Dino Jahić

Dino Jahić

Da qualche tempo è online un nuovo gioco lanciato dal portale di giornalismo investigativo della Serbia CINS, con l’intento di avvicinare i cittadini al tema della corruzione negli appalti pubblici. Un'intervista

30/04/2018 -  Magdalena Ivanović Belgrado

(Originariamente pubblicato dal Centro per gli studi anti-autoritari CAAS )

Negli ultimi giorni i cittadini della Serbia, e non solo, vestono volentieri i panni di un city manager. Interpretando questo ruolo, devono prendere decisioni in merito agli appalti pubblici, confrontandosi con corruzione, pressioni politiche e tanti altri ostacoli, ed è da tutto questo insieme di fattori che dipende l’esito del primo gioco online lanciato dal Centro per il giornalismo investigativo della Serbia (CINS), intitolato “Dobar, loš, korumpiran“ [Il buono, il brutto, il corrotto].

Oltre ad aver dato ai cittadini l’opportunità di divertirsi venendo guidati tra scenari di gare d’appalto truccate, CINS ormai da anni informa l’opinione pubblica sui fenomeni di corruzione e criminalità, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti per le sue inchieste giornalistiche.

Abbiamo parlato di questo insolito gioco che affronta il tema della corruzione, ma anche delle difficoltà con cui si confronta il giornalismo investigativo in Serbia e di nuove sfide e progetti di CINS, con Dino Jahić, caporedattore di CINS dal 2015 e giornalista investigativo.

CINS ha recentemente lanciato un gioco online dedicato al tema degli appalti pubblici, intitolato “Il buono, il brutto, il corrotto “. Com’è nata l’idea e qual è l’obiettivo principale del gioco? Come se la cavano i giocatori nel ruolo di city manager? Prevalgono gli onesti o i corrotti?

Il giornalismo investigativo non può più limitarsi a produrre testi accompagnati da qualche fotografia, per quanto buoni e interessanti possano essere. La sopravvivenza nello spazio virtuale richiede capacità innovativa e sforzi costanti per creare qualcosa di diverso, di più interattivo, al fine di raggiungere il più ampio pubblico possibile. Noi non ricorriamo al sensazionalismo, ai clickbait, alle immagini di nudo e simili metodi di promozione che oggi, purtroppo, sono diventati consueti, pertanto non ci resta che essere creativi e offrire contenuti quanto più variegati possibile. A volte realizziamo animazioni, a volte brevi video o infografiche, giochiamo con le possibilità offerte dai social network. Questa volta abbiamo deciso di trattare un tema molto complicato, quello degli appalti pubblici, in modo un po’ diverso, e così è nato il gioco “Il buono, il brutto, il corrotto“.

L’obiettivo è che i giocatori si divertano e al contempo divengano consapevoli che, mentre loro giocano in un mondo immaginario, qualcuno gioca allo stesso gioco nella vita reale, con i soldi dei contribuenti, ma anche che imparino qualcosa sul funzionamento degli appalti. Tutte le situazioni presenti nel gioco sono, naturalmente, ispirate a casi realmente accaduti, alcuni dei quali sono stati oggetto delle nostre inchieste.

I giocatori devono prendere decisioni relative alle gare d’appalto, confrontandosi con la corruzione e con diverse pressioni da parte di businessman e politici. Ogni volta che si trovano di fronte a una scelta, ricevono consigli, e questa è la parte educativa e, direi la più importante del gioco – ci sono delle spiegazioni semplificate di alcune norme e regole molto complesse, che chiariscono ai giocatori perché qualcosa è giusto o sbagliato e quali conseguenze quel qualcosa può avere su di loro.

Per quanto riguarda l’ultima parte della sua domanda, all’inizio molti cittadini ci segnalavano che completavano il gioco in troppo poco tempo perché cercavano di essere onesti. Poi tutti hanno capito che devono fare qualche compromesso se vogliono arrivare all’ultimo atto del gioco. Ciò rispecchia quanto accade nella vita reale, le cose funzionano davvero così.

