A Belgrado nei giorni scorsi si è tenuta la seconda fase del dialogo, mediato da alcuni europarlamentari, tra governo e opposizione per definire le condizioni di svolgimento delle elezioni della prossima primavera. Se il governo serbo e l’UE si ritengono soddisfatti, l'opposizione ne è rimasta profondamente delusa
La seconda fase del dialogo, mediato da alcuni parlamentari europei, tra governo e opposizione serba sul miglioramento delle condizioni per lo svolgimento delle elezioni si è conclusa lo scorso 18 settembre senza arrivare ad alcun risultato concreto. Durante l’incontro tenutosi a Belgrado è stato presentato un documento contenente sedici proposte concordate tra il presidente del parlamento serbo Ivica Dačić e i mediatori dell’UE, definite da questi ultimi come “concrete e fattibili“. Tuttavia, buona parte dei partiti di opposizione si è ritirata dai negoziati e anche molti di quelli che hanno deciso di continuare a parteciparvi ritengono inadeguate le soluzioni proposte. Il governo, dal canto suo, è contento per il delinearsi di nuovi dissidi all’interno dell’opposizione, ma anche per aver rafforzato la sua posizione nei confronti del Parlamento europeo che negli ultimi anni ha spesso rivolto dure critiche alla leadership serba.
Tra le proposte avanzate dal gruppo di mediatori europei – composto da due eurodeputati, Tanja Fajon e Vladimír Bilčík, e due ex membri del Parlamento europeo, Eduard Kukan e Knut Fleckenstein – vi è anche l’istituzione di un organismo di vigilanza sull’operato dei media durante la campagna elettorale che sarebbe composto da dodici membri, di cui sei eletti su proposta dell’Organo regolatore dei media elettronici (REM) e altri sei tra le fila dell’opposizione su proposta del presidente del parlamento serbo dopo le consultazioni con i mediatori dell’UE. Il principale compito di tale organismo sarebbe quello di vigilare sull’operato del servizio pubblico – che comprende la Radio televisione della Serbia (RTS) e la Radio televisione della Vojvodina (RTV) – delle emittenti private, con l’obbligo di informare l’opinione pubblica di quanto rilevato. La proposta prevede anche la creazione, da parte del REM, di un codice di comportamento in linea con le raccomandazioni dell’Osce/Odihr, da adottare dal servizio pubblico durante la campagna elettorale, nonché la definizione di una serie di raccomandazioni rivolte alle emittenti private.
Nel corso dell’incontro i mediatori europei hanno sottolineato la necessità di adottare misure concrete per garantire l’integrità del processo elettorale, compresa la revisione delle liste elettorali, nonché di modificare urgentemente le modalità di concessione di contributi pubblici ai candidati per le spese della campagna elettorale in modo da garantire una ripartizione più equa delle risorse a disposizione tra tutti i candidati.
Il presidente Vučić, che è anche leader del principale partito al governo (Partito progressista serbo, SNS), ha dichiarato che l’SNS ha accolto gran parte delle proposte avanzate dai mediatori europei e che si impegnerà a implementarle “per quanto possa essere difficile”.
Đorđe Milićević, capogruppo dei deputati del Partito socialista serbo (SPS), ha affermato che il documento presentato dagli eurodeputati rappresenta un buon punto di partenza per raggiungere un accordo finale sulle condizioni per lo svolgimento delle elezioni. Più decisi i toni usati da Ivica Dačić, leader dell’SPS e presidente del parlamento, secondo cui “la coalizione di governo ha accolto tutte le proposte avanzate dagli europarlamentari che saranno implementate a prescindere dal fatto che venga raggiunto o meno un accordo formale”.
Dačić ha poi spiegato che nel corso di un incontro tra rappresentanti del governo e dell’opposizione, svoltosi al di fuori del dialogo mediato dall’UE, si è convenuto di aumentare il numero dei membri della Commissione elettorale centrale (RIK), includendovi anche i rappresentanti dei partiti che hanno boicottato le elezioni dell’anno scorso, ma anche di quelli che vi hanno preso parte senza però riuscire a superare la soglia del 3% per entrare in parlamento. “Ci aspettiamo che nei prossimi giorni vengano eletti i membri dell’organismo di vigilanza [sull’operato dei media], nonché i nuovi componenti della RIK, così da poter riprendere il dialogo”, ha affermato Dačić.
Nenad Čanak, leader della Lega dei socialdemocratici della Vojvodina (LSV), un partito considerato vicino alla leadership al potere, ha dichiarato che la proposta degli eurodeputati sul miglioramento delle condizioni per lo svolgimento delle elezioni non è perfetta , ma che il suo partito è pronto ad appoggiarla. “Pur non essendo perfetta, siamo disposti ad appoggiare la proposta degli europarlamentari, perché riteniamo che bisogna lottare per migliorare le condizioni in cui si svolgono le elezioni. Tale miglioramento non può avvenire da un giorno all’altro, il processo elettorale democratico si realizza un passo alla volta”, ha affermato Čanak. Una posizione simile è stata espressa anche da altri partiti considerati da molti come “falsa opposizione”.
