Macedonia, salta l'accordo sulle elezioni anticipate
9 july 2015
L'accordo tra maggioranza ed opposizione è naufragato e “non ci saranno elezioni anticipate il prossimo aprile 2016”. L'annuncio, fatto ieri dal leader dell'opposizione socialdemocratica Zoran Zaev, riapre la profonda crisi politica ed istituzionale che scuote la Macedonia dopo lo scandalo intercettazioni e la drammatica operazione di polizia di Kumanovo.
Anche grazie alle pressioni internazionali, lo scorso 2 giugno opposizione e maggioranza - guidata dal premier conservatore Nikola Gruevski (VMRO-DPMNE) - avevano siglato un'intesa che prevedeva consultazioni anticipate nella primavera del 2016, dopo un periodo di transizione.
Le parti in causa, però, non hanno trovato un accordo su come gestire questa delicata fase di passaggio. Principale pomo della discordia le dimissioni di Gruevski, chieste a gran voce dall'opposizione come condizione irrinunciabile, ma rispedite seccamente al mittente dal primo ministro.
Zaev aveva chiesto la riapertura del negoziato entro mercoledì 8 luglio. “Non ci sono le condizioni”, la risposta piccata di Gruevski. Che poi ha aggiunto: “Per arrivare ad un'intesa, c'è bisogno della volontà di entrambe le parti, che al momento non c'è”.
Scaduto ieri l'ultimatum, il leader dell'opposizione ha quindi annunciato la rottura delle trattative, annunciando la ripresa delle proteste. “Gruevski ha minato il processo negoziale, non ha voluto fare alcun passo indietro. Torniamo all'azione: utilizzeremo ogni mezzo democratico per ristabilire libertà, democrazia e stato di diritto”.
La rottura delle trattative rappresenta un rischio reale per il paese. Vista l'incapacità della leadership locale di dare una risposta politica alla crisi, il ritorno dello scontro nelle piazze potrebbe avere esiti pesanti ed imprevisti: il grado di conflittualità è alto, come dimostrato dagli scontri già avvenuti nei mesi scorsi tra manifestanti e forze dell'ordine.
Lo stop al negoziato segna però al tempo stesso una battuta d'arresto per la comunità internazionale – Unione europea in testa – che si era fatta promotrice e garante degli accordi. E che - in questa fase così delicata per la Macedonia - si rivela debole ed incapace di fornire un contributo decisivo.
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