Già che abbiamo menzionato la corruzione, quanto è presente questo fenomeno nella nostra società? Come lo si contrasta a livello politico e legale, ovvero quali le sanzioni per i funzionari corrotti?

Sembra ormai banale dirlo, ma credo che la corruzione sia presente in ogni segmento della nostra società. Dai casi più innocui, in cui semplici cittadini si vedono costretti a pagare per anticipare una visita medica o per sbrigare più rapidamente qualche faccenda burocratica – cose a cui siamo ormai abituati e che sono diventate normali, anche se non dovrebbe essere così – , ai grandi affari condotti dallo stato che spesso sono coperti da un velo di segretezza. E ogni volta che si cerca di nascondere informazioni all’opinione pubblica, c’è una reale possibilità che stia succedendo qualcosa di illecito.

Mi piacerebbe poter rispondere alla seconda parte della sua domanda con più ottimismo, ma l’esperienza di CINS e di altri colleghi che si occupano di giornalismo investigativo dimostra che le sanzioni sono rare, ovvero praticamente inesistenti. Quando parliamo con i colleghi di altri paesi, rimangono scioccati nell’apprendere come le istituzioni in Serbia non reagiscano alle nostre rivelazioni.

Basti pensare alla questione dei dottorati. Noi abbiamo provato che Jorgovanka Tabaković [governatore della Banca centrale serba e vice-presidente del Partito progressista serbo, ndt.] aveva copiato una buona parte della sua tesi di dottorato. Dico: provato! E niente, nessuna reazione, nessuna conseguenza. Oppure questa vicenda della tesi di dottorato di Siniša Mali [sindaco di Belgrado, la cui tesi di dottorato è sottoposta a una verifica di autenticità, già contestata da numerosi accademici e professori universitari serbi, ndt]. Invece di sanzionarlo in qualche modo, a subire pressioni sono persone che hanno scoperto che la sua tesi contiene “prestiti” da opere altrui. In altri paesi i politici e i funzionari statali spesso si dimettono di propria iniziativa quando viene scoperto che hanno copiato anche solo una piccola parte della tesi. Da noi, invece, più si è disonesti, più si avanza. Ma le tesi di dottorato copiate non sono certo l’unico problema. Non vi è nessuna sanzione per chi spreca soldi pubblici per un albero di Natale estremamente costoso, per chi riceve finanziamenti illeciti per le campagne elettorali, per chi non può provare la provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto di beni. Potrei andare avanti a elencare fino a domani. Ed è proprio questo, questa situazione assurda, che abbiamo voluto dimostrare nel nostro gioco sull’esempio degli appalti pubblici.

Collaborate con altri giornalisti investigativi in Serbia e nella regione, in particolare per quanto riguarda le inchieste su corruzione e criminalità, due fenomeni tanto diffusi nell’area balcanica?

Quando, a un certo punto, i giornalisti investigativi – non solo nella nostra regione ma in tutto il mondo – hanno capito che i fenomeni di criminalità e corruzione non conoscono frontiere, hanno cominciato a utilizzare lo stesso principio. Grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie e alla creazione di diverse reti, formali o informali, di giornalisti investigativi, ora possiamo controllare cosa fanno i politici e businessman serbi in qualsiasi parte del mondo. E allo stesso modo possiamo aiutare i colleghi di altri paesi. Funziona davvero così.

Per quanto riguarda i giornalisti investigativi in Serbia, collaboriamo ogni volta che se ne presenta l’occasione o che ce n’è bisogno. Credo che nella nostra regione non ci sia mai stato così tanto giornalismo investigativo di qualità come adesso, ed è un’ottima cosa. Di conseguenza, c’è una sana concorrenza tra di noi, e anche questa è una cosa positiva, perché così ci spingiamo a vicenda a migliorare sempre di più. Quando vedo che qualcuno ha fatto bene una cosa, voglio che anche CINS la faccia così bene o ancora meglio, sia che si tratti dell’uso di un nuovo software, di un nuovo modo di presentare la storia o di qualcos’altro. Credo che anche gli altri colleghi la pensino così.

