Se si vogliono evitare gli errori del passato, la Corte speciale del Kosovo deve cambiare strategia e guardare al Kosovo nel suo complesso, con coraggio e senza sottovalutare le possibili ripercussioni. Un commento
(Pubblicato originariamente da Prishtina Insight il 25 agosto 2017)
Dalla fine del conflitto nel 1999, i tribunali ibridi, locali e internazionali, sono stati i principali spazi di indagine sui più gravi crimini di guerra e contro l'umanità in Kosovo e nella regione.
La creazione della Corte speciale del Kosovo nel 2015 rappresenta il tentativo più recente di fare luce su una specifica serie di presunti crimini commessi da membri dell'UÇK durante e immediatamente dopo la fine del conflitto armato.
Se il Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY) sta per concludere il suo mandato con una reputazione nel complesso positiva, la sua eredità nei Balcani occidentali rimane controversa causa la perdurante polarizzazione delle comunità etniche, l'insoddisfazione delle vittime e l'impunità dei colpevoli.
La missione ONU in Kosovo (UNMIK) ha sistematicamente fallito nel pronunciarsi sui casi di crimini di guerra: a testimoniarlo rinvii, mancanza di continuità nel personale giudiziario, mancanza di formazione e capacità di gestire questo tipo di crimini e insufficiente protezione di giudici e testimoni. Successivamente, la missione UE per lo stato di diritto (EULEX), improntata a logiche di breve periodo, ha dato priorità ai casi di corruzione e crimine organizzato, ritenuti più facilmente investigabili e risolvibili.
Nell'ultimo decennio, le istituzioni giuridiche locali hanno mostrato la tendenza ad evitare i casi di crimini di guerra, delegandoli alle missioni internazionali: una riluttanza parzialmente derivante dalla mancanza di adeguata protezione per pubblici ministeri e giudici e timori di ritorsioni politiche.
E' destinata a fallire in questo campo anche la Corte speciale del Kosovo? Che impatto avrà sulla stabilità politica e le relazioni infra- ed inter-etniche in Kosovo? La risposta non può essere netta.
Il contesto socio-politico si presenta inospitale per la Corte speciale. Tuttavia, se tutti gli stakeholder locali e internazionali saranno più propositivi nel gestire i lasciti irrisolti del conflitto, sarà possibile rafforzare gli impatti positivi e mitigare quelli negativi.
Potenziali effetti positivi
In teoria, il primo obiettivo della Corte speciale del Kosovo è quello di rendere giustizia alle vittime, assicurarsi che i colpevoli scontino i loro crimini e porre fine al ciclo di impunità, nella speranza di lasciare al Kosovo e alla regione un'eredità positiva di pace e giustizia.
La Corte speciale del Kosovo dovrebbe fornire un quadro legale chiaro, sollevando il manto di incertezza che regna su questi crimini.
Questo processo darà al Kosovo la possibilità di dimostrarsi una società aperta e democratica che rispetta i valori di verità, giustizia e stato di diritto. Rappresenterà inoltre un indicatore indiretto del grado di europeizzazione del paese e un'affermazione collettiva di che cosa il Kosovo vuole diventare da grande.
Il contesto del Kosovo si sta facendo più favorevole alla discussione di una serie di questioni rimaste tabù per molti anni, come il riconoscimento delle vittime di stupri di guerra e la presenza e legittimità di una pluralità di narrazioni sul passato.
Eppure, molti lasciti del conflitto sono stati ignorati. Oltre a rendere giustizia alle vittime, porre fine all'impunità e fare chiarezza sul quadro legale, la Corte speciale del Kosovo potrebbe avere un impatto sociale favorevole stimolando altre iniziative di confronto con il passato.
L'esito migliore possibile sarebbe uno sviluppo del dialogo fra albanesi e serbi del Kosovo sull'eredità del conflitto, che potrebbe fare chiarezza su vittime e responsabilità, negoziare i termini di una riparazione morale e materiale e dare vita a misure per la fiducia e la riconciliazione.
Possibili ripercussioni negative
Se la Corte speciale del Kosovo può essere utile per assicurare giustizia alle vittime e responsabilità dei colpevoli, molti rimangono scettici sul suo effettivo impatto in Kosovo. È largamente diffuso il timore che possa infatti polarizzare ulteriormente le relazioni infra- ed inter-etniche, minare la stabilità politica e le riforme istituzionali, differire la normalizzazione delle relazioni fra Kosovo e Serbia e danneggiare la credibilità e posizione internazionale del Kosovo.
L'immagine pubblica della Corte speciale del Kosovo è prevalentemente negativa a causa del delicato e controverso mandato, della mancanza di responsabilità locale e trasparenza sul processo e della sfiducia verso la giustizia di transizione in generale. Molti albanesi del Kosovo ritengono ingiusto che la Corte speciale si occupi principalmente dei crimini associati all'UÇK, ignorando altri crimini impuniti e non investigati dai precedenti meccanismi. Le autorità kosovare hanno accordato solo un tiepido sostegno alla creazione della Corte speciale proprio a causa del forte risentimento legato a questo punto.
Il contesto socio-politico ostile potrebbe minare seriamente l'impatto della Corte speciale e la fiducia locale verso la giustizia penale internazionale.
