Rapporti difficili tra la Moldavia e la autoproclamatasi Repubblica di Transnistria. Nemmeno il recente tavolo negoziale, al quale hanno partecipato pure USA e UE, è riuscito ad allentare la tensione. Prevista a breve la presenza nell'area di osservatori dell'Unione europea
Dopo una pausa di quasi 15 mesi, a Chisinau, la capitale della Moldova e a Tiraspol nella repubblica separatista della Transnistria sono ripresi i negoziati per dirimere i conflitti nella zona. Le consultazioni - interrotte nel luglio 2004, quando la Moldavia si era ritirata in segno di protesta per la chiusura delle scuole di lingua romena nella Transnistria - hanno visto per la prima volta la presenza, in veste di osservatori, dei rappresentanti dell'Unione Europea e degli Stati Uniti. Grazie anche alle insistenze della Moldavia, al tavolo delle trattative hanno preso parte l'UE e gli USA, non prima però di ottenere, a fronte della richiesta della Federazione Russa, "l'approvazione" delle autorità di Tiraspol.
Con la formula allargata del 5+2 (Moldova, Transnistria, la Federazione Russa, Ucraina, OSCE, UE e USA) i negoziati si sono tenuti alla fine di ottobre a Chisinau e Tiraspol, presso la sede della rappresentanza dell'OSCE. Un incontro "dai risultati modesti" - per non dire un fiasco - è stato definito dal presidente della Moldavia, Valdimir Voronin. Mentre il rappresentante dell'OSCE a Chisinau, William Hill ha ammesso che i negoziati "hanno mostrato che le parti in conflitto sono molto lontane una dall'altra". Rimasto in sospeso anche lo spinoso problema che riguarda il ritiro dei soldati russi dalla Transnistria.
Quindici anni fa, in seguito ad una sanguinosa guerra civile, la Transnistria (striscia di terra compresa tra la riva sinistra del fiume Nistru-Dnestr ed il confine ucraino, che conta circa 700.000 abitanti suddivisi in parti quasi uguali tra moldavi, russi e ucraini) si è autoproclamata repubblica indipendente (non riconosciuta da alcun governo al mondo), separandosi dalla Moldavia. I circa 1.800 soldati russi dell'ex 14esima Armata sono ancora presenti sul territorio, considerato un "El Dorado" per trafficanti e terroristi. Finora gli sforzi della comunità internazionale non hanno dato esiti positivi, mentre le inerzie geopolitiche continuano a caratterizzare la situazione della zona. Il processo di smaltimento delle munizioni russe resta tuttora bloccato. Il rappresentante della Federazione russa ai negoziati di ottobre ha dichiarato che i motivi del rinvio erano dovuti "alla sospensione del dialogo tra le parti". Dal canto suo, l'inviato americano come osservatore al tavolo delle trattative, nonché assistente del segretario di stato USA per i conflitti in Eurasia, Steven Mann, ha parlato di una "mancanza di volontà politica". La Russia si era impegnata al summit OSCE del 1999 a Istanbul a smaltire le sue munizioni e i suoi armamenti in Transnistria. Ma la promessa è rimasta sulla carta.
Le proteste degli ecologisti
Gli ecologisti di Moldavia, Ucraina e Russia chiedono lo smaltimento dei depositi di armamenti della Transnistria. Le ragioni sono spiegate in una dichiarazione comune, firmata dal partito "Zelionaia Rossia" (Russia), dal partito dei Verdi (Ucraina) e dal partito "Alleanza dei Verdi" (Moldavia). Secondo i firmatari, i depositi delle munizioni appartenenti all'ex 14sima armata russa e situati nel villaggio di Cobasna, sulla riva sinistra del fiume Nistru-Dnestr, rappresentano un grande pericolo ecologico, politico e di possibile terrorismo, mantenendo allo stesso tempo "un focolaio di guerra fredda nell'Europa dell'Est". Gli ecologisti avvertono inoltre che le decine di migliaia di tonnellate di munizioni si trovano in una zona di conflitto, dove non esiste un vero controllo statale. Perciò, c'è sempre il pericolo che le armi vengano commercializzate sui mercati neri e finiscano nelle mani dei terroristi.
Nei giorni scorsi, il primo ministro della Moldavia, Vasile Tarlev, aveva accusato il regime secessionista di Tiraspol di aver commerciato in armamenti anche con la Cecenia. Ma il ministro russo della difesa, Serghei Ivanov ha tenuto a precisare che "gli armamenti della Transnistria non vengono venduti" e che la repubblica separatista dispone "del proprio esercito, capace di custodire i propri depositi".
