Israeli Air Force Lockheed C-130  © VanderWolf Images/Shutterstock

Israeli Air Force Lockheed C-130 © VanderWolf Images/Shutterstock

Con 7,3 milioni di Euro di esportazioni solo a luglio, il valore di armi e munizioni vendute dalla Serbia a Israele quest'anno ha superato i 23,1 milioni di Euro, nonostante la diffusa preoccupazione che possano essere utilizzate per crimini di guerra contro i civili a Gaza

18/09/2024 -  Saša DragojloAvi Scharf

(Originariamente pubblicato da Balkan Insight , il 2 settembre 2024)

A luglio, in concomitanza con cinque voli militari israeliani da Belgrado verso una base aerea vicino a Beersheba, il principale venditore statale di armi della Serbia ha esportato armi e/o munizioni per un valore di oltre sette milioni di Euro in Israele, continuando a ignorare le preoccupazioni sui presunti crimini di guerra contro i civili palestinesi a Gaza.

Secondo i dati doganali di un sito web che raccoglie statistiche commerciali per la Serbia, Yugoimport-SDPR ha esportato armi e/o munizioni per un valore di poco più di 7,3 milioni di Euro in Israele nel mese di luglio, portando la cifra totale nel 2024 a 23,1 milioni di Euro.

Le esportazioni avvengono nel contesto delle operazioni militari israeliane in corso a Gaza, in risposta all'attacco mortale di Hamas nell'ottobre dello scorso anno. Secondo il ministero della Salute di Gaza, oltre 40.000 palestinesi sono stati uccisi e oltre 90.000 feriti. Israele è anche coinvolto in un conflitto in corso con Hezbollah in Libano, che alimenta ulteriormente il bisogno di armi.

Le spedizioni di luglio hanno coinciso con cinque voli militari israeliani identificati dal Balkan Investigative Reporting Network (BIRN) e dal quotidiano israeliano Haaretz dall'aeroporto Nikola Tesla di Belgrado alla base aerea israeliana di Nevatim, appena fuori dalla città sud-orientale di Beersheba. In precedenza, sempre quest'anno, BIRN e Haaretz avevano identificato sei voli militari israeliani tra le due città tramite siti Web open source di tracciamento dei voli.

Almeno 15 voli sono stati effettuati verso Israele da Belgrado e dalla città meridionale di Niš da dicembre 2023, il che colloca la Serbia tra i principali paesi di origine in termini di voli di armi atterrati alla base aerea di Nevatim dall'inizio della guerra (al primo posto ci sono gli Stati Uniti). Il calcolo si basa su dati open source raccolti da Haaretz negli ultimi dieci mesi.

Il 15 agosto, l'Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Volker Turk, ha detto della situazione a Gaza: "Questa situazione inimmaginabile è dovuta in modo schiacciante alla ricorrente violazione delle regole di guerra da parte delle Forze di difesa israeliane".

"In media, circa 130 persone sono state uccise ogni giorno a Gaza negli ultimi 10 mesi. La portata della distruzione di case, ospedali, scuole e luoghi di culto da parte dell'esercito israeliano è profondamente scioccante".

Preoccupazioni per crimini di guerra

I cinque voli di luglio sono avvenuti in due giorni: i primi due il 21 luglio con un aereo cargo israeliano, che ha volato per conto dell'aeronautica militare israeliana; il giorno dopo, tre Lockheed C130 israeliani (numeri di serie 545, 663 e 667) sono atterrati a Belgrado e sono rapidamente tornati a Nevatim.

BIRN e Haaretz hanno identificato altri tre voli ad agosto, uno il primo agosto con un Boeing 707 dell'aeronautica militare israeliana (numero di serie 272) da Niš a Nevatim e altri due il 20 agosto, ma i giornalisti non hanno trovato dati sulle esportazioni di armi/munizioni.

Tutte le vendite di armi serbe a Israele quest'anno sono avvenute dopo che la Corte internazionale di giustizia, la più alta corte delle Nazioni Unite, il 26 gennaio ha ordinato a Israele di impedire alle sue forze di commettere o incitare atti di genocidio contro i palestinesi, in risposta ad un caso di genocidio intentato dal Sudafrica contro Israele.

Una sentenza definitiva sul fatto che Israele abbia effettivamente commesso un genocidio a Gaza potrebbe richiedere anni.

Il 5 aprile, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha sostenuto un appello "per cessare la vendita, il trasferimento e la diversione di armi, munizioni e altri equipaggiamenti militari a Israele... per prevenire ulteriori violazioni del diritto umanitario internazionale e violazioni e abusi dei diritti umani".

E il 20 maggio, il procuratore capo della Corte penale internazionale dell'Aia ha chiesto alla corte di emettere mandati di arresto contro Netanyahu e il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant con l'accusa di crimini di guerra e crimini contro l'umanità.

Più di recente, il 20 giugno, gli esperti delle Nazioni Unite hanno invitato gli stati e le aziende a porre fine ai trasferimenti di armi e munizioni a Israele, affermando che potrebbero "costituire gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale e rischiare la complicità dello Stato in crimini internazionali, tra cui forse il genocidio".

Eppure, il mese successivo la Serbia ha spedito a Israele armamenti letali per un valore di 7,3 milioni di Euro.

Il ministro serbo evita di commentare le conclusioni di BIRN

Il governo serbo non ha ancora rilasciato dichiarazioni sul contenuto delle spedizioni e l'8 marzo il Ministero del Commercio serbo ha respinto una richiesta di informazione [alla pubblica amministrazione] presentata da BIRN, che chiedeva di specificare la data del rilascio dei permessi di esportazione e il tipo di armi consegnate, dichiarando le informazioni "strettamente riservate".

In un'intervista di agosto con il Jerusalem Post, il ministro degli Esteri serbo Marko Đurić ha rifiutato di commentare le conclusioni di BIRN e di precisare se le spedizioni di armi rappresentino la politica ufficiale dello Stato.

"La Serbia continuerà a chiedere la fine delle violenze e delle sofferenze umane, nonché una risoluzione pacifica e negoziata, concordata di comune accordo da tutte le parti coinvolte", ha affermato Đurić.

Gli Stati Uniti sono il principale fornitore di armi di Israele da decenni. Secondo un rapporto del 2023 dello Stockholm International Peace Research Institute, che studia i conflitti e le armi, il 69% degli acquisti di armi di Israele proviene da aziende statunitensi, il 30% dalla Germania e lo 0,9% dall'Italia.

L'elevato numero di vittime civili e sfollati, tuttavia, ha reso tali esportazioni sempre più controverse.

A giugno, Reuters ha riferito che l'approvazione da parte della Gran Bretagna delle licenze di esportazione di armi verso Israele è diminuita drasticamente dopo l'inizio della guerra a Gaza, raggiungendo il minimo degli ultimi 13 anni, e che alcuni paesi come Italia, Canada e Paesi Bassi hanno imposto restrizioni alle esportazioni di armi verso Israele a causa delle preoccupazioni sul loro utilizzo.

Ad agosto, la BBC ha riferito che il funzionario del Foreign Office britannico Mark Smith, che lavorava nella lotta al terrorismo, si è dimesso in segno di protesta contro le vendite di armi a Israele, affermando che il governo del Regno unito "potrebbe essere complice di crimini di guerra".