E' considerato il regno del contrabbando e dei traffici illeciti: la Transnistria, repubblica separatista, striscia di terra tra Moldavia e Ucraina. Ora, sotto pressioni UE, cambiano i regimi doganali con i paesi vicini. Una sorta di embargo aspramente criticato da Mosca
A partire dal 3 marzo scorso tutte le merci prodotte nella repubblica separatista della Transnistria potranno entrare in Ucraina solo se in possesso di certificati rilasciati dalle autorità della Moldavia e non da quelle di Tiraspol. In questo modo Kiev mette in pratica un accordo già in vigore ma mai applicato con la Repubblica di Moldavia.
Sono passati 15 anni da quando, in seguito ad una sanguinosa guerra civile, la piccola striscia di terra tra il fiume Dniestr e il confine ucraino (con circa 600.000 abitanti in maggioranza moldavi, ucraini e russi) si è dichiarata indipendente dalla Moldavia. Non riconosciuta da alcun paese al mondo, la Transnistria è da anni una zona franca dell'Europa, un corridoio di transiti di tutti tipi, dalle armi alla droga fino alla prostituzione.
Sotto la guida dell'ex agente del KGB, Igor Smirnov, di tradizione sovietica e apertamente filo russo, dalla Transistria escono vagoni che contengono spesso merci "top secret". Da dicembre sono scesi in campo anche osservatori dell'UE che dovrebbero controllare e poter aprire i container. Compito non certo agevole, perché il territorio è saldamente sotto il controllo delle mafie: russe, ucraine o transnistre.
Sotto pressioni internazionali l'Ucraina ha deciso di condizionare l'entrata delle merci della Transnistria alla presentazione di documenti doganali emessi dalle autorità moldave di Chisinau. Il leader separatista di Tiraspol, Igor Smirnov, ha dichiarato che le nuove regole imposte da Kiev sono "una morte lenta per la Transnistria", accusando l'Ucraina di aver così abbandonato la sua imparzialità in veste di garante e mediatore nel conflitto tra la Moldavia, che vuole reintegrare nel suo territorio la provincia ribelle, e la Transnistria che si dichiara indipendente. Secondo Smirnov l'Ucraina ha introdotto le nuove regole doganali sotto la pressione dell'Occidente. Per il leader separatista la richiesta di documenti doganali con il visto di Chisinau conducono ad un "blocco economico" e quindi chiama in aiuto la Russia come "l'unico stato su cui l'amministrazione di Tiraspol può sperare".
Intanto le autorità di Tiraspol hanno vietato il traffico di merci da e verso la Moldavia come reazione alle azioni di Kiev. Il primo ministro della repubblica di Moldavia, Vasile Tarlev, ha spiegato in un conferenza stampa che le aziende dalla regione nistrena potranno continuare a svolgere le loro attività dopo essersi registrate a Chisinau, beneficiando inoltre di sconti fiscali.
Secondo Tarlev, il nuovo regime doganale applicato da Kiev "non è un blocco economico", come accusa Tiraspol ma "un riconoscimento dell'integrità territoriale della Repubblica di Moldavia". Per le autorità moldave si tratta di azioni comuni contro il contrabbando e contro il traffico illegale di merci. Il premier moldavo Tarlev ritiene anche che, con le recenti decisioni in materia doganale, l'Ucraina non fa altro che rispettare impegni bilaterali, intergovernativi ed internazionali già in atto.
Molti analisti sono stati sorpresi dalla decisione di Kiev di bloccare le merci dalla Transnistria. Sarebbe l'orientamento filo-occidentale di Iushenko ad imporre prese di posizione che infastidiscono Mosca. Probabilmente la decisione ucraina è anche condizionata dal fatto che il paese è in piena campagna elettorale per le elezioni parlamentari che si svolgeranno a fine mese.
La Russia che in Transnistra può contare su decine di depositi di armi dal periodo sovietico, più di 1500 soldati e un regime fedele, ha reagito immediatamente al blocco ucraino. Il Ministero degli Esteri della Federazione Russa ha chiesto all'Ucraina e alla Moldavia di riconsiderare le nuove regole doganali per la Transnistria e di mettere fine "alla pressione economica". A Mosca le decisioni di Kiev e Chisinau sono viste come "un tentativo di esercitare pressioni economiche su Tiraspol al fine di costringerla ad accettare una resa politica nella problematica riguardante il conflitto sul fiume Dniestr".
