio di territori tra Serbia e Kosovo, ma il movimento Vetëvendosje è esplicitamente contrario all’idea di qualsiasi correzione dei confini tra i due paesi.

Dal momento che non si è riusciti a realizzare l’idea di uno scambio di territori durante il precedente governo kosovaro, quando Thaçi aveva maggiore voce in capitolo sulla questione, è poco probabile, se non impossibile, che venga realizzata dopo la formazione del nuovo esecutivo kosovaro.

Il governo serbo e il presidente Vučić hanno disperatamente bisogno che Pristina faccia una concessione nei confronti di Belgrado per poter giustificare l’imminente proseguimento dei negoziati con il Kosovo. L’idea di uno scambio di territori sembrava una soluzione ottimale, ma con l’arrivo del nuovo governo kosovaro questa ipotesi sembra destinata a tramontare, e il tempo a disposizione per trovare un’altra soluzione, accettabile per Belgrado, sta finendo.

Bisogna tenere presente che l’attuale leadership di Belgrado ha firmato l’Accordo di Bruxelles che prevede che gli organi doganali, giudiziari e di pubblica sicurezza nelle enclavi serbe, compresa l’enclave al nord del Kosovo, vengano trasferiti sotto la competenza delle autorità di Pristina.

Questo processo è già concluso e nel corso dell’ultimo anno le autorità kosovare hanno più volte dimostrato di essere in grado di intervenire nel nord del Kosovo, inviando anche le forze speciali di polizia, senza provocare scontri.

Il governo serbo è sempre più sotto pressione da parte dell’opposizione e di altri opponenti che sicuramente cercheranno di sfruttare la vittoria dell’opposizione kosovara a proprio vantaggio per indebolire il regime di Vučić.