Terminata la campagna elettorale, i cittadini serbi domenica andranno a votare per il nuovo presidente. I due maggiori pretendenti sono Boris Tadic, presidente in carica, e il leader radicale Tomislav Nikolic. Previsto un secondo turno fra quindici giorni
La campagna elettorale per le presidenziali in Serbia, fissate per il 20 gennaio, entra nella fase finale. I candidati alla presidenza inviano gli ultimi messaggi agli elettori. La lotta per i voti del primo turno termina ufficialmente oggi, quando entra in vigore il silenzio elettorale. Gli elettori riprenderanno fiato, i media secondo quanto previsto dalla legge cesseranno di pubblicare i messaggi di propaganda elettorale dei candidati, mentre i comitati elettorali inizieranno a pensare ai discorsi da tenere per il giorno dopo le elezioni. Ma non è finita. Secondo i piani dei comitati elettorali che si tengono in gran segreto le ultime 72 ore sono cruciali per verificare i “voti sicuri”, per la campagna “porta a porta” e per attirare gli elettori indecisi.
Per la Serbia queste elezioni sono ancora una volta decisive o fatali. È opinione comune che la Serbia sia di fronte alla scelta tra il ritorno agli anni novanta e il proseguimento verso un futuro europeo. Il corpo elettorale è polarizzato come non mai. O detto in altro modo: se non sei con noi, sei contro di noi.
“Con tutto il cuore per una Serbia forte e stabile in cui regna la legge”. Sarebbe questo il messaggio dei radicali serbi, dei democratici e dei liberali se unissero i loro slogan elettorali. Con ciò, Velimir Ilic, candidato della coalizione Nova Srbija – Partito democratico della Serbia (NS – DSS) ci consiglia di votare per la Serbia, mentre Milutin Mrkonjic, tra i pilastri dei socialisti, uno dei migliori amici di Slobodan Milosevic, informa di essere il Nostro compagno e che le azioni parlano da sole.
Alla competizione pre-elettorale prende parte un numero decisamente basso di candidati. Tutti ci ricordiamo il tempo in cui sulla scheda elettorale avevamo non meno di 20 pretendenti alla poltrona presidenziale. Oggi, 2008, siamo proprio in pochi. Sulla scheda elettorale domenica avremo: Tomislav Nikolic, Partito radicale serbo (SRS), Cedomir Jovanovic, Partito liberal democratico (LDP), Boris Tadic, Partito democratico (DS), Milutin Mrkonjic, Partito socialista serbo (SPS), Velimir Ilic (Nova Srbija), Istvan Pastor, candidato dei partiti ungheresi, Milanka Karic, Movimento forza Serbia (PSS) e altri due outsider, dei quali Marjan Risticevic, candidato per una lista civica, è ormai un'iconografia delle elezioni presidenziali in Serbia.
Nove candidati in lizza per la gara elettorale con l’obiettivo di arrivare al 20 gennaio. Tuttavia, solo due saranno i pretendenti che, in base ai voti degli elettori, avranno l’occasione di confrontarsi al secondo turno. Secondo le stime generali, al secondo turno andranno Nikolic e Tadic. Ricordiamo che diventa presidente della Serbia quel candidato che al secondo turno ottiene la maggioranza dei voti degli elettori che sono andati alle urne.
Oltre al fatto che i candidati sono meno che negli anni passati, anche la campagna elettorale è più noiosa di quanto ci si aspettava. Lo scontro con ogni mezzo, si suppone, avverrà al secondo turno che tutti prevedono. Per questa campagna “morbida” è colpevole Tomislav Nikolic, che in Serbia nessuno più riconosce. Persino i suoi radicali, nonostante siano inclini a perdonargli tutto perché in fondo lui si batte “con tutto il cuore” per la Serbia. Ma Toma non è mai stato così benevolo. Sui manifesti elettorali addirittura sorride agli elettori, ha eliminato tutti i dettagli indesiderati, soprattutto la spilla con la foto di Vojislav Seselj, parla in modo conciliante e non si oppone all’Unione europea. Come ospite a Utisak Nedelje (impressione della settimana) seguitissima trasmissione di B92, Toma Nikolic ha detto che non ha mai desiderato far diventare la Serbia una provincia russa. Nikolic in quella occasione ha detto che aveva “solo scherzato” quando aveva fatto quella dichiarazione.
Del cambio di immagine del candidato radicale è responsabile una nota azienda lobbista americana, la “Quinn Gillespie and Associates” che a Washington figura come una delle più influenti. L’informazione che il giorno dopo il Capodanno ortodosso (14 gennaio) è stata pubblicata dal quotidiano “Blic”, indica che questa compagnia americana ha lavorato per la campagna elettorale delle presidenziali sia per George Bush che per Bill Clinton. Come riporta “Blic”, i lobbisti americani hanno suggerito a Nikolic, nella campagna che hanno definito “I nuovi radicali”, di “essere morbido su numerose questioni e di non tirare troppo la corda sul Kosovo e sull’Europa”. Gli è stato suggerito di presentarsi in pubblico il più frequente possibile circondato dalla famiglia e dagli amici, così da creare un’immagine di un uomo serio e familiare, ma di evitare ad ogni costo di nominare Seselj e di togliere le spillette con le immagini di quest’ultimo. In una parola, la campagna non può permettersi di ricordare i radicali al tempo di “Karlobag – Karlovac – Virovitica”. Per chi non lo sapesse, si tratta del periodo, all’inizio degli anni novanta, in cui il leader Seselj aveva disegnato le frontiere della Serbia fino alle tre suddette città croate. Nikolic ha saggiamente ascoltato. Non gli è rimasto molto altro. Se per la terza volta perderà la corsa presidenziale, niente più lo potrà salvare. Però, Toma non è resistito fino in fondo a non dimostrare una parte della sua vecchia retorica, tanto che ha chiamato il premier della Republika Srpska “idiota”, cosa che è stata confermata con le stesse parole dal numero due dei Radicali, Aleksandar Vucic.
Anche Boris Tadic, presidente della Serbia dal 2003, sta conducendo una campagna “civile” e moderata. D’altra parte questa è l’immagine che il presidente si è costruito negli anni. Tadic invita gli elettori a non ritornare agli anni novanta, li invita a dimostrare la loro fiducia per lui perché egli rappresenta meglio di tutti gli interessi dei cittadini e gode dell’appoggio internazionale. Tadic è sostenuto da diverse personalità dell’ambiente culturale, artistico e sportivo, dai più famosi attori e cantanti serbi. Anche il presidente russo Vladimir Putin, di recente il più grande amico della Serbia, ha inviato il suo sostengo a Tadic. Putin ha fatto gli auguri a Tadic per il suo cinquantesimo compleanno mediante un telegramma, dichiarando che gli augura un grande successo nella difesa del Kosovo e negli altri affari di stato. Il telegramma di Putin ha suscitato sorpresa. Tutto sembra al contrario. Per i radicali lavorano gli americani, mentre Putin sostiene Tadic.
Tadic non attacca nessuno. Né Velja né Cedo, né i popolari né i liberali. Gli serviranno i loro voti al secondo turno. Non tocca nemmeno il suo partner di coalizione Vojislav Kostunica e il suo Partito democratico della Serbia (DSS), perché sa bene che dai voti dei fedeli di Kostunica dipenderà in buona parte la scelta del nuovo presidente. Un’altra cosa interessante: nonostante il DSS ufficialmente abbia appoggiato Velimir Ilic, i colleghi di partito di Kostunica non contribuiscono affatto alla campagna di Ilic. Non compaiono da nessuna parte. Al contrario, dalla Serbia giungono informazioni che dalla centrale belgradese del DSS è giunto il suggerimento di far votare i membri di questo partito per Tadic già al primo turno. Cosa ha preparato il più grande calcolatore della politica serba, il premier Kostunica, lo si vedrà il 3 febbraio, quando è fissato il secondo turno delle elezioni presidenziali.
Gli altri candidati non hanno alcuna possibilità. Alcuni però verificheranno il proprio potenziale elettorale. Questo, soprattutto, si riferisce a Cedomir Jovanovic che verificherà di nuovo se la sua popolarità è in crescita.
La scena politica serba continua ad essere molto interessante. Chi appoggia chi è un mistero anche per coloro i quali si occupano quotidianamente dell’analisi degli avvenimenti politici. Alcuni esempi illustrativi contribuiscono a chiarire questa tesi. Il G17 plus sostiene Tadic, il quale fino a qualche mese fa veniva aspramente criticato, come se fosse il candidato del loro partito. Rasim Ljajic, ministro per le Politiche sociali e il Lavoro, presidente del Partito democratico del Sangiaccato, ha trasformato l’intera assemblea elettorale del proprio partito in un incontro elettorale per Boris Tadic. Nenad Canak, presidente della Lega dei socialdemocratici della Vojvodina (LSV), partner di coalizione del LDP, con sorpresa di tutti ha appoggiato Tadic e non Jovanovic. Come informa B92, Canak ha dichiarato: “Io voto per Tadic, e chi non vuole che voti per Nikolic”.
Gli analisti politici e le agenzie che svolgono i sondaggi sull’opinione pubblica non informano un granché. Secondo le loro previsioni al secondo turno andranno Nikolic e Tadic. Nikolic, proprio come nel 2003, è in vantaggio al primo turno.
Come riporta il quotidiano “Politika”, Marko Blagojevic del Centro per le libere elezioni e la democrazia (CESID), rende noto che la differenza tra i due candidati sarà “tra i cento e i duecento mila voti”. Lo Strategic marketing afferma che alle elezioni si recheranno 3,1 milioni di elettori, il che non dice molto, salvo il fatto che l’affluenza sarà inferiore al 50 percento. Invece i dati del CESID pubblicati cinque giorni prima delle elezioni indicano che l’affluenza sarà superiore al cinquanta percento e che i cittadini “capiranno seriamente l’importanza delle elezioni”.
Secondo le ultimi dichiarazioni, Tadic ha buone possibilità di vincere al secondo turno. Ma sul secondo turno vedremo quando arriverà. Per adesso non ci resta che aspettare di vedere come si comporteranno gli elettori domenica e chi festeggerà: chi per il successo e chi per la festa di San Giovanni.