La VMRO del premier Nikola Gruevski vince ampiamente le elezioni politiche anticipate e le presidenziali dello scorso aprile. L'opposizione socialdemocratica, però, non riconosce i risultati e si prepara a boicottare il parlamento. In Macedonia, la crisi politica sembra non conoscere fine
La coalizione di centro-destra guidata dal governo VMRO-DPMNE del primo ministro Nikola Gruevski ha vinto, come atteso, le elezioni politiche dello scorso 27 aprile in Macedonia. La VMRO ha ottenuto il 42% dei consensi (circa 480.000 voti), che gli portano in dote 61 dei 123 seggi parlamentari, soltanto uno in meno rispetto all’agognata maggioranza assoluta.
In contemporanea al voto nazionale si è tenuto il ballottaggio delle presidenziali, dove il presidente in carica Gjiorgji Ivanov - candidato dalla VMRO - ha battuto con largo margine il candidato socialdemocratico Stevo Pendarovski, e si è così assicurato un secondo mandato.
Queste elezioni si sono dimostrate una sconfitta per l’opposizione guidata dai socialdemocratici (SDSM), che hanno ottenuto il 24,9% dei voti (circa 284.000 preferenze) e 34 seggi: una perdita di otto seggi rispetto alle precedenti elezioni del 2011.
Nel campo albanese la DUI (Unione democratica per l'Integrazione) di Ali Ahmeti, alleato di minoranza del governo VMRO, ha confermato i pronostici staccando ampiamente il Partito Democratico degli Albanesi (DPA) di Menduh Thaci, ottenendo 153.000 voti (13,48%) e 19 parlamentari, contro i 66.000 voti (5,83%) e 7 seggi del rivale.
Sconfitti i piccoli partiti
Le elezioni si sono rivelate una disfatta per i numerosi piccoli partiti, ennesima dimostrazione di come il modello proporzionale macedone, costituito da sei distretti elettorali, favorisca i partiti politici più grandi. Disperse tra i vari distretti, le preferenze raccolte dalle piccole formazioni non hanno consentito a nessuno di ottenere un solo seggio. Così è stato, ad esempio, per il Partito Popolare dell'ex premier Ljubco Georgievski, per la neonata Alleanza per una Macedonia Positiva di un altro ex Primo ministro, Vlado Buckovski, e per altre formazioni minori.
Unica eccezione è stata rappresentata da Opzione Civica per la Macedonia (GROM, acronimo che letteralmente significa “tuono”), nata recentemente in seguito a divisioni interne al SDSM dello scorso anno e guidata da Stevce Jakimovski, sindaco del distretto municipale di Karposh nella capitale Skopje, è riuscita ad ottenere un solo parlamentare, grazie ai 31.600 voti raccolti (2,77%). Un risultato considerato dai più deludente, alla luce delle attese e degli enormi investimenti fatti durante la campagna elettorale.
Boicottaggio del nuovo parlamento
In verità, la politica in Macedonia è un dramma continuo. Dopo la chiusura dei seggi e quando la conta dei voti non era neppure iniziata, il leader SDSM Zoran Zaev già annunciava che il partito non avrebbe riconosciuto né le elezioni parlamentari né le presidenziali e avrebbe restituito i seggi conquistati. Motivo: presunti brogli elettorali da parte della VMRO. Zaev ha accusato il partito di governo di aver fatto pressioni sui dipendenti pubblici, intimidazioni contro esponenti del mondo dell’economia e della finanza, aver comprato voti e molte altre scorrettezze. Ha infine fatto appello per un governo tecnico e nuove elezioni che rispettino la reale volontà dell’elettorato.
Voci su un possibile boicottaggio da parte dell’SDSM erano corse già nei giorni precedenti alle elezioni, ma la sua realizzazione ha spiazzato tutti, così come l’ambiguità della tempistica. Dopotutto, l’SDSM si è speso molto nel corso della campagna elettorale, ha ottenuto un buon margine di consensi e il candidato socialista alla presidenza ha raccolto circa 400.000 preferenze (contro le 535.000 del vincente Ivanov).
Alcuni esperti sostengono che se l’SDSM voleva davvero seguire la via del boicottaggio, non avrebbe dovuto nemmeno presentare i propri candidati, cosa che sarebbe stata percepita come un segnale di integrità morale. L’atteggiamento avuto ha invece assunto i toni di un capriccio infantile.
