Belgrado, Serbia, 2021. "Fermiamo gli investitori, salviamo la natura" © Djordje Kostic/Shutterstock

Belgrado, Serbia, 2021. "Fermiamo gli investitori, salviamo la natura" © Djordje Kostic/Shutterstock

Quando gli interessi economici prendono il sopravvento sui principi democratici, l'UE mostra il suo volto più inquietante nei Paesi terzi. Intervista all'eurodeputato sloveno Vladimir Prebelič (Verdi/ALE), uno dei più attivi sulla questione del rapporto tra Stato di diritto e sfruttamento delle risorse minerarie nei Balcani

28/03/2025 -  Federico Baccini Bruxelles

Dalla Serbia alla Bosnia Erzegovina, lo sfruttamento dei giacimenti di litio rimane uno dei temi più caldi non solo sul fronte ambientale, ma anche su quello del rispetto dei principi dello Stato di diritto. Perché alla finestra ci sono anche l'Unione europea e i suoi Paesi membri, che rischiano di mostrare il loro volto meno democratico quando si mettono alla ricerca di materie prime essenziali per la transizione verde dell'industria, dell'economia e della società europea nel suo insieme.

"Se i principi democratici fondamentali vengono messi a repentaglio in cambio di guadagni economici a breve termine, questo è un approccio miope e neocolonialista", è l'attacco dell'eurodeputato sloveno Vladimir Prebelič (Verdi/ALE) in un'intervista per OBCT, sulla falsariga delle accuse lanciate dal presidente del Partito della Sinistra Europea, Walter Baier alla strategia della Commissione europea di dare priorità al profitto rispetto allo stato di diritto nei rapporti con i Paesi terzi.

Sotto i riflettori c'è sempre il progetto di estrazione di litio nella miniera di Jadar, nella Serbia occidentale, su cui si incardina l'accordo siglato nel luglio del 2024 tra Bruxelles e Belgrado. Ma all'orizzonte si staglia anche la possibilità che le stesse criticità si ripetano in Bosnia Erzegovina, più precisamente nel comune di Lopare (Republika Srpska), nel cuore del parco naturale del massiccio di Majevica.

Vladimir Prebelič (foto Parlamento europeo)

Vladimir Prebelič (foto Parlamento europeo)

La questione dello sfruttamento dei giacimenti di litio sta diventando un grosso tema non solo in Serbia, ma anche in Bosnia Erzegovina. Quale deve essere l'atteggiamento dell'Unione europea?

È estremamente difficile per gli attori stranieri intervenire per impedire a un Paese di sfruttare le proprie risorse naturali, soprattutto quando possiede materie prime così preziose. Non siamo nella posizione di poter imporre alla Serbia o alla Bosnia Erzegovina di non sfruttare i propri giacimenti di litio.

Tuttavia, ciò che possiamo fare è rifiutarci di sfruttare questa risorsa a nostro vantaggio. Concludere accordi sulle risorse naturali di un altro Paese può facilmente assumere i tratti di un approccio neocolonialista.

Inoltre, considerato che entrambi i Paesi aspirano ad aderire all'UE, possiamo definire chiaramente le nostre aspettative. Qualsiasi sfruttamento delle risorse naturali deve essere condotto in modo trasparente e non andare a esclusivo beneficio dell'élite politica. È inoltre essenziale che tutte le attività siano conformi alle normative ambientali.

Se poi c'è una significativa opposizione interna, allora questo tema diventa una questione democratica. Lo sfruttamento delle risorse naturali non deve prevaricare la volontà del popolo.

È un rischio che si sta concretizzando in Serbia?

Sì, in Serbia lo stiamo vedendo chiaramente. Se un personaggio politico—in questo caso il presidente Aleksandar Vučić—ha perso legittimità nel suo stesso Paese, è naturale che la gente non si fidi degli accordi da lui siglati con attori internazionali. La sua mancanza di trasparenza ha causato problemi anche sul progetto di estrazione del litio.

È incomprensibile come [il cancelliere tedesco, Olaf] Scholz e [la presidente della Commissione europea, Ursula] von der Leyen abbiano elogiato i "significativi progressi" della Serbia, quando in realtà non ce n'è stato alcuno, né sulle riforme fondamentali né sulla governance.

Questa situazione è stata dettata da interessi economici e trovo tutto ciò profondamente frustrante. Al Parlamento europeo rimaniamo vigili, perché alcuni Paesi dell'UE sembrano dare priorità al proprio tornaconto nazionale mentre parlano a nome dell'intera Unione.

Ma la Commissione sta legando gli interessi economici ai progressi nei negoziati di adesione all'UE?

È difficile da provare, ma in ogni caso siglare accordi con autocrati o leader autoritari al solo scopo di accedere alle materie prime di un Paese terzo non dovrebbe mai essere la strategia dell'UE.

Qualsiasi forma di assistenza o cooperazione deve essere radicata nei valori democratici fondamentali. Sebbene le democrazie non siano perfette, sono di gran lunga superiori ai regimi autocratici.

Se vogliamo rimanere onesti con i nostri partner, dobbiamo incoraggiarli a sostenere i principi democratici. I Balcani occidentali sono una regione geograficamente vicina a noi e qualsiasi deterioramento politico avrebbe conseguenze dirette per l'intero continente. Sarebbe estremamente poco saggio ignorarlo.

Questo come si declina sul piano dell'estrazione delle risorse minerarie? 

L'UE dovrebbe assumere un ruolo proattivo. Se ci mancano materie prime essenziali, dobbiamo procurarcele altrove.

Dobbiamo essere molto più attivi sul mercato globale, ma in modo responsabile, rispettando le leggi internazionali e ambientali ed evitando gli errori del nostro passato coloniale. In seno al Parlamento europeo non sosterremo mai lo sfruttamento delle risorse naturali, se ciò è in contrasto con la volontà del popolo e i principi democratici.

Ci sono grandi risorse in tutto il mondo e molti potenziali partner. Se miriamo a costruire un modello basato sul rispetto reciproco e sulla cooperazione piuttosto che sullo sfruttamento, tutti ne trarranno beneficio.

Quello che possiamo fare è sensibilizzare l'opinione pubblica, sostenere coloro che lottano per i propri diritti e il benessere nazionale e garantire che il percorso dei Paesi candidati sia in linea con i valori europei.