La Gagauzia è una regione della Moldavia a maggioranza turcofona. La concessione di un'ampia autonomia ha evitato guerra e secessione, come invece è avvenuto con la Transnistria. Molte rimangono comunque le sfide per il governo locale, recentemente riconfermato in un voto contestato dall'opposizione
“Conflitti etnici? No, qui i problemi ora sono altri”. Secondo una funzionaria del Centro per i Diritti Umani di Comrat, centro amministrativo della regione, non vi sono particolari problemi etnici in Gagauzia. Questa regione, collocata nel sud-ovest della Moldavia, è contraddistinta da una spiccata varietà etnica: in prevalenza (circa l'82,5%) vi risiede una popolazione turcofona, i gagauzi, seguiti da minoranze di bulgari (5,2%), russi (4,6%), moldavi romenofoni (4,4%) e ucraini (3,3%). In tutto 150 mila abitanti circa sparsi su un territorio di nemmeno 2.000 chilometri quadrati. Comrat è il suo capoluogo e il resto è diviso in quattro enclavi divise tra loro: le città di Ceadîr Lunga e Vulcaneşti e i villaggi di Copceac e Carbolia. Varietà e frammentarietà, quindi, ma oggi i problemi politici e linguistici, diversamente dalla Transnistria, sembrano in gran parte alle spalle.
Un conflitto evitato
La Transnistria non è stata l’unica regione della Moldavia a chiedere l’indipendenza all’inizio degli anni Novanta. La Gagauzia è un valido esempio di come una situazione di questo tipo possa essere gestita in modo differente. La composizione etnica di questa regione si delineò come la vediamo oggi tra il XVIII e XIX secolo, durante l’Impero zarista, quando i russi fecero insediare i gagauzi in Bessarabia, nelle terre da cui avevano scacciato le tribù nogai, una popolazione musulmana ritenuta ostile. I gagauzi erano di stirpe turca-selgiuchide, ma professavano la religione cristiana ortodossa. Con l'eccezione di un breve periodo d'indipendenza con la costituzione della Repubblica di Comrat, durato appena cinque giorni nel 1906, i gagauzi, come il resto della Moldavia, sono stati governati in successione dall'Impero russo, dalla Romania e dall'Unione Sovietica.
Anche nel caso della Gagauzia le tensioni con Chişinău si radicalizzarono dopo che nell’agosto del 1989 il Soviet Supremo della Moldavia aveva optato per la lingua moldava come unica lingua del Paese. Un mese più tardi, i gagauzi proclamarono la creazione di una repubblica autonoma. Già nel corso degli anni Ottanta, comunque, mentre movimenti pro-Romania prendevano piede in Moldavia, in Gagauzia nasceva un movimento, il Gagauz Khalk, raccolto intorno alla propria identità regionale.
Nell’agosto del 1990, il Gagauz Khalk dichiarò l’indipendenza dalla Moldavia e proclamando la costituzione della Repubblica Socialista Sovietica di Gagauzia, annunciò l’intenzione di rimanere uniti all’Urss e cominciò a organizzare elezioni presidenziali. Per questo, l’autorità centrale moldava dichiarò il Khalk gagauzo illegale e ordinò ad alcune decine di migliaia di giovani “volontari” moldavi di entrare nella regione per bloccare le elezioni. L’intervento delle truppe del ministero dell’Interno sovietico evitarono l’incursione e un possibile bagno di sangue.
Nel corso degli anni Novanta, il governo moldavo è stato in grado di evitare la secessione di questa regione in modo pacifico, fornendo un’ampia autonomia regionale. Dopo la dichiarazione d'indipendenza nel 1990, a cui seguì un referendum e vari momenti di tensione, nel dicembre del 1994 si arrivò a un accordo che sancì una larga autonomia del territorio. La Gagauzia è stata così stabilita come “unità territoriale-nazionale autonoma”, con autorità locali legislative ed esecutive, tre lingue ufficiali (russo, gagauzo, moldavo) e con il diritto di secessione qualora la Moldavia si unisse alla Romania.
