Da quest’anno sembra che la Serbia abbia trovato un nuovo partner strategico: gli Emirati Arabi Uniti. Previsti investimenti per due miliardi di dollari in vari settori tra cui una nuova compagnia aerea. Ma cosa c’è di concreto nei pomposi annunci sulla partnership economica sventolati da media e politici serbi?
Gli affari con gli Emirati Arabi Uniti, per un valore di oltre due miliardi di euro, sono frequentemente menzionati nelle dichiarazioni dei politici serbi e sui media nazionali, ma in realtà, almeno per il momento, non rappresentano che prospettive. Il denaro non si è ancora visto e le scarse informazioni sui contratti disponibili al pubblico, lasciano pensare più ad accordi di credito che ad investimenti diretti. I partner sono la Serbia e gli Emirati e non le compagnie, pertanto i partner stranieri non si accollano praticamente alcun rischio finanziario.
Gli Emirati e la Serbia hanno siglato un cosiddetto accordo quadro interstatale che, in realtà, funziona come una “Lex specialis”. Con questo tipo di accordo sono state evitate le gare d’appalto per la privatizzazione delle compagnie e l’acquisto dei terreni agricoli, che invece sarebbero obbligatorie secondo le leggi serbe. L’accordo quadro interstatale è particolarmente importante per pianificare l’acquisto dei kombinat agricoli serbi (di proprietà statale), perché questo tipo di terreni agricoli non si possono vendere senza gare d’appalto.
La maggior parte del denaro, secondo quanto riportato dai media serbi, dovrebbe essere investito nella produzione di chip, per una cifra tra i due e i quattro miliardi di dollari. Lavoro che dovrebbe essere realizzato dalla compagnia Mubadala, ma accordi concreti al riguardo ancora non esistono.
La Etihad airways formerà invece una nuova compagnia aerea in Serbia, ma ancora non è chiaro se vi parteciperà anche la malconcia compagnia di bandiera serba JAT, o se l’accordo riguarda solo i due stati. Pianificati anche affari comuni nell’industria militare (produzione di un certo tipo di missili), così come l’acquisto di terreni agricoli, grandi investimenti nei sistemi di irrigazione e acquisti di hotel.
Tutti questi affari dovrebbero essere realizzati a prescindere dalle consuete procedure, cioè gare d’appalto, contratti e collaborazioni tra compagnie e non tra stati. La Serbia ha dovuto scegliere questo modello di accordi perché non può in altro modo trovare denaro sul mercato internazionale, cioè non può avere in altro modo investimenti. Come accade in questi casi, una debole posizione comporta cattive condizioni, e gli affari vengono condotti su accordi creditizi e contratti in cui la maggior parte dei rischi vengono assunti dallo stato in cui si investe.
I rapporti con lo sceicco Bin Zayed
La Serbia, d’altra parte, aveva già provato a fare affari con gli Emirati sin dalla caduta del regime di Slobodan Milošević nel 2000. L’allora premier serbo Zoran Đinđić (ucciso in un attentato il 12 marzo 2003) aveva fatto un viaggio privato negli Emirati, ma nessun accordo serio era stato raggiunto. In tempi recenti i contatti con gli Emirati sono stati avviati soprattutto dal recentemente destituito ministro delle Finanze e dell’Economia Mlađan Dinkić, e poi dal primo vicepremier serbo Aleksandar Vučić. A Belgrado si specula sul fatto che l’idea di Dinkić di contattare gli Emirati sia arrivata dal premier montenegrino Milo Đukanović, ma mancano conferme attendibili.
Vučić è stato negli Emirati, mentre in visita in Serbia lo scorso anno è venuto lo sceicco Bin Zayed. Il primo vicepremier di governo da allora fa spesso riferimento alla sua amicizia personale con lo sceicco e non manca di far notare che i nuovi affari con gli Emirati sono dovuti in buona parte a questa amicizia. Si è scoperto, però, che Dinkić aveva già stabilito solide relazioni con gli Emirati, e che Vučić in un secondo tempo le ha mantenute, anche dopo che il partito di Dinkić, l’Unione delle regioni della Serbia, è stato buttato fuori dalla coalizione di governo. Dinkić ora ricopre l’incarico di vicecapo del comitato governativo per la collaborazione con gli Emirati.
