Il presidente del Montenegro Jakov Milatović si è dimesso da tutte le cariche del partito che lui stesso ha contribuito a fondare, il Movimento Europa adesso (PES): una decisione che segna evidenti disaccordi col premier e leader del PES Milojko Spajić, ma anche un periodo di nuova instabilità per il paese
Il presidente del Montenegro Jakov Milatović si è dimesso da tutte le cariche ricoperte nel principale partito di governo (il Movimento Europa adesso, PES). La decisione di Milatović – pur non avendo suscitato grande sorpresa, considerando tutti i disaccordi tra il presidente e il premier Milojko Spajić, leader del PES – segna la rottura ufficiale tra le due massime cariche dello stato e fa sorgere diversi interrogativi.
La preoccupazione principale riguarda la possibilità che l’evidente crisi del PES si trasformi in una crisi di governo e porti ad elezioni anticipate. Tale esito dello scontro all’interno del principale partito di governo inciderebbe sul processo di integrazione europea e metterebbe in discussione la posizione del Montenegro come paese candidato all’adesione con le maggiori probabilità di diventare membro dell’UE, entro il 2028 o il 2030.
Milatović ha annunciato la sua decisione nel tardo pomeriggio di sabato 24 febbraio con un post pubblicato su X.
“Fondando il Movimento Europa adesso, abbiamo promesso ai cittadini un impegno trasparente e un dialogo razionale e argomentato su politiche inclusive e sostenibili. Allo stesso tempo, abbiamo promesso che la competenza e l’integrità personale sarebbero diventate requisiti fondamentali per l’assunzione e per l’avanzamento nella carriera. Abbiamo anche promesso una cultura politica diversa, fondata sul rispetto della diversità e sulla promozione dei valori europei", ha scritto Milatović.
"Il modo in cui finora si è lavorato è contrario alle promesse e ai valori che avevo in mente fondando il Movimento. Per questo mi dimetto da tutte le cariche ricoperte nel Movimento”, ha concluso il presidente, aggiungendo che il PES è sempre stato, e rimarrà una parte importante della sua vita. “Insieme abbiamo scritto la storia dei cambiamenti democratici del paese. Da presidente del Montenegro, guidato esclusivamente dagli interessi dei cittadini, concentrerò tutte le mie capacità, come ho sempre fatto, nella realizzazione degli obiettivi prioritari dello stato”.
Oltre ad essere uno dei fondatori del PES, Milatović fino a qualche giorno fa ha ricoperto la carica di vicepresidente del partito. Milatović e Spajić sono stati ministri nel primo governo formato dopo le elezioni politiche del 30 agosto 2020, alle quali il Partito democratico dei socialisti (DPS) è stato sconfitto dopo quasi trent’anni di governo ininterrotto.
Il PES è stato fondato nel giugno 2022, pochi mesi dopo la caduta del cosiddetto governo di esperti guidato da Zdravko Krivokapić, riuscendo subito ad imporsi come la principale forza politica del paese. Pur non avendo ancora sviluppato una solida struttura, il PES è uscito vincitore dalle elezioni comunali a Podgorica nell’ottobre 2022, ottenendo risultati notevoli anche in altre città.
I disaccordi tra Mijatović e Spajić sono iniziati nel febbraio dello scorso anno, quando quest’ultimo ha deciso di partecipare alle elezioni presidenziali. È emerso però che, oltre a quella montenegrina, Spajić aveva anche la cittadinanza serba, motivo per cui è stato estromesso dalla corsa elettorale. Chiedendo scusa ai cittadini montenegrini, Milatović ha riempito il vuoto lasciato da Spajić, ottenendo una vittoria schiacciante alle presidenziali dell’aprile dello scorso anno, ponendo così fine al regime trentennale di Milo Đukanović.
Poco dopo l’insediamento di Milatović, sono emersi i primi dissapori tra i due leader del Movimento Europa adesso. Ad aprile il Comitato centrale del PES, senza consultare Milatović, ha deciso che il partito avrebbe partecipato alle elezioni politiche con una lista indipendente, come auspicato da Spajić, respingendo così l’idea, avanzata da Milatović, di creare una coalizione più ampia.
Ci sono stati disaccordi anche durante la creazione della lista elettorale del PES in vista delle politiche del 2023. Da capo di stato, Milatović ha poi criticato la formazione del nuovo governo di Podgorica, lo stato di salute della rete diplomatica montenegrina all’estero, l’atteggiamento dell’esecutivo nei confronti degli insegnanti che minacciavano uno sciopero, la mancata estradizione di un cittadino turco, Binali Camgoz [accusato di due omicidi].
Constatando che Milatović “ha capito che è giunto il momento di lasciare il Movimento Europa adesso per non far pesare sui cittadini le conseguenze delle sue insoddisfazioni personali”, il PES ha sottolineato che per il Montenegro “è importante che [Milatović] mantenga le promesse fatte nella sua lettera di dimissioni e che finalmente inizi a lavorare nell’interesse dei cittadini invece di promuovere se stesso”.
Non vi è dubbio che, dopo l’uscita di Milatović, il PES subirà ricadute politiche. Il presidente montenegrino sicuramente gode di un certo sostegno all’interno del partito, anche se al momento non è ancora chiaro chi tra i suoi sostenitori sia disposto a seguirlo nel nuovo partito, la cui fondazione, anche se per ora solo come possibilità, è stata annunciata da Milatović.
Di certo c’è che in questo momento Milatović non può provocare una crisi istituzionale perché la compagine di governo, guidata da Spajić, ha una solida maggioranza in parlamento. La situazione potrebbe eventualmente cambiare dopo l’annunciato rimpasto di governo. Secondo un accordo di coalizione, nel governo dovrebbero entrare i rappresentanti del movimento filoserbo Per il futuro del Montenegro (ZBCG).
Il premier Spajić – nonostante la contrarietà del Montenegro democratico, il principale alleato del PES – ha anche annunciato la possibilità che alla compagine di governo si unisca anche il Partito bosgnacco (BS). Date queste premesse, Milatović e i suoi sostenitori di certo non possono giocare un ruolo decisivo, ma potrebbero contribuire ad un’eventuale caduta del governo e alle nuove elezioni.
A determinare il destino dell’attuale governo sarà l’annunciata attuazione del programma economico “Europa adesso 2”. Dopo l’aumento della pensione minima da 270 a 450 euro, il PES ha promesso che entro la fine dell’anno aumenterà anche lo stipendio medio, portandolo a 1000 euro. Se dovesse riuscirci, Spajić potrebbe assicurarsi un futuro politico ben più lungo del mandato dell’attuale governo.
Il problema è che, a parte le promesse fatte, nessuno, e nemmeno il Fondo monetario internazionale, sa in cosa consista il programma Europa adesso 2 e quali azioni Spajić intenda intraprendere per aumentare gli stipendi. Molti infatti dubitano che questo programma esista. C’è da aspettarsi che Milatović eserciti ulteriori pressioni su Spajić, anche perché alcuni esperti ritengono che l’annunciato programma possa portare ad un totale collasso del sistema economico del Montenegro.
Ad ogni modo, per il Montenegro si apre un periodo di incertezza e di coabitazione tra il capo di stato e il primo ministro, un periodo che metterà a dura prova la stabilità politica del paese, tanto necessaria per l’avanzamento verso l’adesione all’Unione europea.