La Corte costituzionale romena ha emesso il proprio verdetto sul referendum dello scorso 29 luglio per la destituzione del presidente Băsescu. Confermato il non raggiungimento del quorum, Băsescu ritorna in carica. Ma la politica romena rimane profondamente divisa
Traian Băsescu, eletto per due volte presidente della Romania e sospeso per altrettante dal Parlamento negli ultimi sette anni, torna a fare il capo dello Stato dopo una pausa forzata imposta dalla coalizione di centro-sinistra, l’Unione Social Liberale, ora al governo.
Băsescu si riprende così l'ufficio di palazzo Cotroceni, sede della presidenza romena, occupato nell’ultimo mese da un presidente ad-interim, ovvero Crin Antonescu, il leader dei liberali (PNL) romeni, al governo insieme ai social-democratici (PSD).
Il verdetto
Nonostante alcune pressioni subite per prolungare il più possibile il verdetto sul referendum del 29 luglio, martedì la Corte costituzionale romena ha confermato la validità della consultazione popolare. Dato il non raggiungimento del quorum minimo sull’affluenza alle urne (50% più uno degli elettori) il referendum non è passato e quindi Traian Băsescu è tornato in carica. Sei dei nove giudici costituzionali hanno votato in questa direzione.
Ora in realtà Băsescu dovrà attendere per tornare a Palazzo Cotroceni la lettura della decisione della Corte Costituzionale in Parlamento (ora in vacanza) e la pubblicazione in gazzetta ufficiale.
Le reazioni
Le reazioni della maggioranza alla sentenza della Corte costituzionale non si sono fatte attendere. Irritato il premier Victor Ponta che ha dichiarato che Băsescu più che del paese è il presidente della Corte costituzionale. Il primo ministro romeno ha poi ribadito la sua impossibilità di coabitare e collaborare con un presidente come Băsescu. Ponta aveva anche dichiarato di recente che se Traian Băsescu fosse rimasto a Palazzo Cotroceni lui avrebbe disertato le riunioni del Consiglio Superiore per la Difesa.
Per Crin Antonescu, vecchio aspirante alla poltrona presidenziale che l'ha potuta assaporare per un solo mese, la sospensione di Băsescu resta ancora possibile e la maggioranza non rinuncerà a quest'idea. L'attuale maggioranza ha inoltre insistito sul fatto che Băsescu dovrebbe autonomamente dare le dimissioni, perché non godrebbe più dell'appoggio popolare: nonostante il mancato quorum al referendum sul suo impeachement oltre sette milioni di romeni hanno votato contro di lui.
Sulla questione anche gli editorialisti romeni sono divisi. Per il giornalista Ion Cristoiu, con il ritorno del presidente Băsescu a Palazzo Cotroceni la crisi politica romena si dovrebbe chiudere.
Non la pensa così l'opinionista del quotidiano Gandul, Cristian Tudor Popescu, secondo il quale in Romania i prossimi mesi saranno difficili dato che la coabitazione tra il capo dello Stato e il premier Victor Ponta è impossibile: “In questo momento la Romania si sta dirigendo verso un equilibrio del male e la gente viene derisa perché deve scegliere tra due bugiardi”, ha scritto Popescu riferendosi a Traian Băsescu e Crin Antonescu, considerati dal noto giornalista “due uomini senza parola e senza onore”.
Alla fine di quest’anno si svolgeranno le elezioni politiche, mentre le presidenziali sono programmate per il 2014. Secondo Popescu il periodo di crisi politica quindi continuerà per molti mesi, troppi per un paese che si vuole definire una democrazia stabile e matura.
Politica ed economia
La Romania sta attraversando uno dei periodi politicamente più turbolenti dalla caduta del regime nel 1989. Una scena politica divisa, i cui leader sembrano preoccuparsi esclusivamente del potere, nonostante la crisi economica si stia facendo pesantemente sentire.
Del resto, è anno elettorale: si promette molto e si va in TV, su canali che, salvo rare eccezioni, seguono in modo pedissequo ciascuno le proprie specifiche direzioni politiche. Nemmeno gli appelli ripetuti del governatore della Banca Nazionale Romena, Mugur Isarescu, sulla necessità di dare risposte rapide e concrete contro la crisi economica sembrano aver sensibilizzato i protagonisti della politica romena, accusati da alcuni analisti e intellettuali di grave immaturità politica.
Dialogo tra istituzioni
Băsescu intanto non sembra aver tratto grandi considerazioni dalla sua sospensione. Da una parte lancia messaggi di riconciliazione verso i partiti della maggioranza – pur rimanendo saldamente ancorato al Partito democratico liberale per anni al potere e ora all'opposizione, dall’altra non esita a dichiarare che i parlamentari che hanno votato a favore della sua sospensione hanno voluto solo coprire le malefatte di altri politici corrotti, che dovrebbero finire dietro le sbarre.
Per i suoi avversari, però, Băsescu per perseguire la sua personale vendetta politica non esiterebbe ad utilizzare servizi segreti e magistratura a suo piacimento, violando la costituzione. La stessa coalizione al governo di centro-sinistra certo non sta certo favorendo il dialogo istituzionale e nei suoi primi mesi al governo non ha esitato a mettere propri uomini in posizioni chiave e a riformare leggi in fretta e furia, pur di arrivare alla sospensione del presidente (nel frattempo anche le attribuzioni della Corte costituzionale sono state modificate ed ora quest'ultima non potrà più pronunciarsi su alcune decisioni prese dal Parlamento).
Quest'atteggiamento ha anche provocato preoccupazioni all'estero. A partire da Bruxelles e Washington. Su tutti ha preso posizione il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso che nei giorni scorsi, in una lettera inviata al primo ministro romeno, aveva condiviso con Victor Ponta le proprie preoccupazioni circa il processo sulla validità del referendum, aggiungendo di ritenere essenziale che il governo trasmettesse immediatamente alla Corte Costituzionale le liste elettorali.
Barroso ha inoltre fatto appello a tutte le forze politiche romene, al governo e all’opposizione, affinché agiscano con responsabilità, concentrandosi sul bisogno di ristabilire un panorama politico stabile in Romania. L'Unione europea, si sottolinea da Bruxelles, continuerà a monitorare da vicino le evoluzioni politiche post-referendum.