Al momento, la comunità internazionale rimane favorevole alla Corte speciale del Kosovo. Tuttavia, in dichiarazioni informali, i diplomatici stranieri ammettono che il suo impatto dipenderà largamente da quali membri delle strutture UÇK saranno processati e da come reagiranno. In caso di processi contro alcune figure di spicco, sono prevedibili proteste e resistenze a livello locale. I veterani dell'UÇK hanno minacciato apertamente la mobilitazione in caso di atti d'accusa verso la loro leadership politica e militare.
D'altra parte, anche la comunità serba del Kosovo è divisa sul possibile impatto della Corte speciale. Molti ritengono improbabile che possa fare autentica giustizia.
I protagonisti della politica locale temono inoltre che possa danneggiare la reputazione del Kosovo e dare occasione ai suoi nemici di opporsi al riconoscimento diplomatico del paese e al suo ingresso nelle organizzazioni internazionali.
Inevitabilmente, è probabile che la politicizzazione del lavoro della Corte speciale del Kosovo influisca negativamente sul dialogo fra Kosovo e Serbia mediato dall'UE, attualmente bloccato dalla reciproca inadempienza sugli accordi esistenti.
Giustizia di transizione: serve un approccio globale
Nonostante questi potenziali effetti destabilizzanti, nessuno degli attori locali o internazionali, comprese la stessa Corte speciale, sembra avere in mente strategie per mitigarli.
Finora, l'assenza di una campagna di informazione per l'opinione pubblica non ha favorito la trasformazione di miti e pregiudizi negativi. L'idea della Corte speciale che siano le istituzioni del Kosovo ad essere responsabili della gestione delle aspettative è ingenua e irresponsabile.
La Corte speciale deve mostrare maggiore protagonismo nel contrastare miti, voci e contro-narrazioni sulle sue intenzioni e sul suo operato, assicurandosi di raggiungere quante più organizzazioni e persone possibili in Kosovo.
Le istituzioni del Kosovo hanno finora collaborato positivamente con l'UE e gli altri stakeholder internazionali nella creazione e attivazione della Corte speciale. Tuttavia, c'è il rischio che diversi cordoni istituzionali oppongano resistenza alla collaborazione. L'attuale stallo politico potrebbe danneggiare significativamente la cooperazione delle istituzioni del Kosovo con la Corte speciale, specialmente se i procedimenti giudiziari dovessero cominciare senza un governo funzionante in carica. Il prossimo governo dovrà dimostrare maturità politica nel collaborare con la Corte speciale e scoraggiare attivamente le posizioni estremiste e ostruzioniste all'interno delle istituzioni.
L'aspetto più importante è che alcuni di questi rischi potrebbero essere ammortizzati se gli stakeholder kosovari e internazionali adottassero un approccio globale alla giustizia di transizione e al confronto con il passato. Un'agenda complessiva richiederebbe il rafforzamento degli sforzi dei tribunali locali nella prosecuzione dei crimini di guerra, nonché sforzi verso pratiche di commemorazione civili e rispettose della verità, riparazioni non discriminatorie per tutte le categorie sociali e sostegno alle iniziative locali per la riconciliazione. Le recenti iniziative sulla questione delle persone scomparse e la creazione di una Commissione per la verità e la riconciliazione da parte del presidente del Kosovo sono senz'altro passi positivi.
D'altra parte, la Serbia deve urgentemente sviluppare il coraggio e il consenso politico per superare la negazione dei crimini di guerra commessi in Kosovo. Deve offrire assistenza sincera nell'identificazione dei resti delle persone scomparse e robusto sostegno legale alle autorità del Kosovo per le indagini, superando la violenta retorica nazionalista che attualmente domina il discorso governativo e mediatico sul Kosovo.
L'UE dovrebbe prendere in considerazione l'idea di incorporare la giustizia di transizione nelle future tappe del dialogo fra Kosovo e Serbia mediato da Bruxelles. Questo potrebbe assicurare che le autorità serbe non abusino della collaborazione della Corte speciale e delle istituzioni del Kosovo. Il confronto con il passato dovrebbe diventare anche un parametro del processo di integrazione per entrambe le parti.
Oltre la politica ufficiale, la società civile rappresenta la migliore speranza di mitigare alcuni effetti indesiderati a livello sociale. Dalla fine del conflitto, la società civile è stata in prima fila della promozione della pace in Kosovo e nella regione. Per realizzare il proprio potenziale, deve ora sviluppare una visione strategica per la giustizia di transizione in Kosovo, cosa che implica un rafforzamento delle capacità organizzative e lo sviluppo di tangibili campagne strategico-comunicative e progetti a lungo termine.
In conclusione, la giustizia di transizione in Kosovo ha perso molte opportunità, ma ora la Corte speciale può e deve essere uno stimolo per affrontare globalmente i lasciti del conflitto e portare il paese fuori dalla stagnazione e verso il futuro.
* Gëzim Visoka è Assistant Professor in Peace and Conflict Studies alla Dublin City University in Irlanda. Il suo ultimo libro ‘Shaping Peace in Kosovo: The Politics of Peacebuilding and Statehood’ è stato pubblicato da Palgrave Macmillan nel 2017.
Questo articolo è basato su un più ampio studio in preparazione, commissionato da PAX e Impunity Watch, che valuta il potenziale impatto della Corte speciale e della Procura speciale.