La lettera T di uno speciale abecedario, dedicato ai 25 anni dall'indipendenza della Moldavia. L'incontro con Alana Meija Gonzalez, fotografa freelance a autrice del documentario sulla gioventù transnistriana “Transnistrian Youth” e Marco Residori, giornalista freelance e assistente alla realizzazione del documentario
Il conflitto transnistriano è ormai congelato da tempo e anche la situazione all'interno del territorio al di là del Nistru, salvo saltuari episodi, sembra stabile. Come guardano al futuro i cittadini della Transnistria, soprattutto i giovani? È possibile una sorta di “dissidenza” anche blanda? Infine, pensate che i media tendano a restituire un'immagine a volte stereotipata della Transnistria?
La Transnistria vive oggi di una dimensione di racconto figlia della contemporanea situazione geo-politica. La narrazione attraverso cui viene descritto il paese tende infatti a legittimare l'affermata visione dicotomica con cui i media internazionali raccontano l'irrisolto conflitto Est-Ovest. Pur riconoscendo la dovuta attualità alla centralità dei frozen conflicts nella ridefinizione di influenze tra Unione Europea, Nato e Russia (la regione del Donbass ne è l'ultimo esempio), il livello di analisi geo-politico non esaurisce interamente la realtà dei fenomeni di cambiamento in corso nel paese.
Oltre alla dimensione politica, o meglio al suo eterno costituirsi all'interno di una dialettica univoca tra governanti e governati, esistono oggi un'eterogeneità di processi che si collocano lateralmente, ma non marginalmente, a questa sfera. Accantonati momentaneamente i già ricordati (dis)equilibri geopolitici, è forse possibile comprendere in maniera più organica le dinamiche presenti oggi nella società transnistra, abbozzando una tripartizione analitica (seppur semplificata), che possiamo immaginare svilupparsi lungo le dimensioni pubblico-politica, privato-biografica e del social engagement.
La dimensione pubblico-politica, come detto, si riduce ad un monologo propagandistico perpetrato dai governanti nel tentativo di continuare ad assicurare tutela ai propri interessi e agli interessi dei propri associati (grandi e piccoli oligarchi). Questa dimensione, che incrocia quella geo-politica e le interdipendenze con le controparti moldava e russa, vive di un “simbolismo da souvenir” che accontenta sia le velleità plastiche dell'élite transnistria che i desideri di spettacolo dei turisti d'oltre cortina. Poco racconta però dell'indifferenza con cui gli abitanti del paese si rapportano ad essa. Lontani dalle improbabili forme di suggestione con le quali essi vengono raccontati da media e resoconti esterni, i cittadini transnistri rimangono totalmente estranei alla narrazione politica, limitandosi ad eseguire alle dovute scadenze i pro-forma a cui vengono chiamati (elezioni, parate, etc.). Essi intendono la dimensione politica come una dimensione di intervento di finzione, dove tutto avviene e può avvenire solo seguendo un copione eterodiretto. Escludono quindi la possibilità di far abitare i propri sinceri desideri e antagonismi dentro tale dimensione.
La dimensione privato-biografica, contrariamente, viene vissuta come sfera di protagonismo. In essa viene spesso proposta una sovrapposizione tra la Transnistria, rappresentata come viscerale ventre materno, e la famiglia, la quale gioca un ruolo di bussola identitaria collettiva. I tempi di azione, il lavoro e le amicizie, si sviluppano lungo il perimetro di questa dimensione, sfociando in caricaturali narrazioni delle proprie esistenze quotidiane (quadretti in cui convivono la tenerezza di un'esistenza sobria e la puerilità davanti all'istituzione) e in proiezioni di un futuro al contempo innovatore e conservatore.
La terza sfera, la dimensione del social engagement, è quella che maggiormente si distanzia dalle nostre rappresentazioni, impedendoci di comprendere a pieno le dinamiche del suo dispiegarsi nel paese. Cercando in Transnistria le ombre della cosiddetta società civile, così come dai noi intesa, sorta di terzo tempo tra dimensione pubblico-politica e privato-biografica, rischiamo di cadere infatti in abbagli interpretativi. Dentro il contesto transnistro, la società civile, in particolare gli attori e le bandiere attraverso i quali essa manifesta una propria esistenza (ONG e organizzazioni di cooperazione), vengono considerati interpreti della dimensione pubblico-politica e quindi immediatamente censurati (esistendo, come detto, in tal dimensione solo fenomeni propagandistico-censori). Contrariamente, la terza dimensione si sviluppa in atti da noi considerati come privato-biografici (l'apprendimento di una lingua straniera, la ricerca di esperienze culinarie esotiche, l'ascolto di musica underground, il viaggiare, etc.) ma tendenti a una traiettoria politico-pubblica. In realtà autocratiche è infatti proprio l'inesistenza di termini di paragone a impedire la possibilità di immaginarsi differenti prospettive di futuro. La costruzione di tal repertorio dialettico (ovvero la continua addizione di nuovi termini di paragone), seppur pienamente radicata in una dimensione esperienziale biografico-privata, sta costruendo i ponti interpretativi sui quali verranno edificate le possibilità di un intervento pubblico futuro.
Se il discorso pubblico-politico-mediatico è una dimensione di rumore persuasivo, il discorso del social engagement è una dimensione di ascolto eterodiretto in cui si apprendono oggi le parole con cui ci si confronterà pubblicamente domani. Risulta quindi avere poco senso cercare oggi un'oratoria pubblico-politica in Transnistria; più oculata risulta essere la ricerca di una dimensione di racconto dei fenomeni di ascolto e addizione che avvengono all'interno del paese. Ciò che noi descriviamo come un'afonia di massa è già comunicazione e, si potrebbe osare, metafora dell'odierno dialogo tra generazioni. Un dialogo che si risolve nei silenzi assordanti che rimbombano nelle abitazioni dove una generazione liturgicamente ripete gesti iconici predeterminati e l'altra si coinvolge in ascolti onnivori di un nuovo mondo “adultero”. È in questa dimensione, e ai crocevia dei suoi mutamenti strutturali, che si manifesteranno le influenze dei processi di oggi sugli equilibri interni, e quindi geo-politici, di domani.