Kosovo, il velo che scopre

5 february 2013

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Col passare del tempo, le questioni legate a guerra e dopoguerra in Kosovo lasciano faticosamente spazio a temi diversi: spinte, dinamiche e fratture rimaste a lungo nel cono d'ombra del conflitto etnico.

E' bastato un velo per mettere in luce una faglia profonda: quello indossato da Njomza Jashari, studentessa della scuola media "Faik Koica" di Ferizaj/Uroševac, Kosovo meridionale.

“Prego, e da tempo ho deciso di indossare il velo. Avevo però paura di venire espulsa”, ha detto la ragazza ai microfoni di Aljazeera Balkans. I timori di Njomza si sono trasformati in realtà: dal 2010 in Kosovo è proibito ostentare simboli religiosi nelle istituzioni statali, scuola compresa. A Njomza, studentessa modello, è stato vietato l'ingresso in classe.

Il direttore della scuola, Xhevat Aliu, sostiene di aver cercato un compromesso, rigettato però dai genitori. “Il velo non mi disturba”, ha dichiarato Aliu,“la legge però è chiara e va rispettata”.

A fine gennaio, alla conferma che Njomza non può seguire le lezioni, i suoi compagni di scuola hanno protestato davanti alla sede della scuola. Alcuni giorni dopo la contestazione è sfociata in una manifestazione nel centro di Ferizaj, dove centinaia di dimostranti hanno sfilato inneggiando ai diritti religiosi.

Il governo di Pristina sembra deciso a far rispettare il divieto, ma il movimento musulmano “Bashkohu”, organizzatore della manifestazione a Ferizaj, ha annunciato che porterà la protesta nelle strade di tutto il Kosovo.

Njomza, intanto, continua la sua battaglia: “Ho diritto all'istruzione, è un diritto umano fondamentale. Il velo non è vietato in molti stati cristiani: perché dovrebbe esserlo in Kosovo, dove il 90% della popolazione è musulmano?”

 

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