Da una parte il sentirsi membro di serie B, dall'altra la consapevolezza dei suoi cittadini che molti progressi, senza l'Unione, non sarebbero mai stati fatti. La Romania dopo #EU60
Appena spentosi l’entusiasmo della bella foto di gruppo a Roma, nella quale il presidente romeno Iohannis, appartenente alla minoranza tedesca di Romania, si è posizionato “strategicamente” tra la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Hollande, a Bucarest si è tornati a dibattere dell'Unione europea a due velocità: ci sarà, non ci sarà, c'è già?
Secondo il capo dello stato romeno – sentito dall'agenzia di stampa Agerpres - la Dichiarazione di Roma, sottoscritta dai rappresentanti dei 27 stati membri, rappresenta un documento politico destinato a definire una visione comune ed è “un testo positivo ed equilibrato, in accordo con la posizione della Romania”. Di opinione differente invece l’ex presidente della Romania Traian Băsescu, secondo il quale la Dichiarazione di Roma non fa che stabilire senza equivoco un’Unione europea a più velocità, descritta dall'espressione “ritmi diversi”. Sulla sua pagina Facebook Băsescu scrive che “il nucleo duro dell’UE – Germania, Francia, Olanda – darà la direzione e il ritmo (velocità) mentre gli altri stati membri saranno liberi di seguire, se ci riusciranno”.
Nonostante la Romania sia il sesto paese dell’UE in base a popolazione e quindi anche come numero di europarlamentari, il presidente del Senato romeno Călin Popescu Tăriceanu (alleato dei social-democratici al governo) ritiene che “la nostra opinione conta poco in quanto proporzionale con la nostra forza economica”. Non solo, ma Tăriceanu è convinto che la Romania venga già trattata in modo diverso rispetto ad altri stati membri e porta l’esempio dello spazio Schengen – nel quale tenta senza successo di entrare da anni – e del cosiddetto meccanismo MCV di cooperazione e verifica, di fatto un monitoraggio istituzionalizzato sulle riforme nel sistema giudiziario e i progressi nel campo della corruzione e del crimine organizzato.
L'opinione di Tăriceanu ha destato scalpore per il suo essere così esplicita ma rispecchia un sentimento comune in Romania. Ad esempio si è molto dibattuto sulla qualità dei prodotti alimentari che arrivano nei supermercati dell’Est Europa, che sarebbe inferiore a parità di prodotto rispetto a quelli sugli scaffali dei paesi dell'Europa occidentale.
Europa mon amour
I romeni restano comunque cittadini europeisti che mostrano una grande fiducia nelle istituzioni europee: spesso infatti, per contrastare decisioni prese dai propri esecutivi, scendono in piazza chiedendo aiuto a Bruxelles. Da ultimo è avvenuto per i decreti d'urgenza che si è tentato di adottare in tema corruzione e che hanno sollevato proteste popolari che hanno portato alla loro rimozione.
Nonostante Tăriceanu si lamenti del monitoraggio europeo sul tema giustizia la società civile ritiene che senza l’occhio attento di Bruxelles progressi contro la corruzione non sarebbero possibili. L’anno scorso quasi 1300 funzionari (tra questi ministri, parlamentari, magistrati, nonché dirigenti di aziende statali) sono stati rinviati a giudizio per reati di corruzione che hanno creato danni di 260 milioni di euro.
In questo contesto l'idea di un'Unione a più velocità provoca in Romania una grande delusione e suscita commenti negativi.
Horațiu Pepine, in un suo articolo per la Deutsche Welle in lingua romena, sottolinea che l'Europa a due velocità solo all'apparenza è una soluzione ragionevole con la quale l’Occidente, in possesso di una moneta comune, potrebbe superare le gravi difficoltà attuali. A suo avviso causerebbe infatti una diminuzione della rilevanza della zona Euro e con essa anche l'est Europa, che dipende dalle economie occidentali, non potrà sviluppare al meglio le proprie potenzialità.
Mircea Geoană ex ministro degli Esteri ed attuale presidente di Aspen Romania, ha invitato il paese ad avere un approccio realistico: "Affermare di ambire a far parte del nucleo duro dell'Ue - come ha fatto il presidente e i principali partiti del paese - non è di per sé negativo. Il problema è che tra il dichiarare un'ambizione e la nostra capacità di arrivare là vi è una voragine. Poi, se ti trovi nell'ultimo cerchio della periferia, dove ti hanno relegato il sistema di governo e lo stato dell'economia, è ancora più difficile fare il salto verso il centro".
10 anni
Il primo gennaio 2017 la Romania ha compiuto i suoi primi 10 anni da paese membro. I suoi progressi sono lenti e resta ancora uno dei paesi più poveri dell’Unione e con il maggiore divario tra ricchi e poveri. Ha a suo credito il più alto indice di crescita economica del continente (+5% del Pil) ma che non si riflette sul benessere della maggior parte dei suoi cittadini. In molti continuano ad emigrare, oltre 2,3 milioni negli ultimi 25 anni. La corruzione, l’economia sotterranea e lo scarso assorbimento dei fondi europei hanno frenato il suo sviluppo.
Nei primi sette anni della sua adesione all’UE la Romania ha speso meno dell’80% (sono rimasti non utilizzati circa 4 miliardi di euro) dei fondi comunitari messi a sua disposizione, sottolinea Sorin Ionita, presidente di Expert Forum, citato dalla tv Digi24. Stando a questi dati, non c’è dubbio che le due velocità nell’UE esistono già.