Kosovo  (foto Shutterstock)

Kosovo  (foto Shutterstock )

E' in corso a Bruxelles il quinto tavolo negoziale tra Belgrado e Pristina per risolvere la crisi kosovara. Il premier serbo Ivica Dačić si è presentato a sorpresa con una nuova formula per i serbi: l’unione di tutti i comuni serbi del Kosovo

19/02/2013 -  Dragan Janjić Belgrado

“Io a Bruxelles devo convincere i miei interlocutori che in Kosovo non ci sono istituzioni serbe e i serbi del Kosovo consegnano al governo kosovaro foto di poliziotti serbi e delle loro automobili con i numeri di targa!”, ha tuonato il premier serbo Ivica Dačić alcuni giorni prima del decisivo tavolo negoziale con Pristina sull’eliminazione delle cosiddette istituzioni parallele serbe.

Una dichiarazione che ben illustra la situazione particolarmente complicata in cui si trova il potere serbo, stretto tra la necessità di risolvere entro giugno, quando si deciderà sulla data di avvio dei negoziati tra la Serbia e l’Unione europea, i grossi problemi legati al Kosovo e la pressione esercitata dai gruppi e delle organizzazioni nazionalistiche che hanno contribuito alla vittoria elettorale del Partito progressista serbo (SNS) oggi al governo.

Al nuovo round di colloqui sulla soluzione della crisi kosovara che inizia oggi a Bruxelles, la Serbia arriva con concessioni radicalmente nuove che di fatto portano molto vicino al riconoscimento del governo di Pristina. L’idea di base è che i serbi devono mantenere una propria autonomia all’interno delle attuali frontiere kosovare ma i loro poteri locali devono essere eletti secondo le leggi kosovare e devono essere collegati a Pristina, oltre che a Belgrado.

Il cambiamento cruciale riguarda proprio la gestione delle frontiere tra Serbia e Kosovo. Il precedente governo serbo aveva tenuto ininterrottamente aperta la questione delle frontiere, sperando che Belgrado un giorno si potesse trovare nella posizione di poter negoziare sull'annessione alla Serbia della grande enclave serba al nord del Kosovo. Informalmente in gioco c’era anche l'opzione di scambio dei territori del nord del Kosovo col territorio dei tre comuni del sud della Serbia abitati da albanesi.

Le opzioni di cui sopra sono state tirate in ballo però dai media e dalle dichiarazioni e analisi di singoli esperti, ma non sono mai finite sui tavoli negoziali. Perché in realtà Belgrado ha sempre saputo che né la modifica dei confini né lo scambio di territori potevano verosimilmente essere oggetto di negoziati, quindi ha preferito condurre una politica de facto che, pur non parlandone mai, avrebbe portato ad un'annessione del nord del Kosovo come unica soluzione possibile.

La nuova formula di Belgrado

In accordo con questa posizione, si è operata una netta divisione dei comuni serbi in Kosovo, nell’enclave al nord e nelle enclavi all’interno del Kosovo, cioè a sud del fiume Ibar. L’enclave al nord funzionava, e tutt’oggi funziona, come parte integrante della Serbia, senza alcuna relazione formale con Pristina. Nelle enclavi a sud dell’Ibar, Pristina ha una maggiore influenza e sono stati formati governi locali serbi secondo le leggi kosovare.

Dal momento che né Bruxelles né Washington né tanto meno Pristina avrebbero accettato le modifiche dei confini o lo scambio di territori, ora il governo serbo ha cambiato posizione, decidendo di rigettare interamente quest'opzione. Ora Belgrado suggerisce una totale unificazione dell’enclave al nord con il resto dei comuni serbi del Kosovo e chiede la formazione di un’unione di tutti i comuni serbi i cui poteri e competenze siano chiaramente definiti.

In breve, il governo, la cui spina dorsale è composta dal nazionalista e populista SNS, ora è ufficialmente orientato a battersi per la lotta a favore dei serbi all’interno delle frontiere del Kosovo, lasciando da parte la precedente insistenza sul fatto che il Kosovo è parte integrante della Serbia. Belgrado, ovviamente, non riconoscerà l’indipendenza kosovara, ma evidentemente cerca una nuova formula che possa incontrare anche i desideri di Bruxelles e Washington.

La nuova linea ha suscitato le attese reazioni dei nazionalisti radicali. Il Partito democratico della Serbia (DSS) dell’ex premier Vojislav Koštunica ha ribadito che si tratta di un tradimento, l’extraparlamentare Partito radicale serbo (SRS) ha organizzato una fiacca protesta di strada e insoddisfazione è stata dimostrata anche dai leader radicali del nord del Kosovo. Le proteste e le rimostranze di suddetti partiti e di altri centri di potere hanno una portata limitata e non possono inficiare la posizione del governo.

Nemmeno il Partito democratico (DS) e il Partito liberaldemocratico (LDP) rappresentano una seria minaccia per il governo, nonostante abbiano criticato la sua nuova politica sul Kosovo. Si tratta di partiti di chiaro orientamento europeo che sfruttano principalmente la scomoda situazione in cui si è trovato l’SNS per indebolirne la posizione. Questi partiti non hanno intenzione però di fare pressioni sul governo per il suo cambio di posizione rispetto al Kosovo.

Colloqui positivi, possibile data di avvio dei negoziati UE per la Serbia

Dal successo del nuovo round di colloqui sul Kosovo dipende in buona parte la decisione sulla data di avvio dei negoziati tra la Serbia e l’Unione europea. Nel momento in cui la delegazione serba, guidata dal premier Ivica Dačić, discute con la delegazione di Pristina a Bruxelles, il vicepremier e leader del SNS Aleksandar Vučić è in visita in Germania, con l’intento di convincere Berlino che la Serbia si è meritata la data di avvio dei negoziati. Belgrado ritiene infatti che le concessioni che offre sul Kosovo possano essere sufficienti.

I negoziatori serbi a Bruxelles continueranno a cercare di convincere gli interlocutori che le istituzioni parallele in Kosovo non posso essere eliminate con una decisione unilaterale, e che è possibile farlo solo se si forma prima una nuova unione dei comuni serbi e si definiscono poteri e competenze, così come le relazioni che dovrà avere con Pristina e Belgrado.

Fonti vicini al governo dicono che esiste anche il pericolo che sul tavolo negoziale si trovi la richiesta di sottoscrivere un accordo speciale esclusivamente legato al nord del Kosovo. I timori sono legati al fatto che tale regione è un punto nevralgico e che Bruxelles, Washington e Pristina potrebbero richiedere per essa ulteriori garanzie. Per Belgrado sarebbe difficile accettare una cosa simile perché minerebbe il concetto stesso di unione dei comuni serbi come unica entità serba in Kosovo, appena messo in campo.

 

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