Elezioni pacifiche, ma clima pesante
La tornata elettorale è stata comunque positiva, senza che si siano verificati i purtroppo tipici incidenti violenti del passato che arrivarono a provocare anche vittime. Gli osservatori internazionali guidati dall’OSCE hanno confermato che le elezioni hanno rispettato parametri di equità e correttezza.
Quel che Zaev ha inteso denunciare, e che compare anche sia nelle relazioni OSCE pre-elettorali sia nelle conclusioni di molti analisti, è il clima intimidatorio e sleale creato dalla VMRO non tanto nei giorni, quanto nei mesi antecedenti l’appuntamento elettorale. Il partito al governo controlla senza mezzi termini i più importanti canali TV, i cui notiziari hanno assunto nel corso degli ultimi due anni i contorni di una propaganda di stampo orwelliano.
La VMRO ha inoltre de facto comprato il favore dei 280.000 pensionati del paese, guarda caso tra i più pedissequi e disciplinati elettori, attraverso l’aumento del loro vitalizio e offrendo loro altri benefit: autobus gratuiti, trattamenti termali gratuiti, gratuito persino l’accesso agli impianti sciistici. Allo stesso modo, il partito di governo ha ottenuto il sostegno delle oltre 200.000 famiglie contadine attraverso un generoso programma di sussidi agricoli. Infine, anche la pubblica amministrazione viene controllata con un abile gioco di bastone e carota.
Se alcune di queste pratiche sono chiaramente indebite, ad esempio il controllo sui media, altre sono non solo tecnicamente legali ma, alcuni sostengono, anche pienamente legittime. Dopotutto, è giusto prendersi cura degli anziani e dei contadini meno abbienti. Certo, a patto che sia fatto senza lasciare un enorme debito sulle spalle delle generazioni future. In risposta alle accuse, gli esponenti della VMRO sosterrebbero probabilmente che il partito non controlla affatto tutte le televisioni: TV Telma e TV 24 News sono libere e indipendenti. “Ancora per poco” profetizzano però le cassandre della democrazia macedone.
L'opposizione rimette i mandati
La mossa di Zaev, probabilmente precipitosa, è soltanto l’ultimo sussulto della profonda crisi interna al SDSM, che è stata tra l’altro determinante nella scelta della data delle consultazioni elettorali: i leader della VMRO hanno dimostrato di sapere come affondare il colpo quando l’avversario è debole.
I vertici dello SDSM la scorsa settimana hanno deciso di non accettare gli incarichi, nonostante il clima di duro confronto tra i sostenitori di Zaev e la corrente riunitasi attorno al precedente segretario di partito, Branko Crvenkovski. Anche i partiti minori di coalizione hanno appoggiato la scelta.
A riconsegnare il mandato elettorale poi non solo la coalizione SDSM, ma anche il Partito Riformista Democratico Nazionale (RDK) di Rufi Osmani, ex sindaco di Gostivar ed eroe della battaglia albanese per i diritti civili degli anni ’90, che ha dichiarato illegittime le elezioni.
Nuova coalizione, vecchi litigi
L’interessante risultato finale è non solo un parlamento abitato soltanto da pochi partiti (VMRO, DUI, DPA, GROM), ma che vede anche il delinearsi di un’ulteriore crisi: quella della nuova coalizione di governo.
Nel 2006 la DUI vinse la maggioranza dei voti degli elettori albanesi, eppure la VMRO decise di formare un’alleanza di governo con l’altro partito etnico, il DPA. Le accese proteste che seguirono per mesi condussero al cosiddetto Accordo di Maggio del 2007 che, tra le molte questioni etniche che definisce, è noto per aver stabilito che il governo deve essere sempre composto dai partiti macedone ed albanese che hanno ottenuto il maggior numero di voti nei rispettivi distretti. Così è stato sia per le elezioni del 2008 che per quelle del 2011.
Tuttavia, al momento si scorgono nubi di tempesta all’orizzonte. Pare che il leader DPA Menduh Thaci abbia sostenuto che sarà lui, e non Ahmeti, a far parte del nuovo governo. Dal canto suo, Ahmeti ha dichiarato che escludere la DUI dal governo nonostante abbia il sostegno della maggioranza albanese sarebbe non solo sconsiderato, ma condurrebbe ad un sicuro periodo di “instabilità”. Parola che, in bocca all'ex capo guerrigliero, assume contorni inquietanti. Nonostante tutto, alcuni esperti ritengono che tutto ciò siano soltanto “sparate da comizio” e che la retorica smaccatamente nazionalistica è semplicemente il modo in cui VMRO e DUI sono soliti negoziare. Forse è così, ma non per questo lo spettro di un nazionalismo crescente appare meno reale.