Arrivano gli osservatori dell'Unione europea
Man mano che si avvicina l'entrata della Romania nell'UE (prevista per il 1° gennaio 2007), l'Unione si fa sempre più preoccupata per la sicurezza dei suoi confini. In futuro, tramite la Romania, l'Unione avrà un confine comune con la Moldavia (circa 4 milioni di abitanti). Sicché per la prima volta l'Unione Europea decide di intervenire direttamente con 50 osservatori nello spazio dell'ex Unione Sovietica, che la Russia considera ancora come una sua zona d'influenza. In seguito alla richiesta della Repubblica di Moldavia e dell'Ucraina, gli osservatori UE dovrebbero arrivare già il prossimo dicembre sulla frontiera comune tra i due paesi, nel segmento della Transnistria, lungo 454 chilometri. Allo stesso tempo gli esperti europei sperano che gli osservatori possano anche aprire ed ispezionare i camion già sigillati.
"La guerra economica"
Mentre si aprono le porte agli osservatori europei e americani al tavolo delle trattative, Chisinau subisce invece un pesante colpo economico da parte della Federazione Russa, che ha deciso di sospendere l'import dei vini provenienti dalla Repubblica di Moldavia. Il 30% dell'export della Moldavia è infatti rappresentato dalla produzione vinicola, di cui l'80% circa finisce sul mercato russo. La stampa russa sostiene che in questo modo il Cremlino prova a costringere le autorità moldave ad ammorbidire la loro posizione nel conflitto che oppone la Moldova ai separatisti della Transnistria. La stampa di Chisinau definisce l'atteggiamento della Federazione Russa addirittura una "guerra commerciale, un ricatto". Alcuni analisti considerano anche che se il presidente della Moldavia, Vladimir Voronin, avesse accettato il piano Kozac della Federazione Russa, forse si sarebbe potuta evitare "la vendetta russa". Voronin trova invece impossibile un tale piano che fa della Moldavia uno stato federale. Inoltre, in questi giorni le agenzie di stampa di Chisinau hanno battuto la notizia, secondo la quale Mosca, al piano che riguarda il conflitto della Transnistria, aveva allegato un documento che prevedeva la presenza di basi militari russe nella Repubblica di Moldavia per i prossimi 20 anni. Secondo quanto scrive la stampa, un testo del quale non sono a conoscenza delle autorità moldave.
La Repubblica di Moldavia soffre sempre più a causa della sua dipendenza economica. In una recente intervista, il presidente Voronin, dichiarava: "siamo pronti a vivere anche senza questo esportazione di vini verso la Federazione Russa. Sarà difficile, ma siamo pronti a vivere al freddo, congelarci senza il gas della Russia, e non cederemo".
Ma le pressioni economiche non finisco qui. L'amministrazione della centrale elettrica di Cuciurgan, situata nella Transnistria, ha fatto sapere che bloccherà il rifornimento di energia per la Moldavia se il governo di Chisinau non accetterà l'aumento di prezzo del 30%. Quasi il 60% del fabbisogno energetico della Moldavia arriva da Cuciurgan. Mentre dalla Russia, Chisinau importa il gas che transita sul territorio controllato dai separatisti di Tiraspol. Gli esperti, considerano, che in una prima fase, le autorità della Moldavia potrebbero accettare l'aumento delle tariffe, e nel frattempo cercheranno di trovare soluzioni alternative, come l'import di energia dalla Romania.
Sebbene siano stati registrati piccoli progressi economici, la Moldavia resta ancora il paese più povero d'Europa ed ha forti aspirazioni di entrare un giorno nell'Unione Europea. Secondo l'economista Lawrence Bouton della Banca Mondiale, la Moldavia ha bisogno ancora di 17 anni per raggiungere il livello del PIL del 1989, nonostante nel 2001 il PIL sia cresciuto del 30% e il numero delle persone povere si sia dimezzato. Tuttavia occorre considerare che, per esempio, l'anno scorso il 26% del PIL della Moldavia proveniva dalle rimesse in denaro dei migranti moldavi. Si stima infatti che, a seguito alla crisi finanziaria regionale del 1998, il 40% della popolazione della Moldavia sia emigrato all'estero in cerca di lavoro.