Gli accordi raggiunti hanno così disinnescato una situazione potenzialmente esplosiva decentrando ampi poteri all’amministrazione regionale, mentre in precedenza la Gagauzia si trovava in una situazione molto simile a quella transnistriana e rifiutava l’autorità politica di Chişinău.
Troppa autonomia?
Tra il 1999 e il 2002, però, non sono mancate tensioni tra l’amministrazione locale e il governo centrale quando un nuovo leader locale decise di usare pienamente le autonomie concessegli dagli accordi del 1994. Questo portò a forti pressioni da parte delle autorità di Chişinău e ad elezioni caratterizzate da numerose irregolarità che portarono al potere un leader più vicino al governo centrale.
L’Unità Territoriale Autonoma della Gagauzia si mostra così come un’arma politicamente a doppio taglio. Se da un lato la Gagauzia può essere indicata come un esempio perché è stata evitata una sanguinosa guerra come quella transnistriana, dall’altro non sono mancati problemi legati all’ampia autonomia, e a come è stata gestita dal governo centrale. Lo stesso Consiglio d’Europa aveva inizialmente criticato l’accordo perché forniva troppe autonomie e rischiava di minare l’unità del Paese. Il rischio di creare “un’altra Transnistria” aveva inizialmente spinto Chişinău a essere molto accomodante rispetto alle richieste gagauze. L’accordo del 1994, però, con alcune modifiche rispetto alle precedenti versioni, è stato alla fine sostenuto anche da Consiglio d’Europa. Allo stesso tempo, le tensioni di inizio anni Novanta sono spesso divenute anche un appiglio per Tiraspol, capitale della Transnistria, nel ribadire come la soluzione unitaria con ampie autonomie sia una scelta perdente.
Gagauzia oggi
Nella piazza principale di Comrat le bandierine della Gagauzia sventolano assieme a tante altre, tra cui Moldavia, Romania, Russia, Transnistria e Turchia. Proprio con la Turchia è rimasto un legame privilegiato. Rappresentanti della regione, per esempio, parteciperanno in prima persona al 14° Summit Economico Eurasiatico che si terrà a Istanbul a metà aprile. A fine febbraio, invece, la Turchia ha donato alla Gagauzia cinque ambulanze del valore di 45 mila euro l’una perché il loro numero nella regione era inadeguato.
“I problemi che hanno segnato tutti nella regione sono legati alla produzione e all’esportazione di vino”, racconta ancora la funzionaria del Centro per i Diritti Umani. La Gagauzia, infatti, è una regione prevalentemente agricola, in particolare dedita alla viticoltura. Il blocco delle importazioni da parte della Russia nell’autunno 2010 ha impoverito molte persone e le conseguenze economiche ancora si sentono.
Una sfida, tra le tante, alla quale dovrà dare una risposta il nuovo governo locale. A fine marzo, infatti, è arrivato il riconoscimento ufficiale da parte della Corte Suprema di Giustizia delle elezioni regionali tenutesi in Gagauzia a fine dicembre. Il governatore uscente Mihai Formuzal è così ufficialmente confermato per un altro mandato. Una vittoria di misura (circa 2 mila voti) sul sindaco di Comrat, Nicolai Dudoglo, leader del Nuovo Movimento di Gagauzia e sostenuto al secondo turno anche dal Partito Comunista, dominatore politico della regione fino al 2006, ma ora fermo al terzo posto con il 31% dopo il primo turno. Dudoglo e il suo avvocato avevano parlato di migliaia di casi di frode durante le elezioni e hanno annunciato di volere appellarsi alla Corte Europea dei Diritti Umani.
Mentre il secessionismo non pare essere più un problema all’ordine del giorno in Gagauzia – nonostante qualche dichiarazione di politici locali – la situazione politica ed economica della regione non è certo meno complicata che nel resto del Paese.