L'opposizione
Ad ogni modo, le forze di opposizione restano divise. Il partito democratico della Serbia (DSS) e il Partito radicale serbo (SRS), pur non avendo preso parte al dialogo mediato dall’UE, hanno annunciato di voler partecipare alle prossime elezioni, mentre gran parte dei partiti che avevano boicottato le elezioni dello scorso anno ha respinto tutte le proposte avanzate dagli eurodeputati.
Boško Obradović, leader del movimento nazionalista Dveri, ha affermato che nel documento proposto dagli europarlamentari non è stato definito alcun meccanismo di vigilanza sul processo elettorale e che il compito di implementare le proposte è stato affidato “a quello stesso governo che ha sempre ostacolato lo svolgimento di elezioni libere”. Stando alle sue parole , la proposta dei mediatori europei prevede che su diciassette membri della Commissione elettorale centrale solo sei vengano eletti tra le fila dell’opposizione, uno squilibrio che, secondo Obradović, permetterà alla leadership al potere di “avere sempre la meglio”. Obradović ha infine annunciato che nei prossimi giorni la presidenza del movimento Dveri si riunirà per decidere se partecipare o meno ai prossimi incontri mediati dall’UE, sottolineando che per Dveri la libertà di espressione e la vigilanza sul processo elettorale sono questioni di fondamentale importanza.
Dragan Đilas, leader del Partito di libertà e giustizia (SSP), ha dichiarato che i mediatori europei hanno inferto “l’ennesimo colpo” a tutti quelli che credono che il posto della Serbia sia nell’UE. “Elaborare un documento che non contiene altro che proposte insensate è un gesto scorretto e disonesto nei confronti di tutti quelli che in Serbia ormai da trent’anni lottano per l’adesione del paese all’UE e che vogliono essere liberi di esprimere la propria opinione”, ha affermato Đilas.
Al termine dell’incontro tra governo e opposizione mediato dall’UE, Miroslav Aleksić, vice presidente del Partito popolare (NS), ha affermato che il documento presentato è “frutto di un accordo tra eurodeputati e governo serbo”. “Quasi nessuna delle nostre proposte è stata inclusa nella bozza del documento. Non potevamo accettare un documento in cui vi è più retorica che sostanza”, ha dichiarato Aleksić.
Secondo Raša Nedeljkov, direttore dell’organizzazione non governativa CRTA, il documento presentato dai mediatori europei contiene alcune proposte che rischiano di rendere il processo elettorale ancora meno trasparente. “Complicando ulteriormente la questione si rischia di rendere l’operato delle istituzioni ancora meno efficace, anche perché non è prevista alcuna modifica legislativa che costringa le istituzioni a fare il loro lavoro. Temiamo che [le proposte degli eurodeputati] non siano in grado di migliorare le condizioni rispetto alle elezioni del 2020, rischiando addirittura di peggiorare la situazione”, ha affermato Nedeljkov.
Boško Jakšić, giornalista del quotidiano Politika, ha invitato l’opposizione a smettere di lamentarsi e a iniziare a prepararsi per le prossime elezioni. La strategia migliore da adottare dall’opposizione, secondo Jakšić, sarebbe quella di presentarsi alle elezioni con un’unica lista. “Credo che [le prossime elezioni a] Belgrado rappresentino un grande crocevia politico per la Serbia. Se l’opposizione non dovesse presentarsi in un unico raggruppamento – e già ci sono indizi che suggeriscono che le forze di opposizione si stiano dividendo in più raggruppamenti – le probabilità di vincere a Belgrado diminuirebbero drasticamente, ed è l’unica città dove l’opposizione ha reali possibilità di vincere”, ha spiegato Jakšić, aggiungendo che lottare in strada non è una soluzione. Secondo Jakšić, le proteste non porteranno ad alcun cambiamento, perché anche in passato non sono servite a nulla.
La maggior parte dei partiti di opposizione che ritengono inadeguate le proposte avanzate degli eurodeputati non intende però boicottare le prossime elezioni previste per la primavera 2022, essendo consapevoli dei rischi che comporterebbe il boicottaggio. C’è quindi da aspettarsi che il dialogo tra governo e opposizione prosegua. Resta però da vedere se la battaglia per il miglioramento delle condizioni per lo svolgimento delle elezioni si combatterà nelle istituzioni o nelle strade, ed è questa seconda ipotesi a preoccupare i cittadini serbi.