La scorsa settimana la notizia di scontri tra la polizia kosovara e gli abitanti serbi del nord del Kosovo è rimbalzata sulle pagine internazionali. La tensione nell'area era altissima. A pochi giorni di distanza però, paradossalmente, i cittadini del Kosovo sono andati al voto per le amministrative come se nulla fosse accaduto
“Teatro dell’assurdo” è forse l’espressione più adatta a riassumere quanto accaduto la scorsa settimana in Kosovo e in Serbia. Nell’arco di pochi giorni abbiamo assistito a colpi di scena al limite dell’inverosimile: dalle sparatorie con feriti, accompagnate dai gridi di battaglia e da un patriottismo populista, alle elezioni amministrative svoltesi in Kosovo domenica 17 ottobre senza alcun incidente né tensioni etniche. Uno scenario già visto: per un paio di giorni è sembrato che il confine tra guerra e pace stesse scomparendo, poi tutto è tornato come prima.
Gli scontri sono scoppiati lo scorso mercoledì 13 ottobre. Secondo Petar Petković, capo dell’Ufficio per il Kosovo del governo serbo, mercoledì mattina alcuni agenti della polizia kosovara hanno lanciato lacrimogeni e bombe assordanti contro un gruppo di residenti serbi di Mitrovica nord riunitisi per protestare contro un’operazione condotta dalla polizia kosovara. Petković ha dichiarato che negli scontri a Mitrovica nord e a Zvečan sono rimaste ferite decine di persone di nazionalità serba, tra cui un uomo raggiunto da un colpo di arma da fuoco, ricoverato in gravi condizioni.
“Presenta una ferita da arma da fuoco che interessa una costola e una spalla. Ci stiamo preparando ad operarlo per rimuovere il proiettile. È ricoverato in terapia intensiva, in gravi condizioni”, ha dichiarato il direttore dell’ospedale di Mitrovica Zoran Elek.
Successivamente è emerso che si tratta di Srećko Sofronijević che, secondo quanto riportato dai media serbi, è stato colpito alla schiena dopo che gli agenti della polizia kosovara hanno iniziato a sparare ai cittadini radunatisi a Zvečan.
Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha subito reagito, ordinando alle forze armate di innalzare il livello di allerta, per poi recarsi a Raška, nei pressi del confine con il Kosovo, dove ha incontrato i rappresentanti dei serbi del Kosovo.
Durante l’incontro, Goran Rakić, leader del principale partito serbo kosovaro, Srpska Lista, ha dichiarato che, qualora una simile situazione dovesse ripetersi, il popolo serbo opporrà una resistenza assoluta. “Ci difenderemo con ogni mezzo. Ma forse ci cacceranno via, così saremo costretti a rimanere a Raška”, ha affermato Rakić.
A quel punto è intervenuta una donna, ricordando che qualche tempo fa il presidente Vučić aveva affermato che se in Kosovo dovesse essere sparato un solo proiettile vi avrebbe mandato l’esercito. Vučić ha replicato precisando di aver detto che non avrebbe permesso che si ripetesse “il pogrom del 2004”.
Vučić ha inoltre affermato che qualunque cosa accada la Serbia appoggerà i serbi del Kosovo e le loro decisioni. “Siamo con voi. Pristina si rifiuta di applicare l’accordo di Bruxelles. Non dovete reagire alle azioni non violente, ma se dovessero ricorrere alla violenza, proteggete il popolo [serbo] e noi vi appoggeremo. Dovete però tenere conto del prezzo che tutti dovremo pagare ed è per questo che vi chiedo di cercare di evitare [gli scontri]”, ha dichiarato Vučić.
Dopo l’incontro con i serbi del Kosovo Vučić si è recato nella caserma della Gendarmeria di Kraljevo. “Faremo del nostro meglio per evitare che vi troviate in tale situazione, ma se lo stato vi dovesse chiedere di proteggere il nostro popolo, so che non solo accoglierete tale richiesta, ma adempierete al vostro sacro dovere nel modo più onorevole possibile. Ve ne ringrazio infinitamente”, ha affermato Vučić rivolgendosi ai membri della Gendarmeria.
Il presidente ha aggiunto che Belgrado si impegnerà a preservare pace e stabilità “quasi ad ogni costo”, precisando però che “se dovessero attaccarci, se dovessero uccidere i nostri uomini, come è quasi accaduto oggi, allora dovremmo proteggere il nostro popolo. E proteggendo il nostro popolo, vinceremo. Non possiamo arrenderci né tirarci indietro”.
Il premier kosovaro Albin Kurti, dal canto suo, ha sottolineato che l’intervento della polizia kosovara che ha suscitato proteste della popolazione del nord del Kosovo è parte di un’operazione anti-contrabbando condotta a Peć, Pristina e Mitrovica. Kurti ha scritto sul suo profilo Facebook che tali azioni vengono condotte in collaborazione con i procuratori e gli organi giudiziari competenti e che l’operazione in questione è stata preceduta da un’inchiesta.
“Crimini e gruppi criminali non verranno tollerati, bensì combattuti. Lotteremo per porre fine al contrabbando”, ha scritto Kurti, invitando i cittadini di Mitrovica nord, abitata perlopiù da serbi, a non lasciarsi ingannare dalle informazioni diffuse da alcuni media serbi che “sostengono la criminalità, la corruzione e il contrabbando e vogliono politicizzare l’intera vicenda”.
Nel frattempo la polizia kosovara ha fatto sapere che durante l’operazione anti-contrabbando sei agenti sono rimasti feriti e tre persone sono state arrestate nel nord del Kosovo, precisando che, a differenza di altre regioni del paese dove l’operazione è stata condotta senza incidenti, nel nord del Kosovo i cittadini “hanno opposto resistenza e aggredito la polizia”.
Nella giornata di mercoledì la situazione si è calmata, le forze speciali della polizia kosovara hanno lasciato il nord del paese e i cittadini che hanno protestato sono tornati alle loro case.
Quattro giorni dopo, domenica 17 ottobre, in Kosovo si sono tenute le elezioni amministrative, un importante test elettorale per il premier kosovaro dopo la vittoria schiacciante ottenuta alle recenti elezioni politiche.
Vučić e Srpska Lista, dal canto loro, hanno cercato di mobilitare i serbi del Kosovo, convincendoli a recarsi alle urne, allo scopo di mantenere il controllo nel nord del paese.
Così domenica 17 ottobre sia i serbi che gli albanesi del Kosovo si sono recati alle urne per votare, come se qualche giorno prima nulla fosse accaduto.
Al primo turno delle elezioni Vetëvendosje non è riuscita a conquistare più del 50% dei voti in nessuna delle 38 municipalità, pur avendo ottenuto il 50,3% dei voti alle elezioni politiche dello scorso febbraio. Secondo i risultati non ancora ufficiali, i partiti tradizionali – il Partito democratico del Kosovo (PDK), la Lega democratica del Kosovo (LDK) e l’Alleanza per il futuro del Kosovo (AAK) – hanno conquistato nove municipalità.
Anche la Srpska Lista ha vinto in nove municipalità e qualora, come atteso, dovesse conquistare il potere in un'altra municipalità, si riconfermerebbe come principale forza politica in tutte le città a maggioranza serba.
Quindi, nulla di nuovo in Kosovo, a parte il fatto che i cittadini si sentono sempre più impauriti, chiedendosi quando finirà tutto questo.