Censura e autocensura in Serbia
28 august 2018
La situazione dei media in Serbia non è mai stata rosea. Ma una recente indagine condotta dal Balkan Investigative Reporting Network (BIRN) mette in evidenza meccanismi di controllo subdoli e altrettanto efficaci esercitati dal governo di Belgrado sui giornalisti.
E mentre l’autocensura diventa la norma, cresce la paura. Quella di perdere il proprio posto di lavoro ma anche la paura di non trovare altro lavoro.
“Questo è un tipo di obbedienza che si dimostra al partito, nonostante non se ne faccia parte”, afferma a riguardo Željko Bodrožić, caporedattore del quotidiano locale Kikindske novine, pubblicato a Kikinda: “Devi obbedire per non soccombere al mercato”.
Il partito in questione è quello del presidente Aleksandar Vučić. Un uomo che “ha concentrato il potere ad un tale livello che non si era visto dai tempi del defunto Slobodan Milošević”, scrive BIRN.
L’inchiesta , realizzata intervistando dodici professionisti ed editori della stampa serba, presenta un quadro dai toni cupi, nel quale il giornalismo è messo sempre più in difficoltà da salari bassi, sicurezza lavorativa quasi inesistente e un sistema di proprietà dei media estremamente opaco.
Gli intervistati - diversi hanno chiesto di rispondere in anonimato - affermano di non avere mai subito una pressione diretta da parte di Vučić, ma definiscono l’interferenza del presidente “pervasiva”, presentando diversi esempi a riguardo. I giornalisti interpellati sottolineano che lo staff del capo di stato serbo è particolarmente attento a non far emergere “notizie negative” collegabili al governo.
“Un tempo tra le redazioni c’era competizione tra chi avrebbe scritto meglio e chi avrebbe scovato per primo la tale notizia” spiega Tamara Spaić, ex giornalista del quotidiano Blic. “Ora invece sia i giornalisti che lo staff delle redazioni attendono solo che gli venga dato il materiale sul quale produrranno il pezzo da consegnare. Se vai d’accordo con Vučić allora l’informazione ti viene data 5 minuti prima degli altri. In questo modo i giornalisti diventano gli animali domestici dell’editore”, commenta Spaić.
Quest’anno la Serbia ha perso 10 posizioni nel World Press Freedom stilato da Reporters senza frontiere (RSF) , collocandosi al 76° posto tra 180 Paesi scrutinati. Il report di RSF cita in particolare “un numero allarmante di attacchi rivolti ai giornalisti” impuniti; “campagne denigratorie aggressive” dei media pro-governativi contro giornalisti investigativi e la “collusione” tra politici e i media.
This publication has been produced within the project European Centre for Press and Media Freedom, co-funded by the European Commission. The contents of this publication are the sole responsibility of Osservatorio Balcani e Caucaso and its partners and can in no way be taken to reflect the views of the European Union. The project's page
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