Bucarest, il parlamento (Foto Panoramas, Flickr)

Bucarest, il parlamento (Foto Panoramas, Flickr )

Il premier Victor Ponta ha vinto le elezioni politiche tenutesi ieri in Romania. Grande sconfitto il "nume tutelare" della destra (e grande avversario di Ponta): il presidente Traian Băsescu. Il nuovo esecutivo dovrà affrontare grandi sfide in una situazione economica e sociale difficile, con l'obiettivo di mantenere la stabilità politica

10/12/2012 -  Mihaela Iordache

Nonostante il gelo e la neve, il 41,72% degli elettori rumeni si sono presentati domenica alle urne per il rinnovo del parlamento di Bucarest, che conta 137 senatori e 332 deputati.

L’Unione social-liberale, la coalizione di centro sinistra guidata dal premier Victor Ponta, ha vinto largamente le elezioni politiche in Romania, con circa il 58% dei voti alla Camera e il 60% al Senato, secondo i risultati parziali rilasciati lunedì mattina dall'Ufficio elettorale centrale. Sempre secondo i dati ancora parziali, l’alleanza di destra “Romania Giusta” (ARD) otterrebbe circa il 17% delle preferenze dell'elettorato rumeno (sia alla Camera che al Senato), mentre il Partito del popolo di Dan Diaconescu entra per la prima volta nel parlamento raccogliendo il 14% (anche in questo caso, in entrambe le camere del parlamento di Bucarest). Anche l’Unione Democratica dei Magiari della Romania, l’UDMR supera lo sbarramento del 5% e si prepara già ad un'alleanza con i social-liberali, in modo da formare una maggioranza costituzionale assoluta.

Ponta e Băsescu, lotta per il potere

Il 40-enne premier Victor Ponta si è dichiarato pronto a continuare la sua esperienza a capo dell'esecutivo di Bucarest, e ora aspetta solo la nomina del presidente Traian Băsescu. Ponta e Băsescu sono però protagonisti di una dura lotta per il potere, che ha avuto e continua ad avere forti ripercussioni sulla democrazia rumena, e che ha creato non poca preoccupazione tra i partner internazionali della Romania, a partire dall’UE che, dopo l’offensiva istituzionale del luglio scorso (un tentativo, poi fallito, per la destituzione del presidente tramite un referendum popolare) non ha esitato ad esprimere i suoi timori.

Forse anche per questo, dopo i primi exit poll, Ponta ha tenuto a sottolineare che il futuro della Romania è nella famiglia europea. Secondo Ponta quella ottenuta ieri è una vittoria contro “il regime Băsescu” e la giornata delle elezioni “ha messo fine ad una guerra civile e politica che ha dilaniato la Romania negli ultimi anni, una guerra che ha devastato il paese, ha distrutto destini, vite, speranze”. L’attuale primo ministro ha chiesto poi a tutti gli attori politici, a partire dal presidente, ma anche ai nuovi parlamentari, di comprendere che la Romania ha bisogno di pace, di un periodo di ricostruzione.

Ponta si è assunto l’obbligo di trattare l’opposizione diversamente da come “siamo stati trattati noi quando eravamo all'opposizione”. Per un lungo periodo Traian Băsescu ha infatti dialogato solo con il Partito Democratico Liberale (PDL), al governo negli ultimi anni, dando l’impressione di essere personalmente alla guida dell’esecutivo, superando così di gran lunga i suoi poteri costituzionali. Ma per il tempo a venire, ha dichiarato Ponta, “chi di spada ferirà, di spada morirà”.

In arrivo modifiche costituzionali

Dal suo canto anche il co-presidente dell’USL, il liberale Crin Antonescu, futuro aspirante alle elezioni presidenziali del 2014, ha dichiarato che se il presidente Băsescu dovesse rifiutarsi di nominare Ponta come primo ministro ci sarà una vera “guerra politica nucleare.” E di questo scenario la Romania, secondo paese più povero dell’UE, di sicuro non ha alcun bisogno.

Tra gli obiettivi dell’USL, oltre a misure di natura sociale, anche la revisione della costituzione, che “sarà la vera riforma dell’amministrazione rumena.” L’USL intende modificare la costituzione entro giugno 2013, cambiando le attribuzioni del presidente e puntando sulla possibilità di cambiare in parlamento le decisioni della Corte Costituzionale. Ponta aveva spiegato di recente che nella nuova costituzione il presidente della Repubblica verrà eletto sempre tramite voto diretto, ma che non avrà più la possibilità di nominare “chi desidera per la carica del primo ministro”.

Appena la settimana scorsa, a Dublino, il segretario di stato americano Hillary Clinton ha affermato nel suo discorso durante il Consiglio Ministeriale dell’OSCE che ci sono segnali infelici circa la regressione della democrazia in Ungheria e “preoccupazione per i processi costituzionali in Romania.”

Mentre il segretario generale del Partito Social Democratico, Liviu Dragnea annuncia che secondo il conteggio parallelo dei voti l’USL ha vinto tutti i collegi in almeno 25 contee, Cristian Boureanu il vicepresidente del PDL (Partito democratico liberale, parte dell’Alleanza Romania Giusta), vicino a Băsescu, si limita ad esprimere la sua amarezza e dichiara in veste di economista che “la Romania avrà molto da soffrire nei prossimi sei mesi".

Le sfide del nuovo governo

Non è un segreto che il futuro governo dovrà affrontare grandi sfide. L’esecutivo di Bucarest dovrà fare le riforme attese da tempo dai creditori internazionali della Romania (FMI, Banca Mondiale ed UE), privatizzare importanti aziende statali, da anni in perdita. Tutto questo mentre quasi nove milioni di rumeni vivono con poco più di cento euro al mese e il paese si è indebitato sempre di più negli ultimi anni chiedendo prestiti a FMI e UE per continuare a pagare gli stipendi e le pensioni.

In cambio Bucarest ha dovuto varare politiche di austerità che hanno significato una diminuzione del 25% degli stipendi degli impiegati statali, mentre le pensioni sono scese del 15%. Nel frattempo, IVA e prezzi sono aumentati. La Romania è oggi un paese dove centinaia di migliaia di persone aspettano in fila gli aiuti alimentari gratuiti che arrivano dall’Unione Europea.

Nonostante il quadro generale, la Commissione europea ha però annunciato una crescita economica per l’anno prossimo del 2%. Ma il governatore della Banca Nazionale rumena, Mugur Isarescu, ha avvertito che una crescita economica potrà verificarsi solo se la Romania sbloccherà l’assorbimento dei fondi europei, uniche fonti finanziarie accessibili in questo periodo, in modo da sostituire gli investimenti stranieri e quelli statali, sempre meno copiosi. In questo quadro, la stabilità politica del paese conterà sempre di più.