Una situazione simile anche se opposta si era verificata l'anno scorso quando la Russia aveva bloccato l'import di vini dalla Moldavia per mettere quest'ultima sotto pressione. Le autorità moldave non cedono però alle accuse di Mosca e dichiarano di non aver alcun interesse a bloccare la regione della Transnistria dove "vivono cittadini moldavi con i quali desideriamo vivere in pace" ribadisce il primo ministro moldavo, Tarlev, che chiede inoltre che il caso non sia più strumentalizzato etnicamente.
Il leader Smirnov spera ancora una volta nell'appoggio del Cremlino perché considera "la Federazione Russa l'unico garante de facto e de jure". Secondo l'amministrazione di Tiraspol la Russia intrattiene scambi commerciali con la Transnistria per un valore di 200 milioni annui e un valore simile è altrettanto valido anche per l'Ucraina. Quindi la "guerra delle dogane" - come é stata definita dalla stampa - provocherà perdite a tutte le parti in causa.
Ma il rifiuto della Transnistria alla imposizione di documenti doganali moldavi sulle sue merci non avrebbe solo motivazioni politiche. Il vero nocciolo del problema sta nel fatto cje le esportazioni della Trasnistria ad oggi sfuggivano ogni tipo di controllo. La Transnistria esporta manufatti metallurgici, macchinari, tessili. Ed il suo commercio estero andava a gonfie vele e questo significa che vi era qualcuno che comperava. In effetti risulterebbe che il 37% delle esportazioni dalla Transnistria vada verso la Federazione Russa, il 20% verso l'Ucraina e l'8% negli Stati Uniti.
Da un'inchiesta pubblicata le scorse settimane dal quotidiano "Averea" di Bucarest emerge che anche aziende romene fanno buoni affari con il combinat metallurgico di Rabnita, in Transnistria. Gli stessi giornalisti ricordano che Dmitri Tkaci, rappresentante del presidente ucraino Iuschenko nei negoziati per la Transnistria, sarebbe comproprietario della compagnia Interdnestrcom di Tiraspol, l'unica ditta che fornisce servizi di telefonia fissa e mobile in Transnistria. La piovra degli affari con la Transnistria non si ferma sicuramente ad esempi di uno, due o tre paesi. Nessun paese al mondo riconosce l'autoproclamata repubblica di Transnistria che però esporta le sue merci.
Per la sua posizione geo-economica la regione interessa a molti essendo vicina ai Balcani, al Danubio, alla città ucraina di Odessa ed al porto ucraino di Ilicevk, uno tra i più importanti del Mar Nero. La Russia ha ancora molto da dire e da fare nella zona. Il ministro russo degli esteri, Serghei Lavrov, ha dichiarato che il nuovo regime doganale equivale ad un embargo contro la regione Transnistria. Mentre il rappresentante della diplomazia europea, Javier Solana, ha precisato che le nuove regole alla frontiera sono molto importanti per mantenere l'ordine al confine tra l'Ucraina e la Repubblica Moldova.
Dall'altra parte, il capo delle dogane della regione separatista della Transnistria, Igor Mazur, avverte che le tensioni ai punti di confine sono arrivate ad un punto limite. Mazur ha fatto sapere che alle dogane si sono formate lunghe code e che non escluderebbe "una vera e propria rivolta".
La Transnistria ha annunciato inoltre di ritirarsi dai negoziati con la Repubblica Moldova e il presidente dell'auto-proclamata Repubblica Transnistria, Igor Smirnov, ha varato lo scorso 7 marzo un decreto con il quale vieta i finanziamenti dall'estero per le ONG. Il decreto - riporta l'agenzia stampa ufficiale Olvia-press - è stato approvato "per garantire la sicurezza dello Stato", e prevede l'interdizione per le ONG di ricevere mezzi finanziari e beni da associazioni internazionali e straniere, da cittadini stranieri o da fonti anonime.
Alla Transinistria non sono mancati i messaggi di solidarietà: da Mosca ma anche dalle regioni separatiste dell'Abhkazia e dell'Ossezia del Sud che rivendicano la loro indipendenza dalla Georgia. Il leder del movimento "Rodina"(Patria) della Duma della Federazione Russa ritiene che "la Russia deve reagire con fermezza, prendendo in considerazione la volontà della popolazione della Transnistria e riconoscendo la Repubblica Moldova Nistrena come parte della Federazione Russa.