Come viene praticato il giornalismo investigativo a livello globale? Quali sono le sue potenzialità, i suoi punti di forza e le debolezze?

Il giornalismo investigativo è simile ovunque, gli standard professionali sono uguali, così come i metodi di lavoro. Le potenzialità sono enormi e continuano ad aumentare parallelamente allo sviluppo delle nuove tecnologie e alla sempre maggiore disponibilità di saperi e informazioni. L’unica domanda è se e come verranno sfruttate queste potenzialità. A volte mi sembra che il più grande vantaggio del giornalismo investigativo sia allo stesso tempo anche il suo più grande svantaggio, e non solo in Serbia.

Avvengono grandi fughe di informazioni, buona parte del lavoro può essere svolta al computer, in un ufficio o una stanza, senza praticamente dover uscire fuori. I giornalisti investigativi indagano sulle grandi frodi da milioni, miliardi di euro, ma spesso dimenticano per chi lo fanno, e questi sono i cittadini. È molto importante trovare un equilibrio tra lavoro sul campo, interviste di persona e analisi di grandi quantità di dati, di assetti proprietari molto complessi, ecc. Penso che come giornalisti investigativi dobbiamo sforzarci di più per creare questo equilibrio e far capire ai cittadini che i temi su cui indaghiamo riguardano anche loro. E dobbiamo occuparci di più dei temi che li riguardano direttamente.

I reportage di CINS che trattano temi ambientali non sono molto letti, ma noi pensiamo che sia importante farli perché in questo ambito ci sono molti problemi e questioni irrisolte di cui i cittadini non sono nemmeno consapevoli perché di fronte al dilagare della corruzione e criminalità passano in secondo piano, pur avendo un indubbio impatto sulla vita e sulla salute delle persone. Questo è quel ruolo educativo che stiamo cercando di svolgere, spero con qualche successo.

I giornalisti investigativi sono costante bersaglio di critiche e minacce, correndo gravi rischi nell’esercizio della loro professione. Recentemente è stato ucciso il giornalista slovacco Ján Kuciak, insieme alla sua fidanzata; l’anno scorso è stata uccisa la giornalista maltese Daphne Caruana Galizia. Il bilancio dei giornalisti uccisi negli ultimi anni è davvero drammatico. Quanto vale la pena rischiare la propria vita e quella dei propri cari per fare questo mestiere? Come vi proteggete? Potete contare di più sulla protezione dello stato o su quella offerta da organizzazioni e istituzioni internazionali?

Se decidete di fare questo lavoro dovete essere consapevoli dei rischi e dei problemi che esso comporta. E se siete una persona normale, non potrete mai restarne indifferenti. Ma potete fare tutto ciò che è in vostro potere per proteggervi. Le organizzazioni internazionali possono aiutare, può aiutare anche lo stato – il quale a volte fa il contrario – , ma credo sia fondamentale che i giornalisti si prendano cura della propria sicurezza. Esistono diversi metodi di protezione, con i quali, purtroppo, non potete mai proteggervi completamente, né fisicamente né nel mondo virtuale, ma potete cercare di ostacolare al massimo il lavoro di chi vorrebbe crearvi problemi. Sono ancora molti i giornalisti che non prendono sul serio questa problematica.

Se state lavorando su inchieste delicate, è saggio parlarne ad alta voce in un bar? Se tenete in casa una parte della documentazione, è saggio scrivere sui social network dove vi trovate e per quanto tempo starete via? È saggio avere una password della posta elettronica composta da soli cinque, sei caratteri che contiene il vostro nome o l’anno di nascita? Oppure andare da soli a un incontro con una persona potenzialmente pericolosa, in un posto sconosciuto? Naturalmente, la risposta a tutte queste domande è “no”, ma nella prassi spesso accade il contrario. Tuttavia, anche se un giornalista si attiene a tutti i protocolli di sicurezza, ciò non garantisce una protezione assoluta. Pertanto è fondamentale essere consapevoli dei rischi che si corrono e avere la certezza di aver scelto il mestiere giusto.

