Il neo presidente serbo esce rafforzato dalla scelta di nominare, come premier, una donna parte della comunità LGBT. Nonostante non tutti condividano la scelta tutti voteranno la fiducia. Un’analisi
Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha buoni motivi per essere soddisfatto dei primi effetti della decisione di nominare premier del nuovo governo Ana Brnanić, fino ad ora ministra della Pubblica amministrazione e membro dichiarato della comunità LGBT della Serbia. Come previsto la mossa ha attirato l’attenzione dei media mondiali, e la Serbia e Vučić hanno incassato congratulazioni e applausi per una decisione tanto coraggiosa che dovrebbe portare ad una maggiore tolleranza in una società, quella serba, tradizionale e molto conservatrice.
Vučić ha condotto un abile gioco, presentandosi come un politico pronto a compiere mosse rischiose, e il fatto che al riguardo non ci sia stata una forte resistenza da parte dell’elettorato lascia pensare che il governo sia più che stabile.
A ben guardare però l’intera operazione non è poi stata così rischiosa. Perché se è vero che la maggioranza del blocco governativo non nutre simpatie verso la comunità LGBT, è altrettanto vero che la maggioranza (praticamente tutti) hanno come scopo mantenere le posizioni acquisite negli ultimi anni. Vučić sa che questa maggioranza è consapevole che senza di lui non sarebbe nemmeno lontanamente così potente e per questo, si adeguerà.
La nomina di Ana Brnabić è stata accompagnata da una ben orchestrata campagna il cui scopo era mostrare che si trattava di una decisione difficile non facilmente “accettabile” dalla maggioranza di governo. Certamente il “dettaglio” più importante in questa campagna è stato il tirar a indovinare dei media, durato diversi giorni, se c’era o meno la maggioranza assoluta per il voto di fiducia al governo di Ana Brnabić.
Vučić si è incontrato con i deputati del Partito progressista serbo (SNS), di cui è fondatore e presidente, convincendoli a votare tutti per la neo prima ministra, e i media hanno continuamente ripetuto che a lui interessava raccogliere come minimo 128 voti sui 250 seggi del parlamento.
In sostanza, non c’è mai stato un rischio di non avere la maggioranza, perché la coalizione al governo, dunque SNS e i suoi alleati, il Partito socialista della Serbia (SPS) e i partiti delle minoranze nazionali, insieme hanno almeno 150 seggi. Cercare di raccogliere 128 voti dei parlamentari si riferiva solo all’SNS e ai suoi alleati stretti, tra i quali Vučić ha voluto (e ci è riuscito) ad ottenere un sostegno totale.
Il sostegno
Il nuovo governo deve essere eletto entro la fine di questo mese, e finora praticamente non si sono incontrati ostacoli. All’interno della maggioranza governativa è ancora in dubbio solo il sostegno da parte di Serbia unita (JS) di Dragan Marković Palma, politico radicale e dichiarato antagonista della popolazione LGBT. Le trattative sono ancora in corso ed è del tutto possibile che Palma e i suoi cinque deputati, alla fine, votino la fiducia al governo. Anche perché Vučić può fare conto su una comoda maggioranza nel parlamento anche senza il suo sostegno, e anzi votare contro il governo sarebbe visto male sia da Vučić che dal suo SNS.
L’atteggiamento dell’opposizione inoltre non può avere alcun impatto di rilievo sul risultato delle votazioni per la fiducia al nuovo governo, proprio per via della maggioranza di cui gode la coalizione guidata dall'SNS. L’opposizione non ha né la forza né la possibilità di usare il voto sul nuovo governo per migliorare il proprio rating fra gli elettori.
L’atteggiamento dei partiti d’opposizione si riduce alla valutazione che Ana Brnabić sarà una marionetta nelle mani di Vučić e che in realtà sarà lui a governare. Questo probabilmente è vero, ma alla futura premier non si può subito all’inizio negare il diritto di dimostrare quello che sa fare. Proprio per questo questa critica dell'opposizione, almeno per adesso, non ha un'influenza sostanziale sul corpo elettorale.
La popolazione LGBT in Serbia, naturalmente, è contenta per il fatto che un’omosessuale dichiarata diventerà premier, ciononostante non le offre alcun sostegno incondizionato. “La scelta di una premier lesbica, in qualsiasi paese al mondo significa tanto dal punto di vista simbolico ed è ovunque una notizia… Il suo contributo può essere positivo, lei anche come ministra si è impegnata nel risolvere alcune questioni (per esempio il cambiamento del codice identificativo personale [JMBG] per le persone che cambiano il sesso), ma va tutto molto lentamente. Rimane da vedere se ci saranno più cambiamenti e progressi sotto il suo premierato, ma è ovvio che senza il sostegno del presidente e del partito di maggioranza nulla è possibile”, ha dichiarato Goran Miletić, di Civil Rights Defenders.
Miletić avverte che alcune leggi importanti per la popolazione LGBT aspettano ancora dei cambiamenti e che non sarà possibile che la posizione della comunità LGBT possa vedere progressi sostanziali finché non sarà cambiata la legislazione vigente. “Credo che Ana Brnabić non si occuperà dei dettagli. Lei potrebbe chiedere perché alcune cose non vengono risolte in alcune ministeri, ma i veri e grandi cambiamenti dipenderanno dalla coalizione governativa”, afferma Miletić.
Governo
Le affermazioni dell’opposizione che il nuovo governo serbo sarà sotto il diretto dominio del presidente Vučić, sono ben fondate. E' stato evidente già durante lo stesso processo di nomina della premier: in pubblico si parla già del programma del nuovo governo, del quale la premier stessa ancora non ha esposto i dettagli. Inoltre si sa già che il nuovo governo avrà 18 ministeri al posto dei precedenti 16, e le informazioni su tutto ciò non arrivano dalla premier ma da altre fonti.
La futura premier non potrà influire in modo decisivo né sulla composizione del nuovo esecutivo, visto che questo fa parte delle trattative fra i partiti e all’interno dei partiti la parola decisiva spetta a Vučić. I due nuovi posti ministeriali (ecologia e eurointegrazione) vengono introdotti in parte per il bisogno di soddisfare in modo adeguato le richieste delle negoziati che sta conducendo la Serbia con l’UE e così velocizzare l’eurointegrazione, e in parte per soddisfare gli appetiti dei partner della coalizione.
Fonti ben informate sostengono che almeno uno due posti ministeriali apparteranno al Partito socialista della Serbia del ministro degli Affari Esteri Ivica Dačić, che rafforzerà così la sua posizione all’interno del governo. L’SPS avrà almeno quattro e forse anche cinque ministeri, e Dačić praticamente piazzerà l’intera leadership del partito su questi incarichi. Questo rafforzerà la sua posizione all’interno del partito ma rafforzerà contemporaneamente l’influenza e l’importanza del SPS nel blocco di governo.
Vučić in ogni caso, pur cercando di favorire la stabilità all’interno della compagine di governo, non è pronto a rinunciare al controllo sugli affari politici ed economici chiave. Nel cercare il sostegno per la nomina della premier Vučić ha chiaramente sottolineato che l’SNS, anche senza il partner di coalizione, ha la maggioranza assoluta in parlamento, il che significa che ha ampie possibilità di limitare le ambizioni dell'SPS nel caso in cui Dačić e i suoi più stretti collaboratori desiderassero agire in modo autonomo.