Air Serbia
Per ora l’affare più concreto è la formazione della nuova compagnia di vettori, ma l’aspetto più interessante riguarda le condizioni previste dal contratto. Dieci giorni prima della conclusione dell’affare con la Etihad l’allora ministro per le Infrastrutture Milutin Mrkonjić aveva annunciato che il contratto sarebbe stato firmato dalla compagnia aerea JAT e dalla compagnia emirantina Etihad, ma lo scorso 1 agosto il contratto è stato siglato dallo stato serbo e dalla Etihad. Ciò potrebbe significare che non ci saranno investimenti nella JAT e che l’attenzione è tutta rivolta alla nuova compagnia Air Serbia.
I dettagli del contratto non sono stati resi pubblici, nonostante l’organizzazione Transparency Serbia per ben due volte abbia chiesto al governo di farlo. Secondo quanto si sa finora, nella nuova compagnia comune la Serbia sarà proprietaria al 51% , il che significa che si assume anche il rischio maggiore e la responsabilità di gestione. Da contratto è previsto che la Etihad amministri la nuova compagnia per i prossimi cinque anni. Sui media belgradesi è stato annunciato che la Etihad acquisterà il 49 percento delle azioni della JAT, ma senza ulteriori dettagli.
Il contratto prevede che entrambe le parti investano rispettivamente 100 milioni di euro nella nuova compagnia. La Serbia, però, deve aggiungerne altri 200, quanto è necessario per coprire le perdite della JAT che ha già avviato la procedura di ristrutturazione del personale. Ciò potrebbe significare che la parte serba in pratica finanzia la chiusura della sua compagnia aerea decaduta e nel frattempo favorisce finanziariamente e in altri modi il partner straniero nella creazione della nuova compagnia a capitale misto.
A ben guardare, il possibile rischio per la Etihad è di circa 100 milioni di euro, il denaro investito nella compagnia comune. Fonti ben informate rilevano che il partner straniero è obbligato a garantire subito 40 milioni di euro, denaro che proverrà dalla banca di Abu Dhabi, mentre gli altri 60 milioni deve garantirli in un secondo tempo. Il finanziamento sarà garantito dalla Air Serbia, dove lo stato serbo detiene il 51% del capitale, così che il rischio per il partner straniere è ridotto al minimo. Il management della Air Serbia, da contratto, sarà garantito dalla Etihad che si occuperà della gestione della compagnia.
La parte serba ha annunciato che la compagnia prenderà in leasing degli aerei. La Serbia ha comunicato che affitterà 10 vettori Airbus che in seguito Air Serbia dovrebbe acquistare. Ma tutto questo è stato fatto prima ancora che l’amministrazione della nuova compagnia confermasse e comunicasse i piani di volo, il che significa che potrebbe accadere anche che il tipo di aerei affittati dalla Serbia non siano compatibili, per capacità e altre caratteristiche, alle linee di volo che l’amministrazione della compagnia deciderà di attuare.
Agricoltura e chip
Gli investimenti della compagnia Mubadala nella produzione di chip per adesso esistono solo nei resoconti dei media e nelle dichiarazioni dei politici serbi. Questo affare, se dovesse davvero essere portato a termine, potrebbe essere di grande importanza per la Serbia. A giudicare dall’andamento degli affari con la Etihad, gli Emirati, se dovessero veramente investire, continueranno a mantenere il minore fattore di rischio e cercheranno di avere come partner lo stato serbo che garantirà per gli investimenti.
Per quanto concerne l’agricoltura, è stato annunciato soprattutto l’acquisto di 20 kombinat agricoli, i cui terreni sono di proprietà dello stato serbo, e grandi investimenti nel sistema di irrigazione. Ma la realizzazione di questi affari non è ancora iniziata. Si è contrattato anche sulla produzione di un tipo di missile, ma ormai da mesi non se ne parla più. A Belgrado si specula sul fatto che il motivo potrebbe essere legato all’insoddisfazione degli americani per questo tipo di affare nel campo dell’industria militare.
This publication has been produced with the assistance of the European Union. The contents of this publication are the sole responsibility of Osservatorio Balcani e Caucaso and its partners and can in no way be taken to reflect the views of the European Union. The project's page: Tell Europe to Europe.