CINS è tra i firmatari della Dichiarazione per la libertà dei media (Proglas za slobodu medija ), nata nell’ambito di una più ampia iniziativa tesa a denunciare le pressioni a cui sono sottoposti i media indipendenti in Serbia. Quali sono le vostre aspettative al riguardo?

Penso che sia importante che i giornalisti lottino insieme per i loro diritti, ed è per questo che abbiamo deciso di appoggiare questa iniziativa. Tornando alla mia risposta precedente, nessuno può proteggere i giornalisti se loro non cercano di proteggere se stessi e la loro professione. Sono vergognose le pressioni a cui sono sottoposti in Serbia tutti i giornalisti che osano criticare il potere. Nessuno può convincermi che sia un caso che gli ispettori fiscali siano presenti quotidianamente nella redazione del portale Južne vesti .  Per cui dobbiamo, se non altro, almeno dimostrare che non siamo né ciechi né stupidi, che vediamo quanto sta accadendo e che siamo capaci di alzare la voce per denunciarlo.

Il lavoro dei giornalisti di CINS è stato premiato con numerosi riconoscimenti, tra cui lo European Press Prize vinto l’anno scorso nella categoria del giornalismo investigativo per una serie di inchieste su corruzione e criminalità organizzata. Si potrebbe dire che il 2017 è stato l’anno di maggior successo per CINS. Quali sfide vi siete posti per il prossimo periodo in questo clima di oscurantismo mediatico?

Sì, l’anno scorso è stato davvero pieno di successi. Nove premi vinti e la selezione tra i finalisti del Global Shining Light Award – il più prestigioso premio internazionale dedicato al giornalismo investigativo, accanto al Pulitzer – sono risultati di cui, come caporedattore, sono molto fiero perché so quanto duramente abbiamo lavorato come squadra per arrivare non tanto ai premi quanto alle storie che sono state premiate. Si tratta di ore e ore, giorni e notti di lavoro, di migliaia di pagine di documenti letti e analizzati, decine di interviste. Tenendo conto di tutte le difficoltà con cui ci confrontiamo, vincere questi premi è stata una bella soddisfazione e un riconoscimento del duro lavoro svolto.

Non vorrei sembrare ingrato (e secchione), ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: l’anno scorso abbiamo speso molto tempo in viaggi, cerimonie, discorsi, ringraziamenti, e non siamo riusciti a pubblicare tutto quello che abbiamo scoperto. Quindi, in questo momento la nostra priorità è di, per così dire, rimettersi in pari e pubblicare tutte le storie che erano rimaste incompiute. Mi sembra che stiamo andando bene perché dall’inizio dell’anno, oltre ad aver lanciato il gioco online, abbiamo pubblicato una serie di testi sugli appalti pubblici; un’inchiesta che rivela come lo stato, ovvero il comune di Belgrado privilegi l’agenzia di stampa Tanjug [formalmente chiusa, ndt] e la tv Pink; poi una storia su come l’Azienda elettrica della Serbia (EPS) e il padrino del presidente Aleksandar Vučić e i suoi partner d’affari, in quanto produttori di energia privilegiati, traggano maggior profitto dalla costruzione di piccole idrocentrali; diverse inchieste che parlano di magistratura, media, elezioni. A tal proposito, posso annunciare che nel prossimo periodo pubblicheremo altre storie interessanti, quindi seguite CINS.

Quanto si fida l’opinione pubblica serba dei giornalisti investigativi? Come conquistare la fiducia del pubblico in un contesto caratterizzato da crescente tabloidizzazione e sensazionalismo dei media, nonché da censura e autocensura?

Il pubblico per il giornalismo investigativo esiste e mi sembra che stia crescendo, anche se molto lentamente. Tuttavia, il problema è che il più delle volte ci rivolgiamo a persone che la pensano come noi. Non mi riferisco alle preferenze politiche, o di qualsiasi altro tipo, bensì al fatto che ci sono delle persone che non si occupano di giornalismo ma che comunque vogliono sapere come vengono spesi i soldi dei contribuenti, cosa fanno le istituzioni statali e i politici, perché non vengono risolti i casi di criminalità organizzata, perché si continua a inquinare l’ambiente, ecc. È come ritrovarsi in una specie di bolla, ad esempio sui social network, dove a volte ci sembra di aver fatto qualcosa di grande e importante, poi incontriamo persone che non usano molto i social e sono completamente all’oscuro delle vicende portate a galla dai giornalisti investigativi.

Vista la riluttanza dei media mainstream a dare spazio ai risultati delle nostre inchieste, dobbiamo lottare per raggiungere un pubblico più ampio, senza comprometterci moralmente e professionalmente. Per fare un esempio, ogni volta che abbiamo ricevuto un premio, ne hanno parlato i media più seguiti in Serbia, tutte le emittenti televisive… Ma quegli stessi media non hanno riportato nessuna delle inchieste per le quali siamo stati premiati. Anche il gioco online è un passo verso l’ampliamento del nostro pubblico, perché con esso abbiamo raggiunto persone che probabilmente non hanno mai sentito parlare di CINS prima.

Recentemente è stata avviata la nuova edizione della “Scuola di giornalismo investigativo di CINS”. Cosa vi proponete di insegnare ai partecipanti, e cosa potete imparare da loro? Pensate che tra i partecipanti possa esserci qualche futuro giornalista investigativo?

Cerchiamo di trasmettere ai partecipanti, quanto più possibile, le competenze di cui disponiamo nel relativamente breve lasso di tempo che abbiamo a disposizione. Bisogna tuttavia tener conto che il giornalismo investigativo non è una scienza, ciò che conta di più sono la prassi e la dedizione alla professione. È impossibile imparare tutto in pochi giorni, lavorando su una storia con un tutor. È solo un inizio. Non si può sopravvivere in questa professione senza perfezionarsi continuamente. Credo che non sia passato un giorno in cui io non abbia imparato qualcosa dalle persone con cui lavoro. Questo è sicuramente uno dei vantaggi dell’essere giornalista investigativo, e di far parte della squadra di CINS.

Per quanto riguarda la Scuola, cerchiamo di dimostrare ai partecipanti come funzionano le cose nella pratica e di offrire loro le conoscenze di cui disponiamo. Sta ad ogni partecipante decidere come userà le conoscenze acquisite. Capita che, una volta finita la Scuola, i partecipanti capiscano che il giornalismo investigativo non è la strada giusta per loro, perché ne avevano un’idea diversa, o per qualche altra ragione, e non vi è nulla di male.

Dall’altro lato, la maggior parte dei membri della nostra redazione ha finito questa stessa scuola qualche anno fa, e molti altri ex partecipanti alla scuola collaborano regolarmente con noi o lavorano per altri centri di giornalismo investigativo. Quindi, la nostra scuola, se non altro, è un’opportunità per i giovani di sviluppare un atteggiamento nei confronti del giornalismo investigativo.

Se oggi fosse studente dell’ultimo anno delle superiori, quale professione sceglierebbe?

Se fossi all’ultimo anno delle superiori sceglierei una professione che mi permetterebbe di accumulare un notevole patrimonio senza un solo giorno di lavoro; di governare senza dover assumere alcuna responsabilità; di essere prepotente e spudorato senza pagarne alcuna conseguenza; di promettere cose irreali e fare sempre la vittima; di aiutare i miei padrini, fratelli, zie, mia moglie e, quando serve, essere aiutato da loro; di urlare contro i giornalisti e chiamare i caporedattori quando non mi piace quello che hanno scritto su di me; di fare scandalo e ricorrere alla retorica nazionalista ogni volta che qualcosa va male. Quindi, sarei un politico balcanico medio. Sto scherzando, naturalmente. Non volevo dire subito qualcosa del tipo “non cambierei nulla”… Ma è davvero così. Se oggi potessi scegliere, probabilmente farei la stessa scelta, con l’unica differenza che avrei dedicato più tempo alla formazione nell’ambito delle nuove tecnologie, perché si tratta di competenze di cui oggi i giornalisti praticamente non possono fare a meno.