Per la strada, a Kragujevac - Gughi Fassino

Decentramento amministrativo, ristrutturazioni aziendali in vista delle privatizzazioni, le reponsabilità delle tragedie degli anni '90. Quanto conta la politica sul futuro della Zastava? La seconda puntata del reportage di OB sulla grande fabbrica e la sua città, Kragujevac. Economia, società e sviluppo locale nelle transizioni.

26/09/2005 -  Davide Sighele

Reportage: Pianeta Zastava - I

Politika

"La Zastava, anche sotto Tito, non seguiva regole prettamente economiche ma piuttosto politiche" afferma deciso Cole, diminutivo di Branislav Kovacevic, presidente della Koalicija Sumadjie. E lascia intendere che oggi è ancora così. E' questa la condanna che deve scontare quella che era la più imponente azienda jugoslava. Insostenibile dal punto di vista economico allora, insostenibile a maggior ragione oggi.

Il sistema Zastava ha subito, nel 2001, un'imponente ristrutturazione. Il colosso è stato scomposto in 12 componenti, ciascuna autonoma, ed i lavoratori sono stati radicalmente ridotti. "Il tutto è avvenuto in modo più o meno consensuale" sottolinea Bane Soldatovic "anche perché qui i sindacati sono molto forti. Molti di coloro i quali lavoravano alla Zastava hanno accettato una buonuscita di 100 euro per anno lavorativo. Lo so che non è molto ...".

La ristrutturazione serviva soprattutto in chiave privatizzazioni. "Alcuni settori, i più appetibili, sono stati privatizzati. Ad esempio il settore che produce attrezzi, la Zastava Alati, è stata comperata dagli sloveni" racconta Dusan Kukic, laurea in economia e lavoro presso l'Agenzia regionale per lo sviluppo economico con sede a Kragujevac " ma per il resto ....". La sua smorfia è chiara, molto del resto non interessa proprio a nessuno.

Dirigenti Zastava, politici locali e sindacalisti concordano su di un punto. Il futuro della Zastava non è nelle mani di Kragujevac, ma piuttosto di Belgrado. E' lì che si prendono le decisioni chiave, è lì che si valutano possibili partner stranieri. Del resto è dal governo centrale che stanno arrivando gran parte dei fondi per continuare a pagare operai, funzionari e dirigenti.

Davanti al municipio - Gughi Fassino

Anche una sigla ritorna nelle parole di tutti. ZOA, col suo suono quasi esotico. Ma di esotico non ha nulla. E' una sorta di parcheggio temporaneo per 4300 operai. 45% della paga in attesa di una soluzione futura. "Ma il governo sino ad ora non ha dato alcuna risposta e soluzioni non se ne intravedono. Le privatizzazioni? Benvengano se servono a garantire posti di lavoro", racconta Radoslav Delic a capo di uno dei principali sindacati in Zastava, Samostalnost. I sussidi scadevano quest'anno ma sono stati prolungati ancora per il 2006. Pace sociale ed un po' di voti.

Le pareti della sede di questo sindacato - in un edificio a poche decine di metri da quello inizi '900 che ospita alcuni dei principali uffici della Zastava - raccontano di intense relazioni con l'Italia. L'arcobaleno della bandiera della pace in entrata, le fotocopie di articoli pubblicati su quotidiani italiani, le foto delle centinaia di persone che in questi anni sono state vicine agli operai della Zastava soprattutto grazie ad imponenti programmi di adozioni a distanza. "Da Trieste alla Sicilia" racconta Radoslav Delic "hanno adottato a distanza 1800 bambini".

Nell'ufficio di presidenza una foto di Djindjic, Primo ministro serbo dall'impronta liberale assassinato a Belgrado nel 2003. Particolare l'abbinamento con quella di Che Guevara, poco distante. Difficile orientarsi. Samostalni è un sindacato fortemente radicato nel periodo di Milosevic, quando era l'unico esistente. "Ma qui non è rimasto nessuno di quel periodo" sottolinea il suo presidente. Più caustico Bane, dirigente Zastava. "Dietro all'immagine di Djindjic c'è quella di Milosevic", sorride facendo con la mano in modo ripetuto l'eloquente gesto del girare un quadro.

A Kragujevac, come in realtà in altre parti dei Balcani, non ci si può permettere di adagiarsi su categorie politiche date. I sindacati sperano in improbabili privatizzazioni e la definizione destra-sinistra nello schieramento politico salta e piuttosto occorre analizzare quest'ultimo con la chiave di lettura data dal grado di nazionalismo. Anche i simboli all'interno della Zastava stanno a dimostrare l'estrema complessità del panorama politico attuale: i manifesti di Otpor, appesi in più punti della fabbrica, si mescolano ai bassorilievi in rame inneggianti alla lotta partigiana, alla musica turbofolk che si ascolta in alcuni reparti ed a pagine strappate da qualche giornale pornografico.

Riparazioni - Gughi Fassino

Si perdono riferimenti anche ascoltando i racconti sui bombardamenti NATO del 1999. Un ometto saltella all'entrata del museo della Zastava Armi, è una sorta di tuttofare al quale i dirigenti Zastava ci hanno assegnato per fare un giro tra gli edifici tardo ottocento della sede originaria della Zastava. Ci indica quello che a suo avviso è più importante riprendere con la videocamera. Poi piazza davanti all'obiettivo le fotografie degli edifici bombardati. Macerie. "Ecco, queste dovete riprendere" afferma in modo concitato.

Ma attualmente la stessa Zastava, per precisione la Zastava Oruje - 2600 dipendenti, 5600 prima della ristrutturazione del 2001 - produce armi per la NATO. Un contrasto che stupisce. Da una parte i bombardamenti e un'epopea legata a questi ultimi e dall'altra si producono armamenti per gli stessi che ti hanno bombardato. Chiediamo un commento a Rade Gromovic direttore marketing della Zastava Oruje, gessato elegante e sigarette sottili. Una piccola pausa ed un'unica parola, alzando le sopracciglia: "Politika". Noi non c'entriamo nulla, vuole far intendere, i bombardamenti della NATO sono arrivati per colpa della politica, ma poi gli affari sono affari. Mi scorre davanti un'immagine della sera precedente. Ivanka, la nostra padrona di casa, stanca che le proprie figlie siano state obbligate ad andare all'estero per lavorare, stanca del doversi arrangiare quotidianamente per sopravvivere, stanca che tutto non sia più come prima. E poi una frase: "E' tutta colpa della politica, i politici sono tutti uguali". Sono in molti, seppur in maniera differente, a non sentirsi responsabili per quanto avvenuto negli ultimi